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per capire la globalizzazione
Fonte:
http://www.saveriani.bs.it/cem/Corsi/materiali/materia2.htm
PER CAPIRE LA GLOBALIZZAZIONE
Interculturalitá e globalizzazione: 10 concetti
chiave
1. Per una lettura
"educativa" della globalizzazione
Non è la prima volta che una "parola" prende il
sopravvento sulle altre e per qualche tempo sembra essere quella giusta,
quella che racchiude in sé la magia di far comprendere un’epoca. È il
caso del termine "globalizzazione", che indica un fenomeno
troppo importante per essere liquidato come la "moda" del
momento. Al contrario: globalizzazione è una delle parole destinate a
creare le connessioni interpretative più profonde (e di lunga durata) tra
il presente e il futuro a livello planetario.
Tuttavia la globalizzazione si presenta oggi come un processo
caratterizzato soprattutto da una forte ambiguità. Una lettura
"educativa" di questo nuovo processo storico, economico e
sociale riteniamo che non possa liquidarlo come un fatto tutto negativo o
tutto positivo. Appare invece necessario e urgente impegnarsi in
un’operazione di discernimento, di analisi critica, di vero e proprio
"studio". Chiedersi, ad esempio, quali siano le cause e i
fattori che hanno dato vita alla globalizzazione; così pure domandarsi
quali siano i suoi effetti positivi e negativi; e ancora, verificare dove
ci stia portando la globalizzazione e come si configurino gli scenari
futuri; infine, sarebbe quanto mai "educativo" individuare le
risorse umane e culturali che potrebbero aiutarci, in questa fase
storica, a "resistere" alle tendenze omologatrici della
globalizzazione e a promuovere un cammino planetario nuovo partendo dalle
"alterità negate".
Due libri per cominciare:
Villaggio globale. La vita ai tempi della globalizzazione,
numero monografico di "Internazionale", 1996
B. Amoruso, Della globalizzazione, La Meridiana, Molfetta 1996.
2. Il mercato globale
Il nostro è un tempo idolatrico. Non v’è dubbio che una
delle idolatrie più diffuse e pericolose sia quella del Mercato. Nel
mondo di oggi l’economia appare dominata, pressoché esclusivamente, dalla
logica della massimizzazione del profitto e da imprese economiche a
carattere sempre più multinazionale che presentano una concentrazione di
potere e di ricchezza superiore a molti Stati nazionali. Un dato
eloquente: 358 supermiliardari del pianeta posseggono una ricchezza pari
a circa la metà della popolazione mondiale. Siamo dunque dinanzi ad un
processo di globalizzazione "a etica zero".
All’economia si riserva il posto di comando, in nome di un
"realismo" e di un "pragmatismo" derivati dalla
convinzione che il capitalismo non abbia alternative, essendo lo stato
naturale della società. Il sistema economico mondiale dovrebbe pertanto
sbarazzarsi di ogni vincolo sociale perché l’economia è sovrana e
qualsiasi riferimento a regole extraeconomiche apparirebbe come un
regresso. Ma dove ci sta portando questa razionalità economica del
tutto sganciata da una razionalità etica?
Due libri per cominciare
S. Zamagni (a cura), Globalizzare l’economia, ECP, Fiesole
1995
S. Latouche (a cura), L’economia svelata. Dal bilancio familiare alla
globalizzazione, Dedalo, Bari 1997.
3. La comunicazione multimediale
La radio, la televisione, il computer, le reti telematiche
e telefoniche, i satelliti e Internet ci hanno introdotto nella
dimensione planetaria delle comunicazioni di massa. Viviamo in una
società fin troppo "iconizzata" dove tutto si trasforma in
spettacolo.
Si parla sempre più spesso di una società "virtuale" dove
l’esperienza diretta, il rapporto vitale con le cose, il contatto
emozionale con le altre persone vengono messi in pericolo. C’è chi parla
della "morte del reale" in una società dei simulacri dove
trionfano le apparenze, le ombre, le maschere.
È necessario ricordare che il sistema dei media è, appunto, un
"sistema", cioè un tessuto di relazioni, un organismo
complesso, nel quale ogni singolo medium è in rapporto di complicità o di
interdipendenza con gli altri media.
