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Ministro Moratti, obbligo significa andare a scuola
- Subject: Ministro Moratti, obbligo significa andare a scuola
- From: "Nello peacelink" <n.margiotta at peacelink.it>
- Date: Fri, 10 Dec 2004 19:36:42 +0100
fonte : Editoriale dell'
Unità on line
di Marina
Boscaino
Tra le tante penose novità che la gestione Moratti ha imposto alla scuola
italiana, certamente quella più pericolosa e che meglio rappresenta
l'impostazione politica alla quale il Ministro si ispira è l'abbassamento
dell'obbligo scolastico. Su questo tema la legge delega 53 di riforma della
scuola, sostituendo - dopo la terza media - alla parola obbligo l'ambigua
formula del diritto-dovere, ripropone un modo di agire e di comunicare caro alla
Moratti. Lei sostiene che - avendo indicato un diritto-dovere all'istruzione e
alla formazione fino a 18 anni - ha automaticamente innalzato l'obbligo
scolastico a quell'età. Dimenticando che i due termini - obbligo e
diritto-dovere - individuano significati differenti; e, soprattutto, che
all'«obbligo» come lo intende lei, si può assolvere anche frequentando la
formazione professionale o, addirittura, facendo l'apprendista con qualche ora
di formazione.
Le parole sono pietre e occorre essere chiari, soprattutto
quando si parla di scuola. Le acrobazie camaleontiche che il Ministro Moratti
riesce a far fare alle parole non ci interessano. La Moratti sembra parlare ad
un'opinione pubblica che lei crede indifferenziata e che non conosce la scuola.
Dando per scontato - e in questo dimostrando una certa saggezza - che gli
operatori della scuola siano persi per sempre. Ma dimenticando che il mondo
della scuola sa parlare a chi ne è fuori. Nei suoi interventi il Ministro
continua a trattare temi e prospettive che sarebbero ovvi e naturali se a
suggerirli non fosse proprio lei.
Individuare nella scuola il luogo della
solidarietà, dell'accoglienza, del dialogo quando questi principi vengono
automaticamente impoveriti dai contenuti della sua riforma risulta ancora una
volta un'indicazione, che strumentalizza buoni propositi teorici, rivolta ad un
destinatario percepito acritico e ignorante.
Nel mese di settembre i
Comunisti Italiani hanno avanzato una proposta di legge relativa alle “Norme
sull'innalzamento dell'obbligo di istruzione” che toccava punti da molti
considerati fondamentali. Che questo sia un tema centrale nella riflessione cui
il centro sinistra è chiamato - un tema che potrebbe accomunare veramente le
differenti anime - è provato anche dai nomi dei relatori iscritti al convegno
“Più scuola per tutti” (in ricordo di Giovanni De Murtas) che gli stessi
Comunisti Italiani hanno organizzato per il 9 e il 10 dicembre alla Camera:
Bergonzi e Guidoni (il primo responsabile nazionale scuola del Pdci, l'altro
astronauta e parlamentare europeo); e poi Berlinguer, Vertecchi, Bernardini,
Tranfaglia, Pizzoli, Salacone, Fasoli, Chiesa. Concluderà i lavori Diliberto.
Obbligo di istruzione elevato a 18 anni, in prima applicazione a 16, con un
biennio unitario; istruzione e frequenza gratuite, completa gratuità dei libri
di testo per gli alunni con famiglie con reddito inferiore a 25.000 euro annui:
sono questi i punti principali su cui si basava la proposta di legge. Dagli
interventi sarà forse possibile cogliere differenze all'interno di una posizione
che auspichiamo di cuore unitaria per tutto il centro sinistra. Perché obbligo
di istruzione - quello vero - significa andare a scuola: per crescere, imparare,
formarsi una coscienza critica. Tutto il resto è altro. Significa promuovere
cultura, individuare nella scuola pubblica un'opportunità di miglioramento per
il singolo individuo e per tutta la società; aiutare e vincolare i ragazzi a
prendersi per mano, a non dimenticarsi; immettere nel mondo del lavoro persone
più consapevoli, più colte, in possesso di conoscenze e non solo di abilità.
Significa accompagnare l'acquisizione di una coscienza critica, assecondare un
processo di crescita culturale, morale e civile che solo la scuola può
individuare e che chiede tempo per sé. Significa - soprattutto - rifiutare di
attuare la più violenta delle selezioni di classe (la scelta a 12 anni tra il
percorso dell'istruzione e quello della formazione professionale, previsto dalla
riforma) alla quale il Ministro Moratti vuole costringere le famiglie italiane.
Il resto è demagogia condita di finta modernità. L'abolizione dell'obbligo
scolastico e l'intera politica scolastica del centro-destra rispondono ad
un'idea precisa di società che si basa sull'istituzionalizzazione della
divisione dei percorsi di chi ha più e di chi ha meno, difendendo e aumentando
privilegi già esistenti, diminuendo o azzerando la possibilità - affidata finora
alla scuola pubblica - di migliorare le condizioni dei meno fortunati.