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discorso di Dario Fo



Date: 14 Jun 2000 20:57:36 -0000
To: a.marescotti@peacelink.it
Subject: [girodivite] dario fo
From: girodivite@freeweb.org

--Girodivite mensile delle città invisibili--

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Abbiamo trovato, su segnalazione di un'amica del "giro", questo testo. e'
il discorso fatto da Dario Fo quando ricevette il nobel. Lo si può trovare
su: http://www.nobel.se  (basta cercare Fo con il search). sulla pagina del
sito anche le immagini che accompagnano il testo. Buona lettura. 
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DARIO FO

                             Discorso del Nobel 

                                    1997

                CONTRA JOGULATORES OBLOQUENTES

         Legge emessa da Federico II (1221, Messina) che permetteva di
infliggere
              violenza ai giullari senza incorrere in alcuna pena o sanzione




Le tavole che vi sto mostrando sono state disegnate e dipinte da me.

A voi sono state distribuite delle immagini leggermente ridotte rispetto a
queste.

Ecco, io sono abituato da tanto tempo a realizzare dei discorsi con le
immagini, invece di scriverli li
disegno. Questo mi permette di andare a soggetto, di improvvisare, di
esercitare la mia fantasia e di
costringere voi ad usare la vostra.

Mentre io leggerò questi testi, ogni tanto vi mostrerò dove siamo, così non
perderete il filo, e questo
servirà soprattutto a coloro che non conoscono né l'italiano né lo svedese;
gli inglesi avranno un
vantaggio straordinario perché si immagineranno cose che io non ho detto né
pensato. C'è il
problema delle due risate: quelli che capiscono l'italiano rideranno
subito, quelli che debbono
aspettare per ridere la traduzione in svedese di Anna (Anna Barsotti, la
traduttrice, n.d.t.) e gli altri
che non sanno se ridere alla prima battuta o alla seconda. Ad ogni modo
cominciamo.

                    Signore e Signori: il titolo di questa mia chiaccherata
è "contra jogulatores
                    obloquentes" e avete capito tutti che si tratta di
latino, latino medievale.
                    Questo è il frontespizio di una legge che è stata
promulgata nel 1221 in
                    Sicilia dall'Imperatore Federico II di Svevia, un "Unto
del Signore" che a
                    scuola ci presentano come un imperatore illuminato
straordinario, liberale.
                    Ora voi, da quello che segue, giudicherete se questo
prossimo a Dio fosse
                    veramente liberale. "Jogulatores obloquentes" significa
"giullari che
                    diffamano e insultano". La legge in questione
permetteva a tutti i cittadini
                    di insultare i giullari, di bastonarli e, se si era un
po' nervosi, anche di
                    ammazzarli senza rischiare alcun processo con relativa
condanna. Vi
                    avverto subito che questa legge è decaduta e quindi
posso continuare,
                    tranquillo.

Signore e Signori.......

Alcuni amici miei, letterati, artisti famosi, intervistati da giornali e
televisioni, hanno dichiarato: "I1
premio più alto va dato senz'altro quest'anno ai Membri dell'Accademia
svedese che hanno avuto il
coraggio di assegnare il Nobel a un giullare!" Eh sì, il Vostro è stato
davvero un atto di coraggio che
rasenta la provocazione.

Basta vedere il putiferio che ha causato: poeti e pensatori sublimi che
normalmente volano alto... e
poco si degnano di quelli che campano rasoterra... si sono trovati
all'istante travolti da una specie di
tromba d'aria.

Ebbene, io applaudo e sono d'accordo con loro.

Stavano già beati nel Parnaso degli eletti e Voi, con questa Vostra
insolenza, li avete abbattuti e
precipitati giù a sbattere musi e pance nel fango della normalità.

Si son levati urla e improperi tremendi, rivolti all'Accademia di Svezia,
ai suoi Membri e ai loro
parenti prossimi e lontani fino alla settima generazione.

I più scatenati hanno gridato: ''Abbasso il Re... di Norvegia!".

Nel trambusto si sono sbagliati di dinastia.

A questo punto potete voltare pagina... vedete che c'è l'immagine di un
poeta nudo travolto da un
turbine di vento.

Qualcuno ha battuto anche la parte bassa: ci sono stati dei poeti e scrittori
che hanno avuto crisi di nervi e di fegato spaventose.

In quei giorni in Italia, nelle farmacie, non si trovavano più calmanti.

Ma bisogna ammetterlo, diciamo la verità, cari Membri dell'Accademia,
stavolta avete esagerato: andiamo, avete cominciato una diecina d'anni fa
col premiare un nero... un Nobel di colore. Poi avete dato il Nobel a un
ebreo... adesso addirittura a un giullare!! Ma che, - come dicono i
napoletani -pazziamme?

Anche nel clero alto ci sono stati momenti di pazzia... proprio i grandi
elettori del Papa: vescovi, cardinali, prelati dell'Opus Dei sono andati in
escandescenze. Tant'è che
costoro hanno richiesto che venga ripristinata la legge che permette di
bruciare i giullari sul rogo: una
cosa delicata, a fuoco lento.

