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Ecuador: Un genocidio con responsabilità italiane
- Subject: Ecuador: Un genocidio con responsabilità italiane
- From: indios at coinarir.org (by way of Enrico Marcandalli <ramalkandy at iol.it>)
- Date: Tue, 28 Aug 2001 11:50:15 +0200
Ecuador: Il genocidio del
petrolio ha impronte italiane, ma non solo
L'Ecuador è il quarto esportatore di petrolio di tutta l'America Latina
ed il sesto al mondo. Eppure la sua situazione non è delle migliori: la
sottoccupazione raggiunge 61 ecuatoriani su 100. 6 ecuatoriani su 10,
poi, guadagnano meno di due dollari al giorno (fonte: quotidiano El
Universo, Ecuador, 8 ottobre 2000). Qualcosa sembra non funzionare.
L'Amazzonia Ecuatoriana è lo scenario di maggior biodiversità e sociodiversità di tutto l'Ecuador, con una superficie di 130.832 km quadrati che corrispondono al 45% del territorio nazionale ed al 1.6% di tutta la conca amazzonica.
Questa zona è per altro considerata come una delle più importanti perché ospita circa 25.000 specie di piante conosciute che si mantengono attraverso una conservazione millenaria. L'attività che maggiormente è stata causa di distruzione di questa terra è stata l'attività legata all'estrazione del petrolio, come dimostrato dall'esperienza vissuta per trent'anni dagli abitanti delle provincie di Napo, Sucumbíos e Francisco de Orellana.
Da qui deriva forse il fatto che il paradigma del progresso e sviluppo portato dal petrolio, per l'Amazzonia Ecuatoriana non sia altro che un miraggio ed una forma di complicità verso il debito estero, oltre che l'ennesima forma di aggressione della civilizzazione occidentale, dello "svilluppo" della globalizzazione, a cambio di un genocidio umano e della distruzione della fauna e della flora della regione.
E' dal lontano 1941, quando arrivò la Shell a Pastaza, che le popolazioni indigene della zona si trovano aggredite in nome dagli interessi finanziari delle imprese di turno: Shell, ARCO, Tri-Petrol, CGC, AGIP, ENI ecc..
Lo stato ecuatoriano, da parte sua, poco ha fatto per difendere gli interessi dei Popoli Indigeni.
Se da un lato, mediante decreti esecutivi (n°551 e 552), il Presidente dell'Ecuador ha dichiarato intangibili, protette da ogni tipo di attività estrattive in modo perpetuo, le zone Cuyabeno-Imuya e le terre abitate dagli Huaorani, dai Tagaeri e dai Taromename (Parco Nazionale Yasuni), ben poca cosa è stata fatta per le popolazioni indigene di Pastaza.
Qui sono stati conferiti titoli di proprietà a 10 comunità: Pandanuque, Paparagua, Santa Cecilia, Kurintza, Elena, Bellavista, Chuyayacu, San Virgilio, Pitacocha e Liquino. Va per altro sottolineato che le leggi sulla proprietà comunale valgono unicamente per la superficie della terra. E, malgrado la Legge Forestale preveda la proibizione di attività estrattive del sottosuolo nei territori indigeni, lo stato si è avvalso della Legge sugli Idrocarburi per favorire gli interessi delle multinazionali.
E' così che nel 1992, la Arco Oriente Inc. (una controllata della nordamericana Atlantic Richfield Co.) iniziò l'esplorazione della zona, scoprendo un giacimento nella zona tra i fiumi Villano e Liquino (poi nominata Campo Villano). L'ENI entrò subito in partecipazione con una quota al 40% (attraverso la AGIP OIL Ecuador).
L'arrivo della multinazionale italiana era per altro datato 1987, quando AGIP Petroli acquistava una società per la commercializzazione del GPL, la ESAFI S.A. e, successivamente, istituendo l'AGIP ECUADOR S.A., per operare nel settore estrattivo (fonte:sito internet dell'ENI, http://www.eni.it ).
