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GLOBALIZZAZIONE: UN PO’ DI STORIA…
A Martina Franca (TA) si terranno i seguenti incontri a cura del Comitato
locale per la Tassa Tobin (riferimento:
m.marescotti@tiscali.it):
GIOVEDI’ 18
APRILE Povertà,
sfruttamento e guerre
GIOVEDI’ 2
MAGGIO Tassa
Tobin, etica sociale e fiscale
Tutti gli incontri si terranno alle ore 18.30 presso la sala
della parrocchia di S.Francesco (piazza Mario Pagano, ingresso dalla
discesa laterale) e sono aperti a chiunque. Diffondete quindi questo
invito presso tutti coloro che ritenete interessati. Questi sono alcuni
dei materiali che verranno diffusi.
GLOBALIZZAZIONE: UN PO’ DI STORIA…
1975 Per la prima volta si incontrano i rappresentanti dei 6 paesi
più sviluppati (G6) a Parigi e prendono due storiche decisioni, che
segneranno la storia dell’economia …
1° liberalizzazione della circolazione dei capitali
2° privatizzazione di beni, imprese e attività dello Stato o di Enti
pubblici
Queste due decisioni hanno innescato il processo di globalizzazione,
accelerato enormemente dalle nuove tecnologie informatiche e telematiche:
il mercato dei capitali è aperto virtualmente 24 ore su 24, per tutti i
giorni dell’anno, lavorando su computer che “annullano” tempo e
spazio.
LE CARATTERISTICHE DI QUESTA
GLOBALIZZAZIONE
CAMBIA IL MODO DI PRODURRE:
prima un’impresa era saldamente ancorata al territorio e al suo tessuto
sociale e l’imprenditore assumeva responsabilità nei confronti della
società locale di riferimento.
Oggi un’impresa è “nomade”, può avere
il suo centro decisionale in una città mentre la produzione avviene
magari a migliaia di km di distanza (delocalizzazione).
L’imprenditore così non ha più un contesto locale cui rispondere, bensì
un universo di azionisti potenzialmente ‘dispersi’ in
tutto il mondo. Le imprese multinazionali, oggi, dovrebbero più
propriamente essere ridefinite imprese transnazionali.
CAMBIA IL RAPPORTO TRA
POLITICA ED ECONOMIA: nella storia economica è sempre accaduto, dalla
rivoluzione industriale in poi, che fosse il potere politico a fissare le
priorità e le regole dell’attività economica e a farle rispettare. Oggi
accade che i governi
eletti dai cittadini devono cedere ‘quote di sovranità’ ad altri
organismi economici, con la conseguente prevalenza delle decisioni
economiche su quelle politiche.
Ad esempio, un governo non può più
fissare in modo autonomo una politica valutaria o fiscale: è
impensabile, ad esempio, una pressione fiscale dissimile dagli altri
paesi (si avrebbe un abbandono da parte delle imprese di quel paese)
oppure una svalutazione della moneta per favorire le proprie esportazioni
(cosa che una volta avveniva). Vengono dunque meno alcuni strumenti che
tradizionalmente hanno reso importante l’intervento della politica nella
sfera dell’economia.
AUMENTA LA RICCHEZZA E AUMENTA LA POVERTA’: la globalizzazione aumenta le
ricchezze ma le distribuisce in modo non equo, creando disuguaglianze tra
i diversi gruppi sociali, anche nelle nostre società del benessere. Oggi
un licenziato di 40 o 50 anni ha molte difficoltà a reinserirsi nel
mercato del lavoro, reso instabile e iperflessibile dai processi
descritti, rischiando di alimentare nuove sacche di povertà. Aumentando
le disuguaglianze, questa globalizzazione tende a diminuire la
partecipazione alla vita democratica da parte delle fasce povere ed
emarginate, con un rischioso deficit per la democrazia, nonché ad
aumentare il rischio di guerre per l’accesso alle risorse
primarie.
L’OMOLOGAZIONE CULTURALE: la trasmissione delle informazioni e la libera
circolazione in tutto il pianeta di beni e servizi hanno reso possibile
che gli stessi prodotti possano trovarsi in tutto il mondo, con le stesse
caratteristiche e con lo stesso messaggio culturale di fondo (vedi Mc
Donald’s, Coca Cola ecc,).
Chi acquista un bene di consumo acquista anche un modo di
intendere, uno stile di vita, con un grande rischio…
… l’appiattimento, l’omologazione culturale, il livellamento tra diversi
popoli, che dovrebbero invece valorizzare le proprie differenti matrici
culturali, le tradizioni, le lingue, le abitudini (anche alimentari).