Leggiamo dal "Libro Bianco su Istruzione e formazione. Insegnare
e apprendere, verso la società conoscitiva": "La
mondializzazione degli scambi, la globalizzazione delle tecnologie, in
particolare l’avvento della società dell’informazione hanno aperto agli
individui maggiori possibilità di accesso all’informazione e al sapere...
la società del futuro sarà dunque una società conoscitiva".
Sarà importante, di qui in avanti, approfondire di più i rischi e le
opportunità che si aprono dinanzi alle nuove generazioni che — almeno nei
paesi del Nord — già vivono in quella che viene chiamata "società
conoscitiva" dove bisogna acquisire le competenze per informarsi in
"tempo reale" sui cambiamenti in atto nella società, altrimenti
si è "out", si resta emarginati come analfabeti.
Due libri per cominciare
IRRSAE Puglia, L’educazione interculturale, Curriculo dei
media, Quaderno n.30, Bari 1996
P. Levy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del
cyberspazio, Feltrinelli, Milano 1996.
4. Il pensiero unico
L’idolatria del mercato e il sistema della comunicazione
multimediale si stringono la mano in un abbraccio fatale, dando vita al
pensiero unico che altro non è che la trasposizione in termini ideologici
(che si pretendono universali) degli interessi di quelle forze
economiche, che nel loro insieme, rappresentano il capitale
internazionale.
A "fondamento" del pensiero unico c’è appunto il primato
dell’economia sulla politica. La diffusione della mega-macchina
dell’Occidente fa aumentare solo l’uniformità a scapito della creatività
locale: l’esito è il mimetismo, tragica caricatura
dell’universalità.
L’etnocidio, inteso come aggressione simbolica, genocidio culturale, si
effettua ancor oggi, tramite il dono: è donando che l’occidente acquista
ulteriore potere e opera la destrutturazione culturale.
L’Occidente continua a dare senza accettare nulla, e continua ad
appropriarsi senza riconoscere alcun debito e non intende prender lezioni
da nessuno.
Chi sa se, proprio in virtù delle loro specificità, le culture oggi
negate e disprezzate non saranno, domani, le più adatte ad accettare le
sfide della storia?
Due libri per cominciare
VV., Il pensiero unico e i nuovi padroni del mondo, Ed.
Strategia della Lumaca, Roma 1996
S. Vandana, Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino
1995.
5. Il Governo mondiale
Con la caduta del Muro di Berlino, il traguardo del
Governo Mondiale sembrava essere dietro l’angolo, a portata di mano. Poi,
il crac, il tracollo, la scomparsa del tema dall’agenda internazionale.
Che cosa è accaduto? Come mai dopo l’ubriacatura del "Villaggio
globale", dell’"arancia blù", del "piccolo
pianeta", della "Terra-Patria", della
"Interdipendenza"... l’obiettivo del Governo Mondiale invece di
decollare a livello politico è naufragato nel nulla?
Certamente non perché sia venuto meno il carattere mondiale delle
"emergenze", che sono tutte lì, ieri come oggi: i flussi
migratori, i conflitti regionali, le vecchie e nuove povertà, le ferite
ambientali, le risorse energetiche, le armi nucleari, le ricerche
biotecnologiche, il sistema dell’informazione, le condizioni
igienico-sanitarie, l’analfabetismo, gli squilibri Nord-Sud e via
elencando. Tutte le organizzazioni internazionali, politiche ed
economiche, create fino ad oggi sono caratterizzate da un grave deficit
democratico. Nel senso che sono malate di scarsa democrazia interna.
L’ONU, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, il WTO (ex
GATT) ecc.
Come dire: a livello internazionale la democrazia è ferita.
"L’epoca planetaria è già iniziata da un pezzo", ripete
Edgard Morin, "ma la conoscenza dell’uomo è ancora all’età del ferro
dell’era planetaria".
Due libri per cominciare
F. Lotti, N. Giandomenico (a cura), L’ONU dei Popoli, EGA,
Torino 1996
R. Sapienza, Un mondo da governare, SEI, Torino 1995.
6. Ripartire dalle "Alterità
negate"
Ma forse il problema che più di tutti concentra su di sé
il dibattito culturale contemporaneo è quello dell’altro. Tra i pensatori
che criticano la tradizione occidentale per la rimozione e l’oblio
dell’alterità spicca il nome di Lévinas, che ha elaborato una concezione
dell’uomo a partire dall’altro, dal Tu, dal volto.