Negli anni successivi, le proteste delle comunità indigene portarono alla firma di alcuni accordi. Agli stessi (1998-1999) parteciparono per lo stato e la parte impresariale: alcuni rappresentanti del consorzio ARCO/AGIP, Petroecuador, e Ministero per l'Energia e le Attività Minerarie; per le organizzazioni indigene: OPIP (Organizzazione dei Popoli Indigeni di Pastaza), FIPPRA (Federazione Indigena dei Popoli di Pastaza e della Regione Amazzonica) ed Asodira (Associazione per lo Sviluppo Imdigeno della Regione Amazzonica), organizzazioni che si unirono successivamente nel Fronte Indigeno di Pastaza (FIP).
Tra i punti più importanti accordati nel documento "Gli Intendimenti sull'Accordo del Piano Texas", l'ARCO/AGIP si impegnava a realizzare una valutazione dell'impatto ambientale del periodo di esplorazione ed a elaborare uno Studio di Impatto Ambientale, oltre che un Piano di Amministrazione Ambientale, per il periodo di sfruttamento.
Arco, in realtà, evase alle proprie responsabilità, realizzando degli studi unicamente nell'area dei pozzi di esplorazione e non sulle vie di comunicazione (fonte: Pablo Ortíz T "Globalización y Conflictos Socioambientales", Quito, Abya Yala, 1997).
Di fronte al mancato compimento degli accordi da parte dello Stato e dell'ENI, le comunità di Amazanga e San Virgilio hanno presentato un ricorso di Protezione Costituzionale. Il 7 Aprile 2000, la Corte di Pastaza ha risposto negativamente al ricorso, affermando, tra le altre cose, che il pagamento per opere e servizi deve essere considerato una adeguata indennizzazione.
Nel frattempo, nel 1999, l'ENI ha esercitato il diritto di prelazione per l'acquisto del rimanente 60% del Campo Villano, divenendone unica proprietaria.
Le organizzazioni indigene continuano ad appellarsi al Accordo Internazionale n°169 della Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), accordo che è per altro incluso nell'attuale costituzione dell'Ecuador e che prevede l'obbligo di consultare i popoli indigeni, di rispettare i loro interessi, le loro istanze organizzative, di assicurare loro benefici per le attività che si sviluppano nel loro territorio e l'indennizzazione per gli impatti ambientali.
Di fronte all'indifferenza dello Stato ecuatoriano e dell'ENI, la comunità di Amazanga si è rivolta all'attenzione del Comitato Internazionalista Arco Iris. Ecco quindi che come richiesto da Bolívar Santi, diffondiamo la sua lettera, con la speranza che questa generi la solidarietà dovuta.
Commissione Popoli Indigeni e Direttivo Nazionale
del Comitato Internazionalista Arco Iris
Lettera di un lider indigeno
contro l'aggressione dell'ENI
Qui stò
Questa è la mia Terra
e questa la mia Cultura
Sono difensore della Terra
Sono difensore del Futuro
E Voi state uccidendo la Natura
state uccidendo le Culture native della Terra
Voi state uccidendo il Futuro
Allarme: Stato d'Emergenza nei territori ancestrali di San Virgilio
Bio-Riserva Indigena di PashPanShu - sorgente del fiume Curaray
Amazzonia Ecuatoriana (America del Sud)
Noi che viviamo nella comunità di San Virgilio, vogliamo far conoscere al mondo intero che attualmente stiamo subendo le invasioni delle imprese petrolifere, dell'estrazione e di quelle minerarie, in diversi territori ancestrali. Qui stò
Questa è la mia Terra
e questa la mia Cultura
Sono difensore della Terra
Sono difensore del Futuro
E Voi state uccidendo la Natura
state uccidendo le Culture native della Terra
Voi state uccidendo il Futuro
Allarme: Stato d'Emergenza nei territori ancestrali di San Virgilio
Bio-Riserva Indigena di PashPanShu - sorgente del fiume Curaray
Amazzonia Ecuatoriana (America del Sud)
La situazione del benessere culturale delle nostre etnie si trova in una situazione critica, in cui l'ENI/AGIP sottostima i problemi che ci troviamo a vivere nella comunità di San Virgilio, sovrapponendosi nei nostri diritti ecologici e culturali nelle nostre terre, di cui siamo legittimi proprietari dall'antichità.
