Elezioni : l'inizio o la fine della democrazia in Congo?



Ciao a tutti,
con grande ritardo riceviamo solo ora un messaggio di Chiara Castellani,
rilanciato a distanza di tempo e relativo alle elezioni che si sono tenute
in Congo.
Nonostante il tempo trascorso è importante sapere cosa è successo e come
ha reagito la popolazione a questo primo passo nel nuovo corso in Congo.

A. M.

---------------------------- Original Message ----------------------------
Subject: 29 Ottobre 2006 : L'inizio o la fine della democrazia in Congo?
Date:    Wed, January 17, 2007 4:41 pm
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  ----- Original Message -----
    Sent: Wednesday, December 27, 2006 10:48 PM


  29 Ottobre 2006 : L'inizio o la fine della democrazia in Congo ?
  Il 29 ottobre del 2006 tutti i cittadini congolesi maggiorenni in età
sono stati invitati a ripresentarsi alle urne per il secondo turno delle
elezioni presidenziali e per le elezioni dei deputati provinciali.
Questi ultimi dovranno poi eleggere, a loro volta, il governatore ed il
vice-governatore e designare i senatori a livello nazionale. Mentre il
nuovo Presidente della Repubblica dovrà dirigere il paese per il
prossimo quinquennio, con un regime di tipo presidenziale.
Occorrerebbero degli uomini all'altezza della loro missione dunque. E il
popolo lo sa, lo ha sempre saputo. Per questo al primo turno elettorale
anche la gente più semplice è affluita in massa alle urne, in perfetto
ordine. Qui a Kenge e in generale nel Bandundu, lo hanno fatto per
votare papà Ginzenga, l'anziano avversario politico di Mobutu che non ha
mai accettato compromessi con i dittatori di turno. Monsignor Mudiso, il
nostro Vescovo, ha redatto ben quattro lettere pastorali sul tema delle
elezioni. La penultima è dell'11 luglio ed è interamente redatta in
Kikongo "Mono ta voter nani?" = per chi devo votare? "Non per chi cerca
di comprare il tuo voto con regali come abiti, cibo, sale, zucchero"
risponde il Vescovo. E spiega in parole semplici per gente che non
conosce il francese ma vive la povertà e la fame, come la democrazia
rappresentativa su cui si basa uno Stato moderno, parte dal principio
che la sovranità risiede nel popolo che possiede integralmente tutti i
poteri. Il popolo si dà egli stesso delle leggi e sceglie le sue
autorità mediante un processo di voto e di elezioni.
  Così i detentori concreti dei diversi poteri li esercitano per una
delegazione del popolo al quale devono rendere conto, poiché il potere
sovrano non cessa di rimanere nel popolo, nella gente comune anche se
povera ed analfabeta diventata protagonista attraverso il voto. E qui
Mons. Mudiso invitava a far tesoro delle sedute di formazione civica ed
elettorale che dall'agosto del 2004 si sono regolarmente svolte in tutte
le parrocchie della Diocesi, e che sono state specificamente dirette a
far comprendere all'elettorato cosa significa concepire ed entrare a far
parte di un progetto di società. E scegliere coerentemente, fra i
differenti progetti proposti, quello che è realmente è diretto alla
pace, alla riconciliazione, alla ricostruzione e allo sviluppo del
paese. E il Vescovo raccomandava soprattutto ai credenti di vigilare
sulla pace "keba!": in una dialettica democratica il progetto di società
che verrà legittimato dalle elezioni non potrà essere di gradimento per
la totalità dell'elettorato. Ma cio non puo e non deve costituire motivo
sufficiente perchè chi è sconfitto si senta autorizzato a ricorrere alle
armi per imporre il proprio pensiero politico e il proprio progetto di
società, per quanto giusto possa apparire. Nè sono autorizzate le
ingiurie e le offese dirette contro i propri avversari politici: "in una
vera democrazia, è essenziale il dialogo, la tolleranza" dice il
Vescovo, che insiste su una parola: "luzitu" che in kikongo significa
quell'atteggiamento di rispetto profondo per la dignità e per la libertà
dell'altro che deve improntare tutti i rapporti umani di un Africano,
anche nell'ambito politico. Anche in questo senso il Vescovo invitava il
suo popolo di futuri elettori a non lasciarsi incantare da grandi
discorsi vuotamente retorici, ma a guardare ai fatti, al lavoro
("bisalu") realizzato in questi anni di transizione e anche in passato.
