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Letterature del Sud
Cari amici,
mi chiamo Pietro Deandrea, ed ho trovato il vostro indirizzo di posta
elettronica, assieme ad altri, su CARTA.
Assieme a due miei colleghi insegnanti delle scuole superiori ho appena
pubblicato un'antologia dal titolo SCRITTURE E LINGUAGGI DEL MONDO -
NARRATIVA PER L'EDUCAZIONE INTERCULTURALE, rivolta alle classi delle
scuole superiori ed edita da La Nuova Italia - RCS Libri.
Da quello che ho letto su CARTA, mi è sembrato che questo testo potrebbe
interessarvi a livello personale e/o per le vostre attività. Allego
quindi in attachment la scheda di presentazione scritta da uno dei miei
due co-autori, Pier Paolo Eramo. L'altra autrice è Roberta Alunni.
Mi piacerebbe poter offrire una copia omaggio, ma la casa editrice,
inspiegabilmente, non ha voluto attivare il suo ufficio stampa. Così
dobbiamo darci da fare per diffondere l'uscita del libro in maniera,
diciamo così, artigianale.
Per ulteriori informazioni:
Pietro Deandrea
Corso Laghi 18 - 10051 Avigliana (TO)
csae@cisi.unito.it Subject: Deandrea
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"Scritture e linguaggi del mondo": voce alla letteratura del Sud
Pier Paolo Eramo
Un turista americano passeggia munito di macchina fotografica in un
villaggio indiano, ammirando una piccola statua equestre.
"Che meraviglia!" esclamò, camminando con passo lento attorno alla statua.
Aveva il viso scottato e rosso. Indossava una camicia e un paio di
calzoncini color kaki. Accortosi della presenza del vecchio, disse
educatamente in inglese, "Buongiorno!"
Il vecchio rispose in tamil puro, il suo unico mezzo di comunicazione, "Mi
chiamo Muni e le due capre sono mie e nient'altro che mie; nessuno può
negarlo, benché il villaggio sia pieno di gente pronta a calunniare un
uomo."
L'uomo rosso in viso posò lo sguardo per un momento in direzione delle
capre e delle rocce, estrasse una sigaretta e chiese, "Fuma?"
"Non ne ho neppure mai sentito parlare fino a ieri," rispose nervoso il
vecchio, immaginando d'essere interrogato su un assassinio nei dintorni da
quel poliziotto del governo, come rivelava l'uniforme color kaki.
L'uomo rosso in viso disse, "Vengo da New York. Mai sentito? Mai sentito
parlare dell'America?"
Il vecchio avrebbe capito la parola "America" (ma non "New York") se il
nome fosse stato pronunciato così come lo conosceva lui - "Ah Meh Rikya" -
ma l'uomo rosso in viso lo pronunciò molto diversamente, e il vecchio non
ne capì il significato. Disse con tono rispettoso, "Brutti ceffi dovunque
oggigiorno. Il cinema ha rovinato le persone e ha insegnato loro a compiere
azioni malvagie. Oggigiorno può accadere di tutto."
Il turista americano vorrebbe comprare la statua (sacra), il vecchio
pastore pensa (ovviamente) che sia interessato alle sue due capre. Davanti
alla banconota da cento rupie l'indiano è quasi sconvolto, una fortuna
travolgente ha portato questo straniero al villaggio... Prende i soldi e se
ne va, ringraziando e lasciandogli le capre. L'altro intanto siede
soddisfatto sul piedistallo della statua, immaginando che il pastore sia
andato a cercare aiuto per il trasporto. A Horse and Two Goats di Rasipuram
K. Naryan è una storia emblematica, di incontri mancati, di dialoghi
impossibili, di errori culturali, di ingenuità grossolane. Forse la storia
del Nord e del Sud.
Un vecchio pastore indiano, un inglese innamorato dei ghetti sudafricani,
un briccone maliano alla ricerca di avventure, un colono bianco tra gli
indios dell'Amazzonia, pakistani a Londra e Algerini a Parigi sono tra i
variopinti personaggi che popolano un'antologia di recente pubblicazione
dedicata alla letteratura del Sud del mondo (R. Alunni, P. Deandrea, P.P.