Per contrasto devo dirVi che però ci sono state masse straordinarie di
persone che hanno gioito con
me in modo incredibile per questa Vostra scelta.

E io Vi porto il più festoso dei ringraziamenti da parte di una caterva di
guitti, di giullari, di clown, di
saltimbanchi, di contastorie.

Siamo arrivati qua (mostra una tavola).

                    E 'a proposito di contastorie non posso dimenticare i
fabulatori del mio
                    paese sul Lago Maggiore, dove sono nato e cresciuto e
dove c'è una
                    grande tradizione di fabulatori; loro, i vecchi
fabulatori, maestri soffiatori
                    di vetro, che hanno insegnato a me e ad altri ragazzi
il mestiere, l'arte, di
                    raccontare assurde favole, che noi ascoltavamo
commentandole con
                    sghignazzi e silenzi improvvisi a strozzagola per la
tragica allegoria che di
                    colpo sormontava ogni sarcasmo. Ancora mi ricordo la
favola della
                    Rocca di Caldé."Tanti anni fa... - raccontava il
maestro soffiatore -sul
                    dorso scosceso di quel cocuzzolo che si erge dal
lago... lassù, stava
                    arroccato un paese di nome Caldé, che giorno dopo
giorno franava tutt'in
                    blocco giù verso il fondo del dirupo. Era uno splendido
paese con il
                    campanile, con le torri arroccate proprio in cima, con
tutte le case una
dietro l’altra. E' un paese che esisteva e adesso non c'è più: nel 1400 è
sparito. 'Ehi... - gli gridavano
i contadini e i pescatori di fondovalle - attenti, state franando...
sloggiate di lassù!'. Ma i roccaroli
non ascoltavano, anzi ridevano, scherzavano, sfottevano:'Furbi voi, cercate
di terrorizzarci per
convincerci a scappare, andare via lasciando le case, i nostri terreni per
poi fregarveli voi. Non ci
caschiamo.'E così continuavano a potare le viti, seminare i campi,
sposarsi, fare all'amore. Andavano
a messa. Sentivano slittare la roccia sotto le fondamenta delle case... ma
non se ne curavano più di
tanto: ‘Normali mosse d'assestamento...' si rassicuravano.

La grande scheggia di roccia stava affondando nel lago. 'Attenti, avete i
piedi nell'acqua!', gridavano
dalla costa.'Macché, è l'acqua di scolo delle fontane, è soltanto un po'
più umido'; e così, piano
piano ma inesorabilmente, il paese intiero s'affonda nel lago.

Glu... glu... pluf... affondano... case, uomini, donne, due cavalli, tre
asini... iaa... glu... I1 prete
continuava imperterrito a confessare una suora: 'Te absolvi... animus...
santi... gluu... Aame... Glu...'.
Scompare la torre, va sotto il campanile con le campane: don... din...
dop...plok...'

"Ancora oggi - raccontava il vecchio soffiatore di vetro - se ci si
affaccia dallo spuntone di roccia
rimasto a picco in quel punto del lago... se in quell'istante scoppia un
temporale, i lampi riescono ad
illuminare il fondo dell'acqua e, incredibile, là sotto si scorge il paese
affondato con le case e le
strade ancora intatte e, come in un presepe vivente, si scoprono loro, gli
abitanti della vecchia
Rocca, che si muovono ancora... e imperterriti ripetono: 'Non è successo
niente'. I pesci passano
loro davanti agli occhi di quà e di là... fin nelle orecchie... 'Niente
paura!... è solo un tipo di pesce
che ha imparato a nuotare nell'aria', commentano.
'Eccì!'.'Salute!'.'Grazie... fa un po' umido oggi... fa
più umido di ieri... ma va tutto bene!' Sono sprofondati... ma per loro non
è successo assolutamente
nulla."

Non si può negare che una favola del genere sia ancora oggi di sconvolgente
attualità.

Ripeto, devo molto a quei miei maestri soffiatori di vetro e anche loro, Vi
assicuro, oggi sono
immensamente grati a Voi, Signori Membri dell'Accademia, per aver premiato
un loro allievo.

E in modo follemente esplosivo Ve lo manifestano. Infatti al mio paese
giurano che la notte in cui si è
saputo del Nobel a un loro concittadino fabulatore, si è sentito un
tremendo botto! Dal grande forno
della vetreria spenta da cinquant'anni, è esplosa una bordata di lava
infuocata e una miriade di
schegge di vetro fuso colorato s'è proiettata altissima in aria come in un
finale di fuochi d’artificio...
ed è ricaduta rovente nel lago, sparando gran vapore.

Mentre voi applaudite bevo un po' d'acqua; (rivolgendosi all'interprete) ne
vuoi anche tu? Importante
è che mentre beviamo voi parliate tra di voi perché se tentate di sentire
il glu glu glu che fa l'acqua
che scende ci va tutto di traverso e cominciamo a tossire. Allora parlate:
"o che bella serata che è
questa".

Secondo tempo: pagina nove. Ma adesso sarò veloce, non preoccupatevi.

Sopra tutti, questa sera a Voi si leva il grazie solenne e fragoroso di uno
straordinario teatrante della
mia terra, poco conosciuto non soltanto da voi e