Non c'è spazio quindi, per chi si è fatto largo attraverso il
clientelismo, il nepotismo, la propaganda su base tribale. Occorre che
il voto esprima liberamente un'opinione individuale, e che non sia né
voto automatico, né voto etnico, né voto fanatico, né voto identitario.
  Il 28 ottobre avremmo dovuto rientrare dalla brousse con la nostra
piccola "équipe mobile" per votare regolarmente a Kimbau il giorno dopo.
Non diversamente che a fine luglio, i vaccini dovevano precedere di poco
la scadenza elettorale, ma purtroppo non è stato così. Aspettavamo, noi
e la gente, la campagna di vaccinazione anti-morbillo da anni, dal 1998
in poi era stata pianificata a ripetizione e poi è stata sempre
rimandata. La vaccinazione di massa si è finalmente svolta solo dopo le
elezioni, e questa ennesima promessa mancata, come quella della scuola
primaria gratuita e del giusto salario al personale dello stato può
anch'essa aver giocato contro il governo e contro la partecipazione al
voto. O forse hanno giocato altri fattori? La nostra equipe mobile
composta essenzialmente da infermieri era divisa sulla scelta del futuro
presidente e questo nonostante il nostro comune precedente candidato
Ginzenga avesse invitato i suoi elettori a orientarsi, per il secondo
turno, su Kabila. "Kabila in tutti questi anni non ha fatto niente per
migliorare le condizioni della gente, i salari, i servizi" reclama Papà
Mahunda,
  l'infermiere paralizzato ad entrambe le gambe e cionostante diplomatosi
nel 2004 grazie a una borsa di studio MLAL, dal 2005 membro inamovibile
dell'équipe mobile grazie alla sua sedia a rotelle ricevuta dall'Italia
con il container del progetto MLAL-regione Veneto. "Con Bemba è un salto
nel buio, si tornerà allo stato partito che ci era stato imposto sotto
Mobutu" risponde l'autista Mbelo, che al primo turno ha sostenuto e
votato l'anziano Ginzenga, ma ora sostiene quello che lui considera il
"male minore". Papà Kiela, nato e cresciuto in brousse finchè non ha
avuto una borsa di studio per l'ITM di Kenge dove si è diplomato nel
2003, invece ha votato solo per sottolineare che ha il diritto-dovere di
farlo, ma non ha espresso alcuna preferenza perchè "Per questi candidati
alla Presidenza la pace è confusa spesso con un'unanimità imposta con la
forza, assicurando il mantenimento al potere di un piccolo gruppo di
uomini a scapito dell'intera popolazione"
  Venerdì 27 ottobre siamo arrivati a Lukuni Wamba, ultima tappa del
nostro itinerario in brousse. Nonostante il grande movimento
organizzativo delle autorità e degli insegnanti per allestire il seggio,
la gente di Lukuni sembrava totalmente disinteressata all'evento: i
bambini di Lukuni stavano  morendo come mosche a causa di una epidemia
di morbillo, tutte morti inutili e che la campagna di vaccinazione
antimorbillo se fosse stata organizzata a tempo avrebbe potuto evitare.
In tali situazioni di emergenza sanitaria è ipocrita chiedere a una
madre di famiglia di dare priorità a un voto che fralatro lei percepisce
come inutile dopo che al primo turno benché sia analfabeta ha votato
Ginzenga. La gente di Lukuni falcidiata dalle epidemie sembra
considerare il voto come un assurdo spareggio fra due banditi che da
anni non fanno che combattersi a suon di stragi. "Quando due elefanti si
battono, sono i fili d'erba che soffrono" dice un proverbio africano, e
in realtà sono i bambini mai vaccinati di Lukuni che pagano le
conseguenze di inutili e assurde battaglie. Non quel numero comunque non
esiguo di morti fra i partigiani dei due contendenti di cui parla la
grande stampa.