Lo Stato ecuatoriano e le imprese del petrolio hanno imposto la loro volontà ai popoli indigeni, in flagrante violazione dell'Accordo Internazionale N°169 della Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), precedentemente accordo internazionale N°107, accordi che sono per altro inclusi nella attuale costituzione politica vigente, i cui strumenti prevedono l'obbligo di consultare i popoli indigeni, di rispettare i loro interessi, le loro istanze organizzative, di assicurare loro benefici dalle attività che si sviluppano sui loro territori ed indennizzazioni per gli impatti ambientali, il diritto dei popoli indigeni di usufruttare, usare, amministrare ed assumere la gestione delle risorse naturali che si trovino nei loro territori, conservando la propria cultura, la propria integrità, il proprio mondo spirituale, riti, luoghi sacri, la ricchezza della biodiversità, proteggendo il proprio patrimonio genetico, cosa che esclude l'op! era di manipolazione, corruzione delle coscienze, inganno e divisione che sono prassi delle imprese petrolifere e dello Stato, con la loro politica utilitaristica, economicistica, a danno dei popoli indigeni, dalle cui terre fluisce abbondante petrolio e, ciò nonostante, senza beneficio alcuno e meno senza indennizzazione per i danni ambientali, sociali, culturali, economici, ecc. che in modo grave ed irreparabile causa lo sfruttamento petrolifero.
I rappresentanti della comunità di San Virgilio esigono il ritiro immediato delle tubazioni dell'oleodotto istallato nei propri territori dalla compagnia ENI/AGIP e la riparazione immediata di tutti i danni causati dalla sua invasione illegale della bioriserva indigena 'PashPanShu'.
La comunità di San Virgilio venne creata 85 anni fa. Dalla sua fondazione questo luogo venne chiamato "Cupal Yacu Pungo Yana Rumi", appartenendo al curaka Virgilio Santi Yuu, e poi venne conosciuto come 'PashPanShu', bioriserva naturale indigena, data e sottoscritta dalla parola dei propri avi. Attualmente questa è sotto la responsabilità degli eredi delle famiglie Santi, come sono Bolívar Santi e Rafael Santi e dai loro rispettivi figli. Questo territorio ancestrale comprende: Witahuai Urco, Gastañas, Taruga Urrco, il fiume Añango fino al confine con il territorio Chapana, Villano, la comunità di Chuyayacu e la Colonia Bolivar.
A causa della costante degradazione provocata dall'impresa ENI/AGIP nei nostri territori, informiamo dei danni causati da questa.
Secondo l'articolo 86 della costituzione ecuatoriana: lo stato proteggerà il diritto della popolazione a vivere in un ambiente sano ed ecologicamente equilibrato che garantisca uno sviluppo sostenibile. Lo stato vigilierà perché questo diritto non sia negato e garantirà la preservazione della natura. Si dichiarano d'interesse pubblico e si regoleranno conformemente alla legge:
1. La preservazione della natura, la conservazione degli ecosistemi, la biodiversità e l'integrità del patrimonio genetico del paese.
2. La prevenzione della contaminazione ambientale, il recupero degli spazi naturali degradati, la gestione sostenibile delle risorse naturali ed i requisiti che per questi fini dovranno compiere le attività pubbliche e private.
3. La creazione di un sistema nazionale di aree naturali protette che garantiscano la conservazione della biodiversità ed il mantenimento dei servizi ecologici, in conformità con gli accordi ed i trattati internazionali.
All'articolo 87 si afferma una volta di più, che la legge tipificherà le infrazioni e determinerà i procedimenti per stabilire responsabilità amministrative civili e penali che corrispondano alle persone naturali o giuridiche nazionali o straniere per le azioni e le ommissioni contro le norme di protezione dell'ambiente.
