[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

per un'educazione alla mondialità



AIFO - Trodena agosto 2001


Educare alla mondialità



COSA E' L'EDUCAZIONE ALLA MONDIALITA'

L'educazione alla mondialità è un percorso culturale che fa riferimento all'educazione allo sviluppo, all'educazione all'intercultura e all'educazione alla pace, il tutto finalizzato ad elaborare un'educazione complessiva al cambiamento. Cambiamento come capacità di mettersi in discussione, come desiderio di cambiare in primo luogo noi stessi, nel comportamento, nelle scelte di valori, di "modus vivendi", per poter agire e attuare un cambiamento negli altri e con gli altri in una prospettiva di realizzazione di un mondo migliore.

Per chi opera in campo educativo, tutto questo significa anche rivedere determinati schemi culturali a cui la scuola tradizionale ci aveva abituati, modificando le basi concrete di lavoro, prevedendo percorsi nuovi di approccio alla realtà anche per i più piccoli.

Non ha più senso, infatti, per chi insegna nella scuola elementare, spiegare e far conoscere ai propri alunni solo la realtà vicina ad essi, tralasciando quelle spazialmente e, perché no?, anche temporalmente lontane.

Nell'era del "villaggio globale", in cui le esperienze sono ravvicinate, rese note con facilità anche ai piccoli, grazie ai nuovi media e alla quantità di informazioni circolanti, sarebbe anacronistico ignorare la presenza di persone, culture, tradizioni diverse dalle nostre. Conoscere il lontano diventa motivo di arricchimento, di confronto-incontro tra "il mio vicino" e "il lontano di altre persone" come me, mi aiuta ad apprezzare ciò che ho, ad esplorare ciò che non fa parte della mia cultura e che può essere una scoperta di valori condivisibili, per attuare una convivialità delle differenze in un mondo globalizzato che ci vuole omologati verso "il basso", cioè verso un appiattimento delle differenze e delle coscienze. Il sistema dell'attuale globalizzazione si impone quindi come una nuova forma di "totalitarismo", inteso come controllo totale su economia, comunicazione e verità da parte di alcune lobby di potere. In tal senso si può richiamare alla mente la frase di Hegel: "Tutto ciò che è reale è razionale.". Ma quale realtà ci viene comunicata?

Ad esempio, una differenza da fare notare ai bambini può essere il livello di benessere diverso tra chi vive:

  a.. lontano: immagini di bambini che soffrono la fame, il sottosviluppo come carenze di strutture essenziali per una vita sana;
  a.. vicino: immagini ed esempi pratici di consumismo sfrenato, favole sulla ricchezza per tutti, tanto sbandierate nei quiz a premi, in alcune pubblicità, ecc..
Anche da noi aumenta la povertà, con il miraggio di una ricchezza che è solo per pochi. In America ad esempio i dirigenti delle 50 maggiori aziende Internet valgono 5 volte più del reddito complessivo di 33 milioni di famiglie americane.

Educazione alla mondialità significa risvegliare la coscienza alla "banalità del male" (come affermava la filosofa H. Arendt) per divenire capaci di criticare politicamente e per costruire e partecipare alla "democrazia cognitiva" (partecipare conoscendo).

Una forma di coscienza della "banalità del male" può essere quella di consumare meno per una maggiore giustizia; riflettere sulle ricchezze che abbiamo e di cui ci dimentichiamo (affetti, riparo, salute, istruzione, cibo.).

Inoltre un'altra forma di coscienza della "banalità del male" può derivare anche dall'uso di strumenti non violenti per far sentire la propria presenza come cittadini: lettere, articoli, manifestazioni.

Una corretta educazione alla mondialità deve prevedere come partenza una riflessione sull'educazione allo sviluppo.

Ma che cos'è l'educazione allo sviluppo?

L'educazione allo sviluppo è una:

  a.. modifica della struttura economica (non necessariamente sul modello del neo-liberismo di stampo occidentale);
  b.. modifica della struttura sociale;
  c.. modifica della struttura politica;
  d.. "contenitore" per altre educazioni (pace, nonviolenza, cooperazione, legalità.);
  e.. lo sviluppo riguarda anche noi, non solo il Terzo Mondo (concetto sintetizzato nello slogan dell'Aifo: "Con gli ultimi per un'alternativa di giustizia").