  Per questo la gente semplice, a Lukuni e altrove, delusa dai risultati
del primo turno elettorale a cui aveva partecipato in massa, vistasi
incapace di rendere operante la forza della propria opinione collettiva
contro i potenti, ha manifestato la tendenza dei più poveri che si sono
visti traditi dal verdetto del primo turno a disimpegnarsi e a
disinteressarsi delle elezioni. Certo in quel momento i bambini che
morivano di morbillo erano più importanti di Kabila, di Bemba e dei loro
scontri di potere. Comunque sia il 29 al seggio di Lukuni Wamba, su
oltre 650 elettori previsti, non se ne sono presentati che 300. La
nostra piccola équipe inclusa: il preside Nzala, responsabile della CEI
locale, ci ha chiesto di restare a Lukuni e di votare lì: pare che la
legge elettorale rende questa opzione possibile per chi è assente dal
suo seggio per ragioni di servizio, visto che quel dito mignolo imbevuto
nell'inchiostro impedisce comunque di votare due volte. A Lukuni,
microcosmo emblematico della miseria e dell'abbandono, Bemba ha prevalso
su Kabila. L'astensionismo ha prevalso su tutti.
  Nella sua ultima lettera pastorale che è stata letta in tutte le
parrocchie domenica, in occasione della pubblicazione dei risultati
elettorali, Mons. Mudiso ha insistito sull'importanza cruciale della
partecipazione al voto; e se dal punto di vista dell'affluenza alle urne
il primo turno è stato un trionfo, il secondo turno è risultato un
fallimento che comunque già era nell'aria nel periodo preelettorale.
  Il Vescovo ha il coraggio di analizzare questo fallimento: la gente non
ha ancora maturato la coscienza del voto come strumento principale della
democrazia: "Tutti noi conosciamo bene che nel primo turno c'è stata
un'affluenza massiva ed entusiasta alle urne, e che la gente ha percorso
decine, talora centinaia di chilometri a piedi per raggiungere i seggi
elettorali e votare. Purtroppo nel secondo turno è successo il
contrario: la gente si è rivelata stanca, e l'affluenza nella nostra
diocesi è stata minima. La gente non ha voluto votare, forse perché non
ha capito il senso delle elezioni e del voto.
  Eppure Fratelli, noi dobbiamo comprendere che il voto è il cardine della
democrazia. E' nella democrazia che si costruisce un futuro di pace.
Perché siamo noi, i figli di questa terra il Congo, che dobbiamo
ricostruire il nostro Paese, e per farlo il primo passo è il voto, la
scelta libera di coloro che dovranno condurci nei prossimi anni nel
cammino della pace, della concordia e dello sviluppo sostenibile e
autonomo. E' un compito esclusivamente nostro e che concerne il nostro
futuro in quanto tutti figli di questa terra."
  Nel seguito della lettera Pastorale, il Vescovo formula essenzialmente
un invito alla calma, alla tolleranza e ad accettare il verdetto delle
elezioni. "Un regime democratico è una scuola di pazienza e di ascolto
reciproco" Per questo la Chiesa cattolica non ha voluto assumere uno
schieramento partitico, anzi ha preso le debite distanze da entrambi i
candidati del ballottaggio. Ma ora che "Le elezioni si sono svolte, il
Presidente è stato scelto, qual è il nostro compito attuale?" chiede il
Vescovo alla sua Chiesa. "Assieme ai vincitori e agli sconfitti, siamo
noi tutti, figli di questa terra, che dobbiamo preoccuparci di una cosa
soprattutto: in quale maniera dobbiamo ricostruire e ristrutturare il
nostro Paese? Deve essere in modo che tutti i figli del Congo possano
vivere in Pace, serenità, prosperità, letizia e concordia; la terra che
tutti noi desideriamo". E per costruire la pace e la concordia "se il
tuo candidato e il tuo partito politico sono stati sconfitti, devi
accettare questo risultato anche se ciò ti provoca contrarietà. Non
cercare di accusare la Commissione Elettorale Indipendente di aver
truccato i risultati elettorali per provocare questa sconfitta. Non
metterti a combattere coloro che hanno vinto le elezioni. Perché è solo
in questo modo che in un futuro evento elettorale, anche il tuo
candidato politico potrà vincere le elezioni. E se viceversa il tuo
candidato ha vinto, non prenderti gioco né offendere coloro che hanno
perso: una vera democrazia implica sempre questo equilibrio finale: ci
sono i vincitori e gli sconfitti. E gli sconfitti continuano ad avere un
ruolo e dei compiti operativi nel quinquennio successivo, per permettere
al loro candidato di vincere alle prossime elezioni".