All'articolo 88 si dice poi: Ogni decisione statale che possa danneggiare l'ambiente, dovrà previamente godere del parere favorevole della comunità, ragione per cui questa sarà dovutamente informata, garantendo la legge la sua partecipazione.
All'articolo 90 si proibiscono la fabbricazione, l'importazione, il possesso e l'uso di armi chimiche, biologiche, nucleari, così come l'introduzione di residui nucleari e rifiuti tossici.
Per tanto, noi, come comunità di base, esigiamo che nelle aree colpite si contempli l'accordo per la conservazione delle specie e della natura, dal momento che attualmente non si rispetta quanto stabilito dalla legge e, molto meno, si applica tecnologia di punta.
A seguire dettagliamo i danni occasionati dalla compagnia ENI/AGIP nella attualità
1. Fuoriuscite di petrolio causato dall'oleodotto Triunfo-Villano. I nostri sentieri si trovano attualmente bloccati dalle tubature dell'oleodotto, ciò costituisce un problema serio per gli abitanti che circolano giornalmente.
2. I fiumi Curaray, Ceslao Marin, Liquino, Chambira, Cupal sono sempre stati vitali per le nostre comunità, ma oggi sono contaminati dalle fuoriuscite di petrolio del loro oleodotto, da frane provocate dalla presenza dell'oleodotto, da spargimenti di olii di motore, ossidazione di tubi e scoli, che hanno provocato malattie, infezioni della pelle, diarree, mal di testa .. agli abitanti, come anche la morte della fauna acquatica e di animali domestici.
3. La presenza dell'ENI/AGIP ha provocato l'allontanamento di tutti gli animali selvatici esistenti come: tapiri, ungulati, cervi, scimmie, tucani, pappagalli ed altre varietà di animali selvatici che sono propri di questo habitat.
4. Gli accampamenti petroliferi istallati nei nostri territori di San Virgilio hanno provocato la contaminazione dei ruscelli vicini alle abitazioni per l'istallazione di sistemi fognari che sboccano nei fiumi senza nessuna prevenzione della possibile contaminazione. Inoltre si sono istallati siti per l'accumulazione di rifiuti plastici, materiali ferrosi, grassi e metalli.
5. La compagnia ENI/AGIP nelle comunità ha causato divisioni e conflitti tra i vicini, tra persone e famiglie, con l'inganno e comprando le coscienze.
6. Questa impresa petrolifera ci proibisce il passaggio ai nostri territori, militarizzandoli con guardie di sicurezza come anche con l'istallazione di fili elettrici, attentando alle nostre vite.
7. I tubi degli oleodotti istallati nei nostri territori sacri non compiono con lo spessore richiesto, dal momento che sono meno spessi di quanto stabiliscono le regole. A breve si romperanno per la forte pressione del liquido e, rompendosi, contamineranno irrimediabilmente la flora e la fauna esistenti.
8. L'articolo 84 C.P.E al comma 1 afferma che bisogna mantenere, sviluppare e rafforzare l'identità e le tradizioni tanto nello spirituale come a livello culturale. L'ingresso della compagnia ENI/AGIP nei territori indigeni, come quello di San Virgilio, viola il nostro diritto a mantenere la nostra identità come popoli tanto a livello culturale come spirituale. Questi territori sono considerati come luoghi sacri, che sono parte delle nostre tradizioni, della nostra cosmovisione e costituisce l'essenza stessa della nostra identità come popolo.
La militarizzazione è stata una minaccia intollerabile a San Virgilio. Ci hanno proibito l'accesso ai nostri sentieri ancestrali ed anche abbiamo dovuto sostenere scontri violenti non voluti da noi, ma imposti dalle minacce dei confinanti ancestrali della associazione dei Canelos, dall'invasione della federazione FENAQUIPA, a causa del fatto che l'impresa compra le coscienze con la logica degli alimenti, per gestire i conflitti territoriali, o ancora, con veicoli per gli spostamenti del personale che defende gli interessi del petrolio.
