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articolo per ADISTA dall-Ecuador, da parte di Cristiano Morsolin
- Subject: articolo per ADISTA dall-Ecuador, da parte di Cristiano Morsolin
- From: Cristiano Morsolin <utopiamo at yahoo.it>
- Date: Tue, 17 Jul 2001 18:59:32 +0200
ARTICOLO ADISTA SULL-ECUADOR Hola Peacelink, Un salutone dal vostro corrispondente in Ecuador. Invio l-articolo di Claudia Fanti, che ringrazio affettuosamente, che esce questa settimana sull-agenzia di stampa cattolica ADISTA, proponendo la traduzione di alcun materiale che ho inviato anche alla rete Peacelink. A presto cristiano Morsolin ---------- Morsolin Cristiano, e-mail: utopiamo at yahoo.it Fundacion “CRISTO DE LA CALLE”, Calle Maldonado 14-119 y Guillermina Garcia Ibarra - Ecuador Telefono (00593) 6.641056 ( 7 ore di differenza dall'Italia) Directora Claudia Ibadango, e-mail: cristodelacalle at yahoo.com Telefono : (00593) 6.953955 ++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ QUITO-ADISTA. Sembra impossibile ottenere qualcosa di importante, in Ecuador, per la via del dialogo: questo pare indicare il fallimento dei negoziati tra il governo e la Conaie, la Confederazione delle nazionalità indigene dell'Ecuador, dovuto alla manifesta mancanza di volontà del governo di andare incontro alle richieste degli indigeni. Così, se alcuni dei punti sollevati dalla Conaie non sono neppure stati affrontati (come quello del decentramento dello Stato), sugli altri non è stato raggiunto alcun accordo: né sul prezzo dei trasporti, né sulla quota di indennizzo per le vittime dell'insurrezione, né sulla distribuzione del gas di uso domestico, sull'aumento dell'Iva (in vigore dallo scorso primo giugno), sul Plan Colombia. «Con ciò - ha dichiarato la Conaie - risulta chiaro che l'attuale governo non è interessato a politiche statali in grado di affrontare i grandi problemi nazionali e, soprattutto, quelli dei popoli e delle nazionalità indigeni e contadini». Cosicché non rimarrà altra strada, se l'Esecutivo non darà risposte concrete nell'arco di una settimana, di dare nuovamente avvio alle proteste. Grande è inoltre la preoccupazione della Conaie per la regionalizzazione del conflitto colombiano conseguente all'applicazione del Plan Colombia, il programma contro il narcotraffico varato dal presidente Pastrana con il sostegno militare degli Stati Uniti. Di fronte alla crescita della violenza nella zona di frontiera, dove sono segnalate frequenti incursioni di paramilitari e guerriglieri colombiani, gli indigeni chiedono al presidente Noboa di dichiarare il Paese “zona neutrale”, ritirando l'autorizzazione concessa agli Usa per l'utilizzazione della base aerea di Manta e creando una zona di distensione alla frontiera con la Colombia. Sull'escalation di violenza nelle province di confine si è soffermata anche la Commissione di solidarietà e di diritti umani di Imbabura (provincia settentrionale dell'Ecuador): «il governo - afferma in un comunicato - deve andare oltre una strategia di contenimento della violenza alla frontiera», contribuendo al processo di pace nella regione attraverso la «concertazione tra distinti attori sociali» e misure di sostegno sociale ed economico alla popolazione. Una politica antitetica, dunque, a quella promossa dagli Stati Uniti, orientata a garantire, come dichiarato dal capo del Comando sud Peter Pace, «addestramento militare all'Ecuador per rafforzare la capacità di controllo della frontiera nord». Alle stesse conclusioni della Conaie e della Commissione di solidarietà e di diritti umani di Imbabura è giunto anche il rapporto che la Commissione specializzata su Amazzonia e Frontiera ha reso noto sull'impatto del Plan Colombia nelle province di confine di Orellana, Sucumbíos, Carchi ed Esmeraldas. Secondo il rapporto, se per più di 40 anni il conflitto colombiano non ha avuto ripercussioni in Ecuador, dall'avvio del Plan Colombia e dell'accordo sulla base di Manta, il Paese ha invece cominciato a soffrire pesanti danni (dall'aumento dei casi di violenza all'impiego massiccio di prodotti chimici, fino alla crescita del flusso migratorio e alla comparsa di rifugiati interni). Il rapporto raccomanda allora la revisione dell'accordo firmato con gli Usa per l'utilizzo della base di Manta e la creazione di una zona di pace nella fascia di frontiera tra i due Paesi, con la conseguente presenza di forze di pace internazionali. A lanciare l'allarme sulla situazione alla frontiera nord dell'Ecuador è stata anche la Chiesa cattolica: di fronte alle voci sulla formazione di gruppi di autodifesa di stampo paramilitare nella zona di confine, mons. Antonio Arregui, vicepresidente della Conferenza episcopale ecuadoriana, ha invitato il governo ad adottare misure urgenti di sicurezza in difesa della cittadinanza, prima che questa possa adottare strategie repressive che potrebbero condurre il Paese, come ha denunciato il segretario della Conferenza episcopale mons. José Eguiguren, ad un «abisso pericoloso».
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