Eramo, Scritture e linguaggi del mondo. Narrativa per l'educazione
interculturale, La Nuova Italia, Rcs Scuola, Milano 2001). L'antologia è un
percorso tra romanzi e di racconti di autori africani, indiani, asiatici e
sudamericani alla ricerca di temi che vanno da Le storie degli "altri"
(l'incontro/scontro tra Nord e Sud) alle Altre visioni del mondo (le
culture e i valori oltre l'Occidente), passando per gli squilibri e le
ingiustizie del nostro sistema (Ai margini della globalizzazione), i
diritti umani e il fenomeno migratorio (Migrazioni e culture).
Compilare un'antologia di letteratura, per di più con un orizzonte così
vasto, pone certamente delle questioni molto complesse, la cui trattazione
- pur molto sintetica - può essere utile a un suo corretto utilizzo nella
scuola italiana.
Intanto, che cos'è il Sud del mondo? Sono i paesi poveri che troviamo nelle
classifiche degli organismi internazionali? Ha senso adottare un criterio
economico per parlare di letteratura? E poi chiameremo Sud anche i paesi
dell'Est europeo? Oppure la Cina? Il criterio che abbiamo scelto è un
altro: nell'antologia abbiamo concentrato la nostra attenzione sulla
letteratura prodotta nei paesi che hanno avuto con l'Europa prima, con gli
Stati Uniti poi un rapporto di sudditanza coloniale (o neocoloniale), senza
tralasciare i fenomeni di colonialismo 'interno': penso agli indigeni in
America settentrionale, centrale e meridionale, alle popolazioni
caraibiche, agli aborigeni e a tutte le grandi minoranze che nella storia
hanno avuto la peggio (dalla Turchia al Sudafrica).
Allo studioso o al lettore smaliziato che ci chiedesse che razza di
criterio è mai questo, risponderemmo con un certo imbarazzo che ne
conosciamo tutti i limiti, ma che siamo altrettanto pronti a difenderlo.
Pur avendo nobili antenati nei cosiddetti post-colonial studies (di
tradizione soprattutto anglosassone e poi francese) e in quel filone di
studi che ha coniato il termine di world fiction, ammettiamo che si tratta
pur sempre di una notevole marmellata, dal momento che con disinvoltura
abbiamo messo insieme uno scrittore egiziano con uno cileno, affiancati -
magari - da un pakistano che scrive a Londra o da un indonesiano che vive
negli Stati Uniti.
La nostra scelta è giustificata da due criteri: il primo è che ci
rivolgiamo principalmente alla scuola italiana, con particolare attenzione
ai programmi di insegnamento della letteratura nel biennio e nel triennio
delle superiori. Dove la presenza di autori 'del Sud' è assolutamente
sporadica, ma nello stesso tempo la 'domanda' di strumenti per l'educazione
interculturale che si integrino nel curricolo si fa sempre più pressante.
Questo ci porta a compiere scelte drastiche, a privilegiare testi di facile
lettura, adatti a un adolescente, intriganti per l'insegnante e soprattutto
'sfruttabili' dal punto di vista educativo.
Il secondo, immediatamente collegato, discende da una celebre affermazione
dello scrittore nigeriano Chinua Achebe, per il quale "la cosiddetta
autonomia della letteratura è merda deodorata": lo scrittore ha il compito
di spiegare al suo popolo "dove batte la pioggia", secondo
un'interpretazione fortemente engagée dell'attività letteraria. Le
obiezioni sono ovvie: la letteratura è prima di tutto letteratura e non
possiamo imporre o pretendere da un autore diciamo brasiliano restrizioni
tematiche o un 'impegno' sociale o politico che mai ci sogneremmo di
chiedere a uno europeo. A queste rispondiamo con una constatazione di fatto
e una motivazione 'utilitaristica': la prima è che la maggior parte della
produzione letteraria del Sud è profondamente segnata da tematiche sociali
e politiche, dalla riflessione sull'ineguaglianza, sul colonialismo,
sull'ibridazione culturale, ecc.; la seconda è che questi temi risultano
per noi utilissimi per costruire una via 'narrativa' all'educazione
interculturale nella scuola, intesa come riflessione/azione su tematiche
globali quali l'ambiente, lo sviluppo, i diritti umani, le relazioni tra
culture.
Considerati questi fini, l'utilizzo dell'antologia risulta fortemente
produttivo. Intanto perché mette di fronte la cultura scolastica italiana,
un po' malata di eurocentrismo, a una prima significativa constatazione:
negli ultimi anni la produzione letteraria soprattutto in lingua inglese e
francese (proveniente dalle ex-colonie, ma anche da autori di origine
"coloniale" che vivono nei Paesi europei, in Nordamerica e Canada) si è
fortemente sviluppata e ha raggiunto notevoli risultati qualitativi. Da
tutto questo il mercato italiano è stato per molti anni escluso, a parte
alcune traduzioni e l'opera innovativa di alcune piccole o piccolissime
case editrici. Si tratta di testi che hanno ormai un mercato globale, non
di letteratura marginale: non conoscere le loro tematiche e il mondo che
sottendono significa isolarsi da una delle 'correnti' più produttive della
letteratura mondiale.
In secondo luogo dare spazio nella nostra quotidianità educativa alle voci
letterarie provenienti dal Sud significa restituire nel dialogo
interculturale un ruolo di soggetti a culture che sono state per decenni
schiacciate dal colonialismo e dalle sue eredità e che nel corso del
Novecento (a parte la letteratura araba, che ha ben altro passato) hanno
imparato a servirsi in modo nuovo degli strumenti stessi dei colonizzatori
(in primo luogo la lingua). Nello stesso tempo va detto che molta di questa
letteratura non va considerata una produzione 'etnica' (buona per studiare
storie, usi e costumi di popoli che molti considerano 'primitivi'): questi
testi hanno - come qualsiasi opera letteraria degna di questo nome - un
valore universale, come a dire che in buona sostanza parlano anche di noi
(de te fabula narratur, diceva il buon Orazio). Ci parlano cioè del futuro
delle nostre città e delle nostre società: l'inquietudine e l'insicurezza,
i temi globali (ambiente, sviluppo, povertà e ricchezza, violenza, potere),
la multicultura e la multiappartenenza, ecc. Per questo sono produttive in
senso interculturale.
In terzo luogo frequentare le letterature del Sud ci aiuta ad assumere un
approccio 'narrativo' alla differenza: un romanzo crea uno spazio e un
tempo di ascolto 'lunghi' e particolarmente privilegiati, che spesso ci
mancano quando ci capita di incontrare il Sud del mondo nelle nostre città
(il ristorante etnico, i volti per la strada, i servizi dei media); ci
trasporta su un terreno culturale sconosciuto, provocandoci un effetto di
'straniamento' che forse solo in letteratura accettiamo di sperimentare
senza paura; ci fa nascere la sensazione che ognuno (individuo, cultura,
popolo) ha diritto al 'suo' racconto e alle sue storie, che le storie sono
infinite e che non ne esistono di superiori e di inferiori; favorisce
identificazioni (con i personaggi, con la vicenda) e cambiamenti del punto
di vista; genera probabilmente nuove storie, che il lettore può a sua volta
raccontarsi e raccontare.
Le cose fin qui dette non sono ovviamente caratteri esclusivi di un
racconto mozambicano o di un romanzo peruviano, ma lo sono in relazione ai
temi che maggiormente ci interessano. Le letterature del Sud,
opportunamente sfruttate, possono sviluppare sensibilità multiculturali (le
differenze che ci separano, ma che impariamo se non altro ad ascoltare e a
capire), interculturali (il meticciato, lo scambio) e transculturali (ciò
che ci unisce al di là delle culture).
Un avvertimento: il nostro entusiasmo nel proporre la letteratura del Sud
non ci ha oscurato il buon senso. Sappiamo bene che leggere un romanzo non
ci trasforma per incanto in homines interculturales; sappiamo che questa è
una lunga fatica fatta di rapporti e conflitti reali con persone reali,
rispetto e promozione di diritti concreti, costruzione di regole e sistemi
che includano invece che escludere.
Solo crediamo che la letteratura possa essere uno degli inizi possibili.