Coloro che difendono gli interessi petroliferi sono le persone responsabili degli atti intimidatori, nonché gli incaricati delle relazioni comunitarie della compagnia ENI/AGIP que opera a Pastaza. E cos', comprando le coscienze di molte comunità, i conflitti tra indigeni aumentano, mentre noi continuiamo a difendere il territorio ancestrale.
Abbiamo già avuto scontri a fuoco nel territorio di San Virgilio, queste armi e queste persone sono venute a spararci nel nostro territorio e queste persone sono state inviate dall'impresa ENI/AGIP.
Io, Bolívar Santi, che ho 63 anni, la mia sposa, che ne ha 59, i nostri figli, nipoti e pronipoti, fratelli e compagni, siamo oggi perseguitati dai guardiani della compagnia ENI/AGIP. Continuiamo a difendere i l territorio, a resistere nella lotta, anche se da questa siamo rimasti aggrediti e feriti: io e mia moglie, così anche una madre con il suo bimbo di 4 mesi ed altri compagni. Per questo chiediamo la vostra solidarietà.
Aiutateci a proteggere i nostri territori per assicurare la vita della nostra foresta, oggi che ci sentiamo così insicuri, vivendo con le nostre famiglie nella foresta.
Vi chiedo anche una solidarietà eocnomica per poter procedere alla segnalazione dei confini del nostro territorio e ottenere così il titolo della sua legalizzazione, perchè non possa più disturbarci l'impresa petroliera ENI/AGIP.
Voi state rubando più di 38.000 barili di petrolio al giorno (più di 3 miliardi di lire al giorno) e questo succederà per 20 anni nel campo di Villano e per noi popoli indigeni: fame, malattie, distruzzione culturale ed ambientale, senza nessuna indennizzazione per i danni ambientali.
No grazie, signori. Non vi permetteremo di distruggere il nostro paese,
continueremo a protestare, trincea dopo trincea.
Bolívar Santi continueremo a protestare, trincea dopo trincea.
( bolivarsanti at latinmail.com )
Altro allarme: non solo AGIP, ma anche
Resol-YPF, Kerr Mc Gee, Alberta Energy, OXY e Perez Compac
Un altro allarme lanciato da molte organizzazioni dell'Ecuador riguarda poi l'OCP (Oleoducto de Crudos Pesados), ovvero, l'Oleodotto di Irdocarburi Pesanti. Resol-YPF, Kerr Mc Gee, Alberta Energy, OXY e Perez Compac
In Ecuador si è formato un consorzio: la OCP Ecuador S.A.
Questa è formata dalle nordamericane Occidental Exploration and Production Company (Oxy) e Kerr McGee, dall'italiana AGIP, dalla canadese Alberta Energy , dalla spagnola REPSOL-YPF e dall'argentina Perez Companc (fonte: quotidiano La Hora, Ecuador).
L'impresa costruttrice è invece l'argentina TECHINT, mentre quella che si è incaricata dello studio dell'impatto ambientale è la ENTRIX.
Le proteste delle organizzazioni popolari si basano, tra gli altri, sui seguenti argomenti:
- Lo studio dell'impatto ambientale è stato realizzato su di una cartografia del 1986 che non rispecchia la situazione attuale dal punto di vista urbano (il progetto prevede il passaggio dell'oleodotto dalla capitale, Quito).
- La scala dello Studio d'Impatto Ambientale ha una scala di 1:50, cioè non sufficiente a determinare né l'impatto ambientale né i rischi.
- Non esiste un piano di contingenza in caso di flagelli e disastri naturali.
- Ai decantati 50.000 nuovi posti di lavoro (tra fissi e temporanei) sbandierati dal governo, si oppone l'analisi di Alberto Acosto, consigliere della fondazione tedesca Friederich Ebert, che sottolinea come i posti di lavoro duraturi non saranno più di 300 quelli diretti, mentre 6.000 quelli indiretti.