Fonte: Stefano Zamagni (docente di microeconomia, Univ.Bologna)
sintesi a cura di Marinella Marescotti e-mail: m.marescotti@tiscali.it
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IL CASO DELLA CARNE ESTROGENATA:
IL DIRITTO ALLA SALUTE PAGATO A CARO PREZZO
L'Europa ha decretato che la carne americana trattata con ormoni
artificiali, al contrario della nostra, e' pericolosa per la nostra
salute e ha deciso di non importarla. Una precauzione che pero' ci
costa molto cara: 340 miliardi di sanzioni americane contro il
Vecchio Continente. Una ritorsione decisa all'Organizzazione Mondiale
del Commercio (WTO) nel nome delle regole della Globalizzazione. Alla
fine degli anni '80 l'Unione Europea decise di vietare l'uso degli ormoni
nell'allevamento dei manzi da carne e soprattutto proibì le importazioni
di carne agli ormoni dagli Stati Uniti d'America. I nostri scienziati la
ritenevano pericolosa per la salute umana.
Ma negli Stati Uniti questa decisione non fu affatto gradita. Nel 1996 il
governo di Washington, brandendo uno dei potenti accordi di
globalizzazione, trascino' l'Europa davanti ai giudici del WTO. Tuttavia,
nel farlo, l'amministrazione Clinton aveva ceduto alle pressioni della
piu' potente lobby di allevatori di bestiame statunitense: la National
Cattleman Association, come dimostra un documento che ho ottenuto in
via riservata, dove si legge:
"Al signor Bob Drake della National Cattleman Association:
come lei ci ha espressamente richiesto, abbiamo iniziato una procedura
presso il tribunale del WTO contro il divieto europeo di importare la
nostra carne." Il documento di cui parlo non e' altro che
una lettera autografa dell'allora ministro americano per il commercio
Michael Kantor.
La procedura si concludera' con la condanna dell'Europa, una
condanna inappellabile ottenuta grazie proprio a uno di quei potentissimi
accordi del WTO di cui parlavo prima. L'Europa tuttavia non si e' piegata
e ha continuato a tenere la carne agli ormoni fuori dai suoi mercati. Il
WTO e' allora tornato alla carica e nel luglio del '99 i suoi giudici ci
hanno condannati ancora, condannati a pagare un prezzo altissimo: 340
miliardi all'anno sotto forma di sanzioni commerciali
americane.
Le sanzioni americane autorizzate dal WTO hanno colpito le esportazioni
europee piu' pregiate, e fra le vittime italiane si contano i pomodori
pelati, i succhi di frutta, il pane e soprattutto il tartufo.
Keith Rockwell, uno dei direttori del WTO, ammette che e' quasi
impossibile spiegare la situazione a un produttore italiano di tartufi o
di pomodori in scatola e aggiunge: "E' difficile, ed e' un problema
che non avete solo voi in Italia. Io posso offrire a costoro tutta la mia
comprensione, ma le regole sono queste."
Ritorniamo alla carne agli ormoni americana. Sulla base di quali prove il
WTO condanno' l'Europa? A rispondere e' di nuovo Keith Rockwell:
"Quello che le posso dire e' che il WTO nel caso di dispute sulla
sicurezza degli alimenti decide in base al parere degli scienziati della
FAO. A loro fu chiesto di emettere il verdetto sulla carne agli
ormoni."
Ma gli scienziati della Fao erano davvero super partes, erano davvero
imparziali?
Sottoponiamo il quesito a un uomo che desidera restare anonimo: un
chimico farmaceutico che ha lavorato per 35 anni con la grande industria
e che oggi ha deciso di raccontare tutto quello che sa sulla cosiddetta
indipendenza degli scienziati della FAO. Trovarlo e' stata veramente
un'impresa, attraverso una serie infinita di contatti. Perchè vuole
parlare? "Il mondo sta cambiando, le multinazionali farmaceutiche e
agroalimentari hanno assorbito ormai tutto....non so...forse perché mi
sto per ritirare dalla scena...ma guardi, io ho visto troppe cose, e c'è
un limite per tutti, o forse solo per me."
Inizia: "La documentazione che le mostro era in gran parte segreta,
e infatti molti fogli portano il marchio declassificato. Ora, per
dimostrarle quanto siano inaffidabili gli organi scientifici della FAO
e' necessario che le racconti una vicenda parallela a quella che a
lei interessa."