Chiara Castellani
 
----- Original Message -----
Sent: Wednesday, December 27, 2006 10:48 PM
Subject: 29 Ottobre 2006 : L'inizio o la fine della democrazia in Congo (adl)?

29 Ottobre 2006 : L'inizio o la fine della democrazia in Congo ?
Il 29 ottobre del 2006 tutti i cittadini congolesi maggiorenni in età sono stati invitati a ripresentarsi alle urne per il secondo turno delle elezioni presidenziali e per le elezioni dei deputati provinciali. Questi ultimi dovranno poi eleggere, a loro volta, il governatore ed il vice-governatore e designare i senatori a livello nazionale. Mentre il nuovo Presidente della Repubblica dovrà dirigere il paese per il prossimo quinquennio, con un regime di tipo presidenziale. Occorrerebbero degli uomini all'altezza della loro missione dunque. E il popolo lo sa, lo ha sempre saputo. Per questo al primo turno elettorale anche la gente più semplice è affluita in massa alle urne, in perfetto ordine. Qui a Kenge e in generale nel Bandundu, lo hanno fatto per votare papà Ginzenga, l'anziano avversario politico di Mobutu che non ha mai accettato compromessi con i dittatori di turno. Monsignor Mudiso, il nostro Vescovo, ha redatto ben quattro lettere pastorali sul tema delle elezioni. La penultima è dell'11 luglio ed è interamente redatta in Kikongo "Mono ta voter nani?" = per chi devo votare? "Non per chi cerca di comprare il tuo voto con regali come abiti, cibo, sale, zucchero" risponde il Vescovo. E spiega in parole semplici per gente che non conosce il francese ma vive la povertà e la fame, come la democrazia rappresentativa su cui si basa uno Stato moderno, parte dal principio che la sovranità risiede nel popolo che possiede integralmente tutti i poteri. Il popolo si dà egli stesso delle leggi e sceglie le sue autorità mediante un processo di voto e di elezioni.
Così i detentori concreti dei diversi poteri li esercitano per una delegazione del popolo al quale devono rendere conto, poiché il potere sovrano non cessa di rimanere nel popolo, nella gente comune anche se povera ed analfabeta diventata protagonista attraverso il voto. E qui Mons. Mudiso invitava a far tesoro delle sedute di formazione civica ed elettorale che dall'agosto del 2004 si sono regolarmente svolte in tutte le parrocchie della Diocesi, e che sono state specificamente dirette a far comprendere all'elettorato cosa significa concepire ed entrare a far parte di un progetto di società. E scegliere coerentemente, fra i differenti progetti proposti, quello che è realmente è diretto alla pace, alla riconciliazione, alla ricostruzione e allo sviluppo del paese. E il Vescovo raccomandava soprattutto ai credenti di vigilare sulla pace "keba!": in una dialettica democratica il progetto di società che verrà legittimato dalle elezioni non potrà essere di gradimento per la totalità dell'elettorato. Ma cio non puo e non deve costituire motivo sufficiente perchè chi è sconfitto si senta autorizzato a ricorrere alle armi per imporre il proprio pensiero politico e il proprio progetto di società, per quanto giusto possa apparire. Nè sono autorizzate le ingiurie e le offese dirette contro i propri avversari politici: "in una vera democrazia, è essenziale il dialogo, la tolleranza" dice il Vescovo, che insiste su una parola: "luzitu" che in kikongo significa quell'atteggiamento di rispetto profondo per la dignità e per la libertà dell'altro che deve improntare tutti i rapporti umani di un Africano, anche nell'ambito politico. Anche in questo senso il Vescovo invitava il suo popolo di futuri elettori a non lasciarsi incantare da grandi discorsi vuotamente retorici, ma a guardare ai fatti, al lavoro ("bisalu") realizzato in questi anni di transizione e anche in passato. Non c'è spazio quindi, per chi si è fatto largo attraverso il clientelismo, il nepotismo, la propaganda su base tribale. Occorre che il voto esprima liberamente un'opinione individuale, e che non sia né voto automatico, né voto etnico, né voto fanatico, né voto identitario.
Il 28 ottobre avremmo dovuto rientrare dalla brousse con la nostra piccola "équipe mobile" per votare regolarmente a Kimbau il giorno dopo. Non diversamente che a fine luglio, i vaccini dovevano precedere di poco la scadenza elettorale, ma purtroppo non è stato così. Aspettavamo, noi e la gente, la campagna di vaccinazione anti-morbillo da anni, dal 1998 in poi era stata pianificata a ripetizione e poi è stata sempre rimandata. La vaccinazione di massa si è finalmente svolta solo dopo le elezioni, e questa ennesima promessa mancata, come quella della scuola primaria gratuita e del giusto salario al personale dello stato può anch'essa aver giocato contro il governo e contro la partecipazione al voto. O forse hanno giocato altri fattori? La nostra equipe mobile composta essenzialmente da infermieri era divisa sulla scelta del futuro presidente e questo nonostante il nostro comune precedente candidato Ginzenga avesse invitato i suoi elettori a orientarsi, per il secondo turno, su Kabila. "Kabila in tutti questi anni non ha fatto niente per migliorare le condizioni della gente, i salari, i servizi" reclama Papà Mahunda,
l'infermiere paralizzato ad entrambe le gambe e cionostante diplomatosi nel 2004 grazie a una borsa di studio MLAL, dal 2005 membro inamovibile dell'équipe mobile grazie alla sua sedia a rotelle ricevuta dall'Italia con il container del progetto MLAL-regione Veneto. "Con Bemba è un salto nel buio, si tornerà allo stato partito che ci era stato imposto sotto Mobutu" risponde l'autista Mbelo, che al primo turno ha sostenuto e votato l'anziano Ginzenga, ma ora sostiene quello che lui considera il "male minore". Papà Kiela, nato e cresciuto in brousse finchè non ha avuto una borsa di studio per l'ITM di Kenge dove si è diplomato nel 2003, invece ha votato solo per sottolineare che ha il diritto-dovere di farlo, ma non ha espresso alcuna preferenza perchè "Per questi candidati alla Presidenza la pace è confusa spesso con un'unanimità imposta con la forza, assicurando il mantenimento al potere di un piccolo gruppo di uomini a scapito dell'intera popolazione"
Venerdì 27 ottobre siamo arrivati a Lukuni Wamba, ultima tappa del nostro itinerario in brousse. Nonostante il grande movimento organizzativo delle autorità e degli insegnanti per allestire il seggio, la gente di Lukuni sembrava totalmente disinteressata all'evento: i bambini di Lukuni stavano  morendo come mosche a causa di una epidemia di morbillo, tutte morti inutili e che la campagna di vaccinazione antimorbillo se fosse stata organizzata a tempo avrebbe potuto evitare. In tali situazioni di emergenza sanitaria è ipocrita chiedere a una madre di famiglia di dare priorità a un voto che fralatro lei percepisce come inutile dopo che al primo turno benché sia analfabeta ha votato Ginzenga. La gente di Lukuni falcidiata dalle epidemie sembra considerare il voto come un assurdo spareggio fra due banditi che da anni non fanno che combattersi a suon di stragi. "Quando due elefanti si battono, sono i fili d'erba che soffrono" dice un proverbio africano, e in realtà sono i bambini mai vaccinati di Lukuni che pagano le conseguenze di inutili e assurde battaglie. Non quel numero comunque non esiguo di morti fra i partigiani dei due contendenti di cui parla la grande stampa.
Per questo la gente semplice, a Lukuni e altrove, delusa dai risultati del primo turno elettorale a cui aveva partecipato in massa, vistasi incapace di rendere operante la forza della propria opinione collettiva contro i potenti, ha manifestato la tendenza dei più poveri che si sono visti traditi dal verdetto del primo turno a disimpegnarsi e a disinteressarsi delle elezioni. Certo in quel momento i bambini che morivano di morbillo erano più importanti di Kabila, di Bemba e dei loro scontri di potere. Comunque sia il 29 al seggio di Lukuni Wamba, su oltre 650 elettori previsti, non se ne sono presentati che 300. La nostra piccola équipe inclusa: il preside Nzala, responsabile della CEI locale, ci ha chiesto di restare a Lukuni e di votare lì: pare che la legge elettorale rende questa opzione possibile per chi è assente dal suo seggio per ragioni di servizio, visto che quel dito mignolo imbevuto nell'inchiostro impedisce comunque di votare due volte. A Lukuni, microcosmo emblematico della miseria e dell'abbandono, Bemba ha prevalso su Kabila. L'astensionismo ha prevalso su tutti.
Nella sua ultima lettera pastorale che è stata letta in tutte le parrocchie domenica, in occasione della pubblicazione dei risultati elettorali, Mons. Mudiso ha insistito sull'importanza cruciale della partecipazione al voto; e se dal punto di vista dell'affluenza alle urne il primo turno è stato un trionfo, il secondo turno è risultato un fallimento che comunque già era nell'aria nel periodo preelettorale.
Il Vescovo ha il coraggio di analizzare questo fallimento: la gente non ha ancora maturato la coscienza del voto come strumento principale della democrazia: "Tutti noi conosciamo bene che nel primo turno c’è stata un’affluenza massiva ed entusiasta alle urne, e che la gente ha percorso decine, talora centinaia di chilometri a piedi per raggiungere i seggi elettorali e votare. Purtroppo nel secondo turno è successo il contrario: la gente si è rivelata stanca, e l’affluenza nella nostra diocesi è stata minima. La gente non ha voluto votare, forse perché non ha capito il senso delle elezioni e del voto.
Eppure Fratelli, noi dobbiamo comprendere che il voto è il cardine della democrazia. E’ nella democrazia che si costruisce un futuro di pace. Perché siamo noi, i figli di questa terra il Congo, che dobbiamo ricostruire il nostro Paese, e per farlo il primo passo è il voto, la scelta libera di coloro che dovranno condurci nei prossimi anni nel cammino della pace, della concordia e dello sviluppo sostenibile e autonomo. E’ un compito esclusivamente nostro e che concerne il nostro futuro in quanto tutti figli di questa terra."
Nel seguito della lettera Pastorale, il Vescovo formula essenzialmente un invito alla calma, alla tolleranza e ad accettare il verdetto delle elezioni. "Un regime democratico è una scuola di pazienza e di ascolto reciproco" Per questo la Chiesa cattolica non ha voluto assumere uno schieramento partitico, anzi ha preso le debite distanze da entrambi i candidati del ballottaggio. Ma ora che "Le elezioni si sono svolte, il Presidente è stato scelto, qual è il nostro compito attuale?" chiede il Vescovo alla sua Chiesa. "Assieme ai vincitori e agli sconfitti, siamo noi tutti, figli di questa terra, che dobbiamo preoccuparci di una cosa soprattutto: in quale maniera dobbiamo ricostruire e ristrutturare il nostro Paese? Deve essere in modo che tutti i figli del Congo possano vivere in Pace, serenità, prosperità, letizia e concordia; la terra che tutti noi desideriamo". E per costruire la pace e la concordia "se il tuo candidato e il tuo partito politico sono stati sconfitti, devi accettare questo risultato anche se ciò ti provoca contrarietà. Non cercare di accusare la Commissione Elettorale Indipendente di aver truccato i risultati elettorali per provocare questa sconfitta. Non metterti a combattere coloro che hanno vinto le elezioni. Perché è solo in questo modo che in un futuro evento elettorale, anche il tuo candidato politico potrà vincere le elezioni. E se viceversa il tuo candidato ha vinto, non prenderti gioco né offendere coloro che hanno perso: una vera democrazia implica sempre questo equilibrio finale: ci sono i vincitori e gli sconfitti. E gli sconfitti continuano ad avere un ruolo e dei compiti operativi nel quinquennio successivo, per permettere al loro candidato di vincere alle prossime elezioni".