- Come rimarcato da Azione Ecologica, i rischi sismici e vulcanici sono altissimi, dal momento che l'OCP attraverserà 67 falle geologiche e 6 vulcani nel suo lungo percorso.
- Le tubazioni attraverseranno molte comunità indigene, tra le quali la zápara, la cui cultura e lingua sono recentemente state dichiarate Patrimonio dell'Umanità, dalla Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura.
- Esistono già 50 morti a dimostrare che lo studio del suolo effettuato dalla ENTRIX ha poco valore. Lo studio definiva la rotta dell'oleodotto attraverso la Quebrada Negra. Qui da quando opera l'oleodotto SOTE (Sistema de Oleducto TransEcuatoriano) le rotture dell'oleodotto sono già state 23. L'ultima, l'11 giugno scorso, a causa delle forti piogge che hanno causato smottamenti e la perdita di 50 vite umane.
- Il disegno del OCP è un attentato contro decine di migliaia di abitanti del distretto metropolitano di Quito. Non può essere qualificato in altro modo il fatto che si pretenda attraversare zone abitate con queste tubazioni potenzialmente esplosive di 82 cm di diametro e di 80km di longitudine nel distretto metropolitano, che trasportano petrolio a quasi 80 gradi, ad una pressione interna enorme, equivalente a 20 volte quella di un cilindro di gas domestico. Le eventuali perdite raggiungerebbero gli 890.000 galloni di greggio, dal momento che le valvole di emergenza si trovano ogni 20 chilometri (En Marcha, n° 1109; 24 - 31 agosto 2001).
- Per risparmiare nemmeno si è prevista una stazione per abbassare la pressione nel percorso in cui le tubazioni passano dai 4064 metri di altitudine della Cordigliera Orientale fino al fiume Guayllabamba , a 1950 metri. Ciò significa che le tubazioni saranno pressurizzate al massimo nel momento in cui attraverseranno il distretto metropolitano (En Marcha, n°1109; 24-31 agosto 2001).
- Nel portare avanti il progetto OCP si è violato l'articolo 88 della Costituzione ecuatoriana che richiede la consultazione della comunità. Le comunità coinvolte mai sono state informate di quanto progettato.
- Questo oleodotto attraverserà 11 zone ecologiche protette: la foresta protetta di Lumbaquí, la foresta Cumandá, la riserva ecologica del Antisana, la foresta protetta di San Francisco, la riserva ecologica Cayambé-Coca, la foresta della Conca Alta del fiume Guyllabamba, la foresta protetta Mindo Nambillo.
Contro il possibile genocidio dei Popoli dell'Ecuador, della biodiversità della amazzonia ecuatoriana, chiediamo alle imprese coinvolte di ritirare la propria partecipazione ed al governo dell'Ecuador di sospendere la costruzione dell'Oleodotto.
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PER PROTESTARE E FERMARE IL GENOCIDIO
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Tel: 00593 - 2 - 210-300
Fax: 00593 - 2 - 580-735
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ENI
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Fax 001 - 918-610-1678
admin_oxy at oxy.com
Il Comitato Internazionalista Arco Iris ha deciso di organizzare per Ottobre/Novembre una Commissione di Verifica e Solidarietà, una commissione ad hoc, che verifichi il degrado ambientale provocato dalle attività di estrazione e trasporto del petrolio, possibilmente composta anche da biologi, giornalisti, parlamentari, autorità locali, ecc.. Quanti volessero partecipare sono pregati di contattare l'associazione.Successivamente al primo viaggio di una commissione di verifica cercheremo di portare in Italia i rappresentanti della comunità di Amazanga e della OPIP. Le associazioni ed organizzazioni interessate, sono pregate di prendere contatto fin da ora.
Progetto di Difesa Integrale per i Diritti Umani
COmitato INternazionalista ARco IRis (COINARIR) Via Antonio Gramsci 3 - 25082 Botticino (Bs)
C/C Postale N° 24059263
Tel: 030 2190006
Fax: 06 - 233242298 Fax: 178 - 2276575
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