"Guardi questi documenti. E' il novembre del '97, e la FAO si sta
preparando a giudicare la sicurezza degli ormoni nel latte, che sono
prodotti dalla multinazionale Monsanto. Qui si legge che uno scienziato
della FAO, il dott. Nick Weber, aveva passato a un esperto della Monsanto
i documenti riservati che solo gli scienziati della FAO avrebbero dovuto
leggere prima di emettere il verdetto. Fra questi documenti c'erano
persino gli studi della Commissione Europea, che era contraria agli
ormoni artificiali. Capisce? La Monsanto potè studiarsi con molto
anticipo cosa avrebbero sostenuto i suoi critici durante i dibattimenti.
Ma e' normale ciò?"
Prosegue: "La FAO esamino' gli ormoni nel latte e in un primo tempo
espresse parere positivo. Un trionfo per la Monsanto, ma c'era una nota
che stonava. Michael Hansen, un consulente della FAO, non era d'accordo e
stava per lanciare un allarme. Ed ecco un fax che la Monsanto spedisce a
un funzionario della sanità pubblica, dove si legge: Sembra che Michael
Hansen non sia dei nostri. Dei nostri!!, capite che razza di mentalità?
La Monsanto considerava gli esperti della FAO roba
propria."
Il nostro chimico estrae dalla borsa altri fogli, altre prove inedite. E
rincara la dose: "Ma alla FAO ci sono altri scienziati gravemente
compromessi: sono Margaret Miller e Leonard Ritter. In questo documento
riservato del Congresso degli Stati Uniti si legge che la dottoressa
Miller era sotto inchiesta perchè, da dipendente pubblico, fu sorpresa a
lavorare....indovini per chi? Per la Monsanto naturalmente, per conto
della quale studiava gli ormoni. Veniamo al dottor Ritter: ho scoperto
dagli archivi del parlamento canadese che Ritter è stato più volte pagato
del CAHI, una grossa lobby nordamericana di industrie veterinarie
favorevoli agli ormoni. Insomma, Miller e Ritter, due gioielli di
indipendenza interni alla FAO, non le sembra?"
E allora ricapitoliamo: la mia fonte inglese ha dimostrato che alcuni
scienziati consulenti della FAO, e specialmente Nick Weber, Margaret
Miller e Leonard Ritter, erano da tempo collusi con una lobby e con
una grande multinazionale interessate a vendere ormoni, e nonostante
l'evidente conflitto di interessi hanno continuato a decidere della
nostra salute per conto della FAO.
Lo scienziato inglese ora conclude e porta l'affondo decisivo: "E
non è proprio la FAO che ha giudicato innocui anche gli ormoni della
carne, permettendo cosi' al WTO di condannare l'Europa. Come ci si può
fidare? E poi guardi le liste degli scienziati della FAO che nel '99 e
nel 2000 hanno di nuovo esaminato gli ormoni americani nella carne: chi
ci troviamo? Weber, Miller, Ritter e tutti gli altri. Sono tutti qui,
sono sempre qui!"
Una storia pesantissima, in cui entrano in gioco interessi
multimiliardari e soprattutto la nostra salute.
MERCI LIBERE DI CIRCOLARE… ANCHE SE
TOSSICHE
La parola a Susan George, direttrice del Transnational Institute di
Amsterdam e considerata oggi il critico piu' autorevole del sistema
globalizzato: "L' arma più tagliente del WTO e' l'accordo sulle
Barriere Tecniche al Commercio, che può annullare le leggi degli
Stati, quelle delle amministrazioni locali e persino le regole delle
piccole organizzazioni non governative. Esso colpisce particolarmente il
diritto dei cittadini di sapere come sono fatte le merci che
acquistano e da chi sono fatte."
E infatti questo accordo prende di mira proprio le etichette: le
etichette che ci dovrebbero dire se nei giocattoli che diamo ai nostri
piccoli ci sono sostanze tossiche, se nei cibi che mangiamo ci sono
ingredienti geneticamente modificati, o se i palloni che compriamo sono
fatti da bambini sfruttati nei paesi poveri. Iniziamo proprio da questo
esempio. Susan George spiega: "Il calcio e' sicuramente un grande
sport, anche se io sono americana! Ma l'accordo WTO sulle Barriere
Tecniche al Commercio ci impedisce proprio di rifiutarci di importare
palloni da calcio cuciti dai bambini sfruttati in Asia. Per i
globalizzatori un pallone e' un prodotto e lo possiamo rifiutare solo se
e' di cattiva qualità e non se è fatto da piccoli
schiavi."
Nel frattempo al WTO qualcuno sta gia' protestando contro le regole
europee che vietano nei nostri giocattoli l'uso di ammorbidenti tossici.