Si tratta di comprendere, in maniera "etica" ma non
moralistica, che l’altro ci cambia, ci educa, ci interpella; ci costringe
a prendere una posizione, a uscire dall’indifferenza, a dare una
"risposta" (respondere, da cui deriva il senso pieno e fondante
di "responsabilità").
Ripartire dalle "Alterità negate" significa guardare altrove,
saltare la siepe e lasciarsi contaminare. Tra le realtà che sono state
fino ad oggi emarginate, fra le cosiddette "esternalità", cioè
tra le "pietre scartate" (per dirla col Vangelo) è possibile
trovare nuovi significati da cui partire per la ricostruzione di una
Umanità Nuova.
Giovanni Paolo II, nel suo discorso all’ONU del 5 ottobre 1995, ha
affermato che "ogni cultura ha diritto di essere rispettata perché
costituisce un tentativo di riflessione sul mistero del mondo e in
particolare dell’uomo: è un modo di dare espressione alla dimensione
trascendente della vita". E precisa che estraniarsi dalla realtà
della diversità o tentare di estinguerla "significa precludersi la
possibilità di sondare il mistero della vita umana (...). La differenza,
che alcuni trovano così minacciosa, può divenire, mediante un dialogo
rispettoso, la fonte di una più profonda comprensione del mistero
dell’esistenza umana".
Due libri per cominciare
C. Di Sante, Responsabilità. L’Io per l’Altro, Edizioni
Lavoro, Roma 1996
B. Borsato, L’alterità come etica. Una lettura di E. Lévinas,
Dehoniane, Bologna 1995.
7. Il pensiero "al
femminile"
La prima alterità negata, la prima risorsa di senso che il
mondo ha a disposizione per poter sperare in una Umanità Nuova è il
pensiero al femminile. Il problema dell’auto-liberazione della donna
chiama in causa inevitabilmente l’universo maschile. I valori della nuova
cultura "al femminile" rappresentano una grande opportunità di
cambiamento dell’Ordine Simbolico globale del nostro sistema
sociale.
La storia della nostra cultura occidentale (ma il discorso è
transculturale) non lascia dubbi: al di là di rare accezioni, è una
storia di sostanziale anti-femminismo: Atene, Gerusalemme e Roma appaiono
alleate nel loro comune sguardo misogino. Come anche La Mecca e Benares.
La nostra convinzione è che un nuovo umanesimo, una nuova paideia per il
terzo millennio potrà affermarsi soltanto se gli educatori e le
educatrici sapranno mettere in discussione, a partire da se stessi,
l’Ordine Simbolico Maschile e i parametri sociali che ne derivano. Le
vere rivoluzioni sono infatti quelle che rinnovano i paradigmi
fondamentali della cultura.
Due libri per cominciare
C.O.N. Moser, Pianificazione di genere e di sviluppo,
Rosenberg Sellier, Torino 1996
S. Ulivieri, Educare al femminile, Edizioni ETS, Pisa 1995
8. Le culture locali tra omologazione e
resistenza
Se guardiamo al rapporto tra l’Occidente e le
"altre" culture oggi nel mondo ci rendiamo conto che la
situazione è fortemente squilibrata. Si può dire, in generale, che si sta
affermando una nuova coscienza sulla necessità di salvare l’integrità
della propria identità culturale, una sorta di contrappeso alle tendenze
omologanti, e si avverte l’esigenza di conoscere in modo profondo altre
culture e di valorizzare le differenze in un ordine di reciprocità.
Ma il rapporto tra le culture non deve essere idealizzato perché si
colloca sempre all’interno di un rapporto conflittuale di forza che
finisce inevitabilmente per produrre "asimmetria" e
"squilibrio".
Lo studio di Serge Latouche sui processi di
"occidentalizzazione" diventa quanto mai interessante.
L’aspetto unico, che definisce l’Occidente è la sua cultura:
·la credenza in un tempo lineare e cumulativo
che riguarda tutta l’umanità
·l’attribuzione all’uomo della missione di
dominare la natura
·la credenza nella ragione calcolatrice
dell’uomo per organizzare la sua azione, ecc.
Chi sono gli Altri?
Sono tutte le società dotate di un senso antico e tradizionale della vita
e quindi di pratiche sociali di integrazione del "negativo",
della morte, della miseria, della sofferenza. Queste resistenze
"culturali" alla seduzione dell’Occidente sono una fonte di
speranza, perché lasciano intravedere che la crisi epocale dell’Occidente
non sarà necessariamente la fine del mondo...
Due libri per cominciare
L. Bergnach, G. Delli Zotti, Etnie, confini, Europa, Angeli,
Milano 1994
V. Bernardi, L’insalatiera etnica, Ed. Neri Pozza, Padova 1992
9. Etiche della mondialità
Il nostro mondo sta sperimentando una crisi fondamentale:
una crisi dell’economia mondiale, dell’ecologia mondiale e della politica
mondiale. La mancanza d’una visione completa, il groviglio di problemi
non risolti, la paralisi politica, la mediocre leadership con poca
capacità d’intuire o di prevedere, e in generale un troppo scarso senso
del bene comune si percepiscono ovunque. Troppe sono le vecchie risposte
a sfide nuove.
Non esisterà alcun nuovo ordine mondiale senza una nuova etica
mondiale!
L’esperienza storica dimostra che non si può migliorare la Terra se non
otteniamo una trasformazione della coscienza degli individui e della vita
pubblica.
Occorre una "svolta etica interculturale", un consenso etico
delle culture per riorientare la convivenza mondiale. Senza una
Carta fondamentale dei valori non è immaginabile la pacifica
convivenza dei Popoli. Possono aiutarci le opere di autori come Jonas,
Kung, Boff, Panikkar, Balducci, Morin, Apel, Moltmann, Ricoeur, Lévinas,
e altri.
La nascita di una coscienza planetaria non si improvvisa. Ma nessun
educatore che abbia il senso della storia potrà sottrarsi a questo
compito essenziale e decisivo per il futuro dell’umanità.
Due libri per cominciare
AA. VV., Etiche della mondialità, Cittadella, Assisi 1996
P. C. Bori, Per un consenso etico delle culture, Marietti, Genova
1991.
10. L’Occidente come "siepe".
Andare oltre
Nonostante tutto è possibile riscontrare segnali positivi
anche all’interno di questa nostra società malata. Esistono infatti germi
che ispirano fiducia e promettono speranza; si ascoltano voci di
protesta, sorgono iniziative e movimenti civili e religiosi (ecologici,
pacifisti, femministi, antirazzisti, spirituali, ecc..) che intendono
battersi per rinnovare questa società, per dare corpo e vitalità ai
grandi valori della vita, della comunità, dello spirito.
Vaclav Havel, Presidente della Repubblica Ceca, ha scritto: "Non
possiamo aspettarci di raccogliere i fiori che non abbiamo mai
piantato".
Ciò vuol dire che dobbiamo avere il coraggio di "osare", di
avere fiducia e speranza almeno nel "piantare", nel gettare i
semi nel cuore degli uomini e delle donne di questo mondo.
Dobbiamo saper camminare con piccoli passi ma avendo dinanzi a noi grandi
orizzonti. Non è facile costruire insieme "una paideia" per il
nuovo millennio, ma è certo che non potrà essere la stessa dei millenni
precedenti o semplicemente degli ultimi decenni. Siamo veramente di
fronte ad un passaggio d’epoca, ad un cambio di paradigmi.
Noi, almeno nei paesi occidentali, proveniamo da una tradizione
filosofica e pedagogica molto ben radicata sul principio "conosci te
stesso" (... tanto l’altro è uguale a te, oppure è barbaro, pagano,
infedele...). Insomma: se conosci te stesso (l’identità) hai conosciuto
ciò che è essenziale. E questo basta. Ma che ne è di tale principio
quando l’altro è proprio diverso da me e io non riesco più a considerarlo
un barbaro, un estraneo, né a restare indifferente di fronte a lui?
La svolta antropologica sta tutta qui. Andare oltre la "siepe"
dell’io, della propria cultura e aprirsi al mistero dell’Altro.
Due libri per cominciare
S. Latouche, L’occidentalizzazione del mondo, Bollati
Boringhieri, Torino 1992
O. Zanini, Significati del confine. I limiti naturali, storici,
mentali, Mondadori, Milano 1997.