I RIFERIMENTI CULTURALI E PEDAGOGICI

I riferimenti pedagogici da me tenuti presenti sono tutti coloro che hanno trattato dell'educazione alla pace e all'intercultura (da Gandhi a M.L.King, da Aldo Capitini a Daniele Novara, da Danilo Dolci a Raoul Follereau). Ma coloro dei quali sento maggiormente di condividere il pensiero sono Danilo Dolci e Raoul Follereau.

Attraverso la presa di coscienza dei fattori economici e sociali, ma anche di quelli culturali che condizionano la vita dei popoli, l'aspetto "poetico", visto come capacità di cogliere l'essenzialità della vita, serve a connotare con una dimensione affettivo-emozionale il nostro rapporto con il mondo, inteso insieme come natura e come umanità, per creare un'empatia con ciò che ci circonda. Danilo Dolci, il sociologo-poeta, attraverso il suo metodo maieutico intendeva attuare quella circolarità educativa docente-discente, in cui ognuno cresce e si realizza ascoltando l'altro, secondo il modello della pedagogia sistemica (diceva Dolci che ".ciascuno cresce solo se sognato.").

Raoul Follereau, il "vagabondo della carità", è stato instancabile apostolo della lotta alla lebbra e a tutte le altre lebbre che affliggono l'umanità: egoismo, indifferenza, ecc. Egli ha reso testimonianza di come, anche nel proprio piccolo, ognuno di noi può realizzare quella fratellanza universale che rappresenta il punto di approdo dell'educazione alla mondialità.

Il filosofo Edgar Morin afferma che "una riforma del pensiero è anche una riforma etica che dovrebbe manifestarsi, giustamente, nella vita quotidiana". Già Socrate aveva sostenuto che la missione del saggio (e quindi dei docenti) è di risvegliare le coscienze per renderle consapevoli.

Quindi il percorso di educazione alla pace, alla legalità e all'intercultura è un cammino continuo della consapevolezza che ha come meta la piena realizzazione di sé. Ciò serve a ricordarci che siamo parte del mondo e che la nostra sopravvivenza, con la difesa dei più importanti valori spirituali, dipende dal nostro modo di rapportarci alla realtà in cui siamo chiamati a vivere e ad agire.

Edgar Morin intende, per attuare questo tipo di educazione, formare il "pensiero complesso", che abbraccia e comprende tutta la realtà. Ciò costituisce la base per una riforma sociale e politica (come don Lorenzo Milani, che considerava l'educazione come azione, non solo come teoria). Ciò comporta la necessità del pensare globalmente e agire localmente, ma anche del pensare localmente e agire globalmente.

Ma è soprattutto l'educatore a porsi come modello di riferimento concreto, attuando non solo a parole, ma anche con il proprio comportamento quella "pedagogia dei gesti" che determina lo spessore valoriale del momento educativo.



ESPERIENZE NELLA SCUOLA ELEMENTARE

Il mio percorso non riguarda solo gli alunni, ma diventa anche un momento di riflessione per la crescita personale. Nella prima scuola dove ho avviato questo tipo di percorso educativo alla mondialità mi sono basata sull'educazione alla legalità, intesa non solo come rispetto delle istituzioni, ma anche come messa in discussione della illegalità istituzionalmente legalizzata: i cosiddetti "crimini legalizzati" come il commercio delle armi (non sempre ciò che è legale è giusto). Il motivo di questa scelta stava nel fatto che l'ambiente socio-culturale dei bambini era medio-basso, con qualche situazione di maggiore deprivazione.