Me ne parla Fabrizio Fabbri, uno dei responsabili di Green Peace Italia:
"Sta succedendo che Hong Kong e il Brasile stanno invocando
l'intervento del WTO per annullare il provvedimento europeo che vieta i
composti chimici pericolosi nei giocattoli per bambini. Il WTO
potrebbe ritenere questa misura di tutela della salute un ostacolo alle
leggi del libero commercio, in base a un accordo sottoscritto anche
dall'Italia che prevede il non utilizzo di ragioni sociali o ambientali
come discriminazione commerciale." Fabbri apre una borsa e fa cadere
sulla scrivania una miriade di pupazzetti e bamboline colorati, quelli
tossici appunto. Ma dovessero tornare questi giocattoli pericolosi,
almeno che ci sia un'etichetta che ce li fa distinguere. Fabbri
scuote il capo: "Teoricamente sarebbe la misura minima di tutela
dei consumatori, ma e' quella maggiormente contestata proprio
dal WTO."
Guerra dunque persino alle etichette che ci dovrebbero informare su
quello che acquistiamo, ma non solo. Ciò' che veramente stupisce e'
scoprire che chi ha scritto gli accordi di globalizzazione ha voluto che
il loro potente braccio si estendesse ben oltre i governi nazionali, e
che raggiungesse persino le piccole organizzazioni volontarie. Persino
loro. Per capire meglio ciò che ho detto seguiamo la signora Luciana
Giordano nello shopping. Questa giovane linguista di Bologna fa parte
della nutrita schiera di italiani che acquistano regolarmente il caffè
equo & solidale, e questo significa che Luciana sa che il suo caffè è
prodotto da lavoratori del terzo mondo tutelati nella dignità e nei
diritti fondamentali. Ma come fa a saperlo? Attraverso la presenza sulla
confezione dell'etichetta Transfair, oppure comprando il macinato nelle
cosiddette Botteghe del mondo. Si tratta di piccole organizzazioni non a
fine di lucro, ma sembra proprio che sia loro che le loro etichette
violino i contenuti del solito accordo WTO sulle Barriere tecniche al
commercio.
Etichettare le merci, cosi' che il cittadino possa rifiutare quelle che
violano i principi etici, o di protezione dell'ambiente e della propria
salute e' un diritto fondamentale che il WTO sembra volerci togliere. In
tutto ciò sono chiare le pressioni esercitate dai colossi
industriali, e non sono illazioni: ho trovato due documenti che
non lasciano dubbi.
Il primo, stilato dalla Camera di Commercio Internazionale (un'altra
lobby di multinazionali che comprende anche la Pirelli e la nostra
Confindustria) chiedeva al cancelliere tedesco Schroeder (poco prima
della storica conferenza del WTO a Seattle) quanto segue: i programmi di
etichettatura ecologica dei prodotti possono creare barriere al
libero commercio, e vogliamo su questo una urgente applicazione degli
accordi del WTO.
Nel secondo documento ho trovato un'esplicita richiesta del Trans
Atlantic Business Dialogue, che recita: alla Commissione Europea
chiediamo che un accordo internazionale sugli investimenti non sia
indebolito da clausole sui diritti dei lavoratori o sulla tutela
dell'ambiente.
Si comprende cosi' come anche la legge europea sull'etichettatura
obbligatoria dei cibi contenenti geni modificati sia finita nel mirino
del WTO. Eppure quella legge non e' poi cosi' severa: essa infatti dice
che se i geni modificati sono presenti nei cibi sotto la quantita'
dell'1%, non vanno dichiarati in etichetta. E io ho voluto fare una
prova. Ho infatti comprato alcuni prodotti contenenti soia: dicono che la
soia oggi sia quasi tutta geneticamente modificata, ma nelle etichette
dei biscotti VitaSystem, dei crackers Misura, di quelli della Cereal e
del pane a fette della Barilla non e' segnalato alcunche'. E allora sono
andato a farli anlizzare. Ecco i risultati delle analisi. Pane alla soia
della Barilla: nessuna presenza di soia transgenica; crackers della
Misura, anche qui nulla di geneticamente modificato; veniamo alla Cereal:
idem come prima, e cioe' niente geni manipolati; e infine abbiamo i
biscotti della VitaSystem, e qui la soia transgenica c'era, ma nella
percentuale dello
0,6%, e la legge europea, come dicevo, non prevede che questa quantita'
si debba segnalare in etichetta. Cio' significa che noi consumatori
stiamo comunque ingerendo e sperimentando cibo transgenico, anche se in
piccole quantita', e questo prima che la scienza sappia con certezza
quali saranno gli effetti sulla nostra salute.
