Kissinger



Ciao.

Con ritardo (ho avuto troppi impegni in questo periodo....) invio in lista
un articolo comparso sul manifesto del 1° MAggio. Riguarda il nostro
amicone Kissinger....

Bisogna ripensare un modo per far passare tutte queste notizie ed il nostro
appello sulla stampa nazionale: solo così arriveremo ad un buona numero di
persone!

Ciao a tutti
FV

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Henry Kissinger alla sbarra come Pinochet? 

Indocina, Bangladesh, Cile, Cipro, Timor est... Premio nobel per la pace, e
enfant prodige della politica Usa, il braccio destro di Nixon potrebbe
essere processato per crimini contro l'umanità. "The trial of Henry
Kissinger", il libro di Christopher Hitchens, spiega perché 

MARCO D'ERAMO 
Vedere Henry Kissinger alla sbarra, processato e incarcerato per crimini
contro l'umanità, per genocidio e tentato sequestro di persona. Ancora
pochi anni fa sarebbe sembrato un'illusione velleitaria. Ma oggi è una
possibilità sempre più realistica, dopo i precedenti stabiliti dal giudice
spagnolo Baltazar Garzón quando ha fatto arrestare a Londra l'ex dittatore
cileno Augusto Pinochet e in Messico il torturatore argentino Miguel Cavallo.
Come osservava Saskia Sassen in un'intervista al manifesto (il 22 aprile)
il tema dei diritti umani, brandito dagli Stati uniti, soprattutto dalla
presidenza Carter in poi - prima contro l'Urss e poi contro ogni nemico di
turno - si è rivelato un boomerang perché ha messo in moto una valanga che
va crescendo ogni giorno e che finirà per ritorcersi contro gli Usa.
Stiamo parlando dell'onda lunga di ritorno di una tendenza iniziata a
Norimberga dopo la seconda guerra mondiale. Il parlamento del Belgio ha di
recente dato alle corti belghe l'autorità di esercitare giurisdizione su
qualunque crimine di guerra e su qualunque infrazione alla Convenzione di
Ginevra commessi da un cittadino di ogni stato in ogni paese del mondo.
Olanda, Svizzera, Danimarca e Germania hanno usato le Convenzioni di
Ginevra per processare criminali di guerra per azioni commesse contro
stranieri da stranieri.
Rimane il problema degli Stati uniti stessi che - proprio per evitare
eventualità come questa di Kissinger - non hanno firmato il trattato di
Roma su una Corte di giustizia internazionale. Ma nella registrazione di un
colloquio riservato tenutosi al Dipartimento di stato il 18 dicembre 1975,
ora declassificata e a disposizione dei ricercatori, lo stesso Henry
Kissinger ammise di aver violato la legge Usa continuando a fornire armi
all'Indonesia dopo l'annessione di Timor Est (un'annessione formalmente
identica a quella con cui Saddam Hussein occupò il Kuwait nell'agosto
1990), consentendole di perpetrare crimini di guerra. Altri guai legali
sono giunti a Kissinger per il ruolo che ebbe nell'operazione di pulizia
etnica nell'isola di Diego Garcia (la più importante base Usa nell'Oceano
Indiano), quando gli indigeni furono deportati per far spazio alla base
americana. Gli avvocati dei Chagos hanno già ottenuto una sentenza
favorevole da una corte britannica, e ora si rivolgono a una corte Usa per
"deportazione forzata, tortura e genocidio".

Henry Kissinger è rimasto ammantato da un'aura di moderno Bismarck, di
raffinato interprete della Realpolitik, godendo di buona stampa a sinistra
e dando credito alla falsa ma tenace idea che la politica estera dei
repubblicani sia più "pacifista" di quella democratica. Ma se qualcuno
nutrisse ancora dubbi su quanto è fallace quest'opinione, certo se li
toglierebbe dopo aver letto il libro di Christopher Hitchens, The Trial of
Henry Kissinger, appena pubblicato dalla casa editrice Verso.
Hitchens si è avvalso di tutti i documenti declassificati e resi
disponibili fino al settembre 2000 e che dunque arrivano a 25 anni prima
(1975), ben dopo la caduta di Saigon. Lo scopo dichiarato del libro è di
fornire materiale documentario a chiunque voglia portare Kissinger in
tribunale e perciò sorvola sui crimini di natura politica, come la
copertura del regime apartheid sudafricano nel destabilizzare l'Angola, o
l'aiuto fornito a Saddam Hussein nel massacrare i kurdi, o il sostegno alla
polizia segreta dello scià Reza Palhavi in Iran. Tutte posizioni
raccapriccianti ma che difficilmente troverebbero udienza in un tribunale.
Invece Hitchens si concentra su sei crimini che potrebbero portare
Kissinger dietro le sbarre di un penitenziario, secondo le leggi di alcuni
stati, o addirittura alla pena capitale secondo le leggi di altri (se
valessero gli stessi criteri usati dopo il 1945 contro i crimini di guerra).
Non a caso il volume si apre a New York, nell'ufficio di Michael Korda,
manager della casa editrice Simon & Schuster, il 2 dicembre 1998. Korda
riceve una telefonata; lo chiama affannatissimo Henry Kissinger a proposito
di un suo volume di memorie. Hitchens registra la conversazione con una
mini-cinepresa. Dalle risposte di Korda si capisce che l'ex segretario di
stato è terribilmente preoccupato: quel mattino, il titolo di prima pagina
del New York Times diceva: "Gli Usa rilasceranno i documenti sui crimini di
guerra di Pinochet". Bisogna riconoscere questo a Kissinger: che vide
subito le implicazioni a lungo termine che quel gesto poteva avere, e che
cioè, dopo essere risaliti dagli esecutori materiali all'esecutore politico
(Pinochet), i giudici risalissero poi al mandante politico (Kissinger).
Hitchens si concentra dunque sui crimini in Indocina, in Bangladesh, in
Cile, a Cipro, a Timor est, e sui tentativi di sequestro e assassinio di un
giornalista greco. Per ragioni di spazio, e perché il caso del Cile è il
più noto, mi limito a riportare i crimini in Indocina, Bangladesh e Timor.

1. Hitchens scrive nero su bianco quello che molti sapevano ma nessuno
diceva, e che cioè durante la campagna elettorale del 1968 lo staff di
Richard Nixon fece di tutto per far fallire i negoziati di Parigi che
Lyndon Johnson aveva aperto con il Vietnam del Nord e con i vietcong. I
contatti tra il candidato repubblicano e l'ambasciatore di Hanoi a Parigi
erano resi possibili dalle informazioni sui negoziati ottenute attraverso
una talpa insospettabile (che apertamente mostrava il più grande disprezzo
per Nixon) e cioè Henry Kissinger, allora protegé del repubblicano liberal
Nelson Rockfeller. Una volta fatti fallire i negoziati, con Nixon
presidente, Kissinger riprese con ancor più furore guerra e bombardamenti.
Quando Charles de Gaulle gli chiese perché, l'allora consigliere nazionale
alla difesa rispose che una pace avrebbe fatto perdere credibilità agli
Stati uniti: ovvero, in soldoni, che avrebbe rischiato di far perdere la
rielezione a Nixon, e in effetti l'arresto definitivo dei bombardamenti si
ebbe solo nel tardo 1972, quando la decisione non poteva più influire sul
voto. Nel frattempo, tra il primo arresto dei bombardamenti decretato nel
marzo 1968 e la stessa data nel 1972, erano stati uccisi 31.205 soldati
Usa, 86.101 regolari sudvietnamiti e 475.609 "nemici" (cifre del
Pentagono); in quei quattro anni più di tre milioni di civili furono
uccisi, feriti o resi senzatetto. Ma poi Hitchens passa a contestare a
Kissinger crimini di guerra più dettagliati, come l'operazione "di pulizia"
Speedy Express nella provincia Kien Hoa, nel Delta del Mekong, condotta con
3.381 incursioni aeree, 50 elicotteri, 50 pezzi di artiglieria e 8.000
fanti: rimasero uccisi 10.899 vietnamiti descritti come guerriglieri
vietcong ("nemici") ammazzati in combattimento. Ma nel corso di questi
"combattimenti" i soldati Usa recuperarono solo 748 armi, chiara
dimostrazione che la stragrande maggioranza erano civili inermi. Un intero
villaggio di 5.000 persone fu sterminato.
Un altro esempio è costituito dai bombardamenti in Cambogia e Laos,
ordinati direttamente da Kissinger scavalcando il ministro della difesa e
il segretario di stato. I bombardamenti avevano nomi gastronomici il cui
cattivo gusto era pari solo al loro potere sterminatore: "Breakfast",
"Lunch", "Snack", "Dinner" e "Dessert". Secondo fonti del Pentagono, il
bersaglio di Breakfast era abitato da 1.640 civili cambogiani; il bersaglio
di Lunch da 198 civili, quello di Snack da 383, Dinner da 770 e Dessert da
120 contadini. Uscendo da una riunione in cui si era discusso
dell'operazione Breakfast, Nixon disse con un gran sorriso al suo capo
dello staff Haldeman: "Oggi Kissinger si diverte alla grande, gioca a fare
il Bismarck". A causa dei bombardamenti Usa, persero la vita 350.000 civili
in Laos e 600.000 in Cambogia.

2. Bangladesh. Nel dicembre 1970 la giunta militare al potere in Pakistan
(che allora includeva il Bengala orientale, con il nome East Pakistan)
permise le prime elezioni da un decennio. Vinse alla grande Sheik Mujibur
Rahman, leader filoccidentale dell'Awami League (nel solo Est ottenne 167
su 169 seggi): per i militari questo voleva dire che la parte occidentale
del paese (l'attuale Pakistan) avrebbe perso il controllo su quella
orientale. Dunque prima ritardò l'insediamento della nuova Assemblea
nazionale, previsto per il 3 marzo 1971, poi il 25 marzo l'esercito
pakistano attaccò Dacca, capitale del Bengala orientale. Rahman fu
arrestato e deportato a ovest, e iniziò il massacro dei suoi sostenitori.
Nei primi tre giorni furono sterminati 10.000 civili. Furono usati stupri,
mutilazioni, smembramenti dei corpi anche sui bambini. Alla fine dei conti
il numero dei civili uccisi oscillò da un minimo di mezzo milione a un
massimo di tre milioni. Circa dieci milioni di persone fuggirono dal
Bengala orientale diventando profughi senza tetto a Calcutta (Bengala
occidentale, cioè India), contribuendo così alla sua immagine di città più
misera del mondo. Il console generale Usa a Dacca chiese al Dipartimento di
stato d'intervenire con la forza per fermare quello che nei dispacci chiamò
un "genocidio": la sua lettera fu firmata da venti diplomatici in sede a
Dacca e da nove funzionari anziani del dipartimento di stato addetti al
sudest asiatico.
L'ambasciatore Usa a Delhi, Kenneth Keating, scrisse direttamente a
Kissinger per chiedergli di "deplorare subito, pubblicamente e con forza"
questa brutalità. In effetti Kissinger si mosse come un fulmine: richiamò
il console generale da Dacca. Al culmine dei massacri, scrisse al generale
Yahya Khan della giunta pakistana ringraziandolo per "il suo tatto e la sua
delicatezza".
La ragione per cui Kissinger favorì questo genocidio è che in quel momento
il Pakistan faceva da intermediario segreto nelle ancor più segrete
trattative tra Usa e Cina (la "diplomazia del pingpong"). Anche qui le
prove del coinvolgimento di Kissinger sono schiaccianti.

3. Il 7 dicembre 1975 Henry Kissinger e il presidente Henry Ford erano a
Jakarta dove ebbero un colloquio con il presidente indonesiano Suharto.
Quello stesso giorno le truppe indonesiane invadevano Timor Est iniziando
una guerra che avrebbe provocato più di 200.000 morti in quell'isola
poverissima. Il più su citato colloquio al Dipartimento di stato, del 18
dicembre di quell'anno, mostra come Kissinger e Ford non solo sapessero
dell'invasione, ma avessero dato semaforo verde. L'esercito indonesiano era
ed è equipaggiato con armamento Usa e i suoi ufficiali erano e sono
istruiti nelle accademie militari Usa. L'aspetto meno noto è che Henry
Kissinger fondò nel 1975 una società, la Kissinger Associates, per
sfruttare il proprio capitale politico, mettendo a disposizione dei clienti
entrature e contatti nei più vari paesi del mondo. Tra i suoi clienti nel
corso degli anni ci sono o ci sono stati American Express, Shearson
Lehmann, Arco, Daewoo della Corea del Sud, H. J. Heinz, Itt, Lockheed,
Anheuser-Bush, Banca nazionale del Lavoro, Coca-Cola, Fiat, Revlon, Union
Carbide e Midland Bank. Particolarmente grata a Kissinger è stata la
compagnia mineraria Freeport McMoran, multinazionale con sede a New Orleans
che ha in concessione la più grande miniera d'oro al mondo, a Grasberg in
Irian Jaya (la parte occidentale della Nuova Guinea annessa degli
indonesiani). Ora nel 1989 la Freeport non solo pagò un anticipo di 200.000
dollari e un onorario di 600.000 alla Kissinger Associates, ma fece entrare
lo stesso Kissinger nel proprio consiglio d'amministrazione, con un
onorario annuo di almeno 30.000 dollari.

Naturalmente un articolo non può condensare tutto un libro, ma l'idea è
chiara. Usando gli stessi parametri in vigore a Norimberga o nei processi
di Tokyo contro i militaristi nipponici (che finirono impiccati), Kissinger
dovrebbe subire lo stesso destino. La forca non si augura a nessuno, ma un
processo sì. Alla fine del suo libro Hitchens scrive che molti avvocati si
sono già fatti vivi con lui per chiedergli aiuto nelle cause che vogliono
intentare contro l'ex uomo prodigio della diplomazia americana, premio
Nobel per la pace. Buon lavoro.