In terza classe, in occasione della campagna antimine, il fine da raggiungere fu, dal punto di vista dell'educazione alla nonviolenza, il riconoscimento della non validità della violenza, come risposta alle imposizioni esterne, bensì dell'uso degli strumenti del dialogo. I bambini furono protagonisti dell'invio di cartoline alle fabbriche italiane di armi, per chiedere una riconversione della produzione a favore della pace: attrezzi agricoli, macchinari utili, giocattoli per i popoli del Sud del mondo. Il valore degli strumenti di informazione e soprattutto l'accesso consentito a chi come i bambini, solitamente, non trova spazio, rende gli alunni più responsabili e partecipi nelle decisioni che "contano", sotto il profilo educativo e "politico" nel senso in cui lo intendeva don Lorenzo Milani.

I bambini hanno fatto sentire la propria voce su un giornale locale e su Internet: iniziativa non gradita alla direttrice didattica.

Negli anni successivi sono venute le lettere ai potenti della terra (come ha fatto Follereau), riflessioni su tematiche come il lavoro minorile o le violenze in famiglia; si è data voce ai piccoli attraverso la diffusione a mezzo stampa e Internet.

In quarta classe si è così avuto il desiderio di scrivere un messaggio ai potenti della terra (sull'esempio di quanto fece Raoul Follereau, nella celebre lettera del 1954 ai presidenti degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica di allora). Follereau, e così anche i bambini, non hanno avuto risposta, tuttavia il valore della divulgazione del loro pensiero, attraverso la stampa e la rete telematica, rende tangibile comunque la loro presenza di persone e li educa a diventare i futuri cittadini di un mondo dove le disparità sono frutto anche della non conoscenza e dell'incapacità di comunicare.

In seguito, tra la fine della quarta classe e la quinta classe, l'aumento della consapevolezza, momento educativo essenziale come riteneva il pedagogista brasiliano Paulo Freire, è andata "in crescendo", attraverso la lettura di giornali in classe, o l'uso di Internet "la rete delle reti", per capire i motivi economici e sociali delle disparità Nord-Sud del mondo (lavoro minorile, fame e malattie, guerre, ingiustizie).

In quinta, da una lettera di una mia alunna, pubblicata sul settimanale "Avvenimenti", relativa ai bambini schiavi, viene il contatto con l'Aifo, nella persona di Antonio Landolfi, responsabile del Settore Educazione allo Sviluppo. Il riconoscimento del lavoro svolto si realizza attraverso la consegna di un attestato, e ciò avviene anche nella scuola successiva in cui mi sono trasferita. Inoltre sempre in quinta classe c'è uno scambio epistolare tra gli alunni e la comunità di padre Kizito a Nairobi. Con la collaborazione dell'insegnante di inglese e con un dizionario kiswahili, i bambini dialogano con amici lontani di un'altra realtà, eppure sentiti vicini poiché anche la mia scuola presenta situazioni di disagio e deprivazioni.

Nella scuola successiva, l'ambiente socio-culturale più elevato comportava un discorso diverso. Partendo da ciò che accomuna i bambini, come serenità familiare, gioco, ecc., gli stessi bambini hanno tratto dalla guerra del Kossovo spunti di riflessione per queste famiglie e bambini non così distanti da noi, ma con una realtà terribile come la guerra.

Questo lavoro sul conflitto in Kossovo si è unito all'uso di un testo dell'AIFO sull'educazione interculturale: "I voli di Paffi". Esso ha offerto momenti di confronto e di dialogo.

Inoltre in prima classe, ho preparato un progetto di Circolo da me approntato su "Diritti umani e multimedialità", poiché ricorreva il 50° anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell'uomo. In seconda classe questo cammino di crescita collettiva - continuato anche con l'uso del testo Aifo "Gegè e la nonna alla scoperta del mondo" - si è concretizzato nella Giornata Mondiale della Lebbra. La presa di coscienza di una realtà (la lebbra) ritenuta un fattore discriminante, dipendente in realtà da rapporti di economia e di giustizia squilibrati tra paesi ricchi e poveri, ha fatto comprendere ai bambini una semplice verità: quanto per noi è scontato (l'abbondanza di cibo, di medicinali, di cure di ogni tipo.) in alcune realtà lontane dalla nostra sono una ricchezza inimmaginabile e irraggiungibile per molti adulti e soprattutto per moltissimi bambini. Questo lavoro, presente su Internet e pubblicato sul mensile AIFO "Amici dei Lebbrosi" del marzo 2000, ha impresso un segno "forte" nell'animo dei bambini. Interessante è stato utilizzare anche schede didattiche di educazione interculturale, come quelle delle Edizioni Gruppo Abele, che consentono un avvicinamento a culture lontane partendo da realtà di immigrati in Italia che "raccontano" ciò che può accomunare, nelle diversità, gli esseri umani: giochi, filastrocche, favole e ricette di cucina.

Un simile lavoro entusiasma e stimola anche alunni meno motivati, che provano interesse e voglia di imparare seguendo questa linea di lavoro educativo "trasversale" alle discipline.

Questa empatia ancora in nuce è cresciuta, confrontando i bisogni comuni degli esseri umani con le diversità negli stili di vita dei popoli e rendendoci conto che il nostro mondo ricco affama altre persone tanto da causare terribili malattie e mancanza di strutture essenziali per una vita normale.

Nelle riflessioni dei bambini emerge il loro no all'indifferenza e all'emarginazione, fonti di stereotipi e pregiudizi, oltre che di sterili generalizzazioni.

In terza classe, anche grazie all'ausilio del libro dell'Aifo "Aldo e Mariolina a scuola una mattina", si è passati dalla pedagogia delle parole a quella dei gesti: i bambini sono riusciti a coinvolgere i genitori, svolgendo un'attività di solidarietà concreta partecipando con me all'iniziativa dell'AIFO "Cento piazze d'Italia". L'iniziativa, svoltasi a livello nazionale, ha permesso a me ed ai bambini di testimoniare concretamente lo spirito di condivisione e di solidarietà partecipando l'ultima domenica di gennaio alla Giornata Mondiale della Lebbra. Hanno lavorato gomito a gomito con gli adulti, offrendo miele e materiali informativi in cambio di offerte, facendo firmare l'appello al Direttore Generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, spiegando ai grandi che le firme servono per la reintegrazione sociale dei guariti dalla lebbra. Hanno persino saputo sostenere un'intervista trasmessa ad una TV locale. Alcuni dei loro "diari" della giornata sono stati pubblicati da un quotidiano locale molto letto.

L'ultima iniziativa ha visto la visita a scuola del missionario comboniano padre Renato Sesana, ribattezzato col nome di un martire africano "Kizito" dalle persone che vivono con lui a Nairobi. Padre Kizito segue diversi progetti, tra i quali i progetti per case di accoglienza per i bambini di strada africani. Egli ha parlato dei diritti negati ai bambini di strada e ha risposto alle tante domande dei miei alunni, promettendo uno scambio di videocassette: ci invierà immagini e parole dei suoi bambini e noi invieremo immagini e dialoghi dei nostri. 

Si avvierà così uno scambio più tangibile di diverse culture, per continuare nell'ottica di una educazione alla mondialità in quarta classe.

Nel mese di ottobre sarà pubblicato dalla casa editrice Multimage il libro "Con il mondo a scuola", in cui sono state raccolte in modo organico le esperienze da me svolte nella scuola elementare. E' uno strumento per socializzare queste esperienze e sarà un modo per congedarmi dalla scuola elementare ricordando i bambini e i genitori che mi sono stati compagni di viaggio in queste esperienze importanti.

Dal prossimo anno scolastico infatti insegnerò in una scuola superiore, e dovrò ricominciare a "costruire nuove strade" con ragazzi più grandi.

I proventi del libro saranno devoluti a padre Kizito, per la "casa di Anita", una casa di accoglienza per le bambine di strada di Nairobi.

Maria Teresa Tarallo 

Aifo Taranto

tel.0997303686

e-mail: mt.tarallo@tin.it

Pubblicazioni su Internet:

http://www.peacelink.it/mondoascuola

http://www.peacelink.it/kossovo/bambini/index.html

http://www.peacelink.it/appuntam/lebbra_2000.html

http://www.peacelink.it/webgate/scuola/msg00211.html

http://www.peacelink.it/webgate/scuola/msg00233.html