(tratto da REPORT giugno 2000 - l'intero testo si può scaricare da
www.report.rai.it)
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TOBIN TAX in Italia e in Europa: tutti insieme è
possibile
Attac Italia lancia una campagna nazionale per promuovere una legge
di iniziativa popolare in favore della istituzione di una tassa sulle
transazioni valutarie (Tassa Tobin) il cui gettito sia effettivamente
ridistribuito in favore dei cittadini. La legge di iniziativa popolare è
l’unico potere legislativo in mano ai cittadini (a parte quello
abrogativo del referendum) e consente, con 50.000 firme autenticate, di
portare in Parlamento una proposta di legge.
Che cosa chiede esattamente la proposta di legge sulla Tassa
Tobin?
Chiede che venga istituita una Commissione presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri composta da rappresentanti ministeriali, della
Banca d’Italia, da esperti e da rappresentanti del Comitato promotore. Il
suo compito è quello di presentare, entro sei mesi, una proposta
particolareggiata per l’introduzione in Europa di una tassa sulle
transazioni valutarie.
Che cosa si intende per transazione valutaria?
Si intende qualunque contratto che comporti scambio di valute, in
contanti o a termine, da qualunque soggetto effettuato (ad esclusione
delle banche centrali e le autorità di politica economica nazionale e
internazionale)
Come
funzionerebbe questa tassa?
L’aliquota da applicare alle transazioni valutarie sarebbe pari allo
0,1 % almeno. Il gettito servirebbe a:
- - aumento dei
fondi per la cooperazione allo sviluppo, per migliorare le condizioni
delle categorie più deboli dei paesi assistiti in base agli indici UNDP
(indice di sviluppo umano, di povertà, di sviluppo di genere e
dell’infanzia, di sopravvivenza)
- riduzione
del debito estero con riguardo ai paesi che abbiano avviato programmi di
riconversione e disinvestimento nel settore degli armamenti
- finanziamento
della ricerca dell’UE su: risparmio energetico, fonti di energia non
inquinanti, raccolta e smaltimento dei rifiuti, riciclaggio dei
materiali, riduzione delle emissioni di agenti inquinanti
- incremento dei
fondi per le zone depresse dell’UE per infrastrutture, occupazione e
servizi pubblici.
Che cosa dovrebbe produrre esattamente la Commissione prevista dalla
proposta di legge?
Uno studio particolareggiato che consenta di:
- - definire
come accertare le transazioni e la riscossione dell’imposta
- stabilire
come procedere periodicamente alla revisione dell’aliquota
- prevedere
meccanismi per scoraggiare le transazioni valutarie con operatori di
altri paesi che non applicano questo tipo di imposta (eventualmente con
un’aliquota maggiorata)
- stabilizzare i
movimenti di capitali prodotti da crisi valutarie, eventualmente con
aumenti dell’aliquota
- promuovere
l’adozione dell’imposta anche nei paesi dove non è applicata, pur avendo
importanti mercati valutari
- promuovere
presso l’ONU un fondo internazionale che distribuisca il gettito secondo
i criteri visti
Questo studio deve essere trasmesso al Parlamento per l’espressione delle
Commissioni competenti ai fini di una adozione in sede comunitaria presso
il Consiglio dei Ministri dell’UE.
Che cosa accade se a livello di Unione Europea non viene emanata
questa legge?
La proposta è che, in mancanza di un’iniziativa legislativa da parte
dell’UE, l’imposta sulle transazioni valutarie sia comunque applicata in
Italia, con un’aliquota dello 0,02% del valore della transazione
effettuata.
Le modalità sarebbero simili a quelle illustrate prima, con la differenza
che i proventi del gettito sarebbero gestiti a livello ministeriale. La
destinazione sarebbe:
- l’aumento dei
fondi per la cooperazione allo sviluppo in base agli indici UNDP
visti prima
- riduzione del
debito estero con riguardo ai paesi che abbiano avviato programmi di
riconversione e disinvestimento nel settore degli armamenti
- l’incremento
dei fondi destinati allo sviluppo, nel Mezzogiorno, dell’occupazione e
dei servizi di assistenza sociale pubblica
CHE COS’E’ ATTAC?
Associazione per la Tassazione delle Transazioni
finanziarie in Aiuto ai Cittadini.
ATTAC è una associazione di dimensione internazionale, una rete di corpi,
idee, desideri e conoscenze per battere la dittatura dei mercati. La
radicalità dei temi e delle proposte fanno di ATTAC un’associazione che
pensa e agisce contemporaneamente nel locale e nel globale
Informazioni:
www.tassatobin.it
Tel. 051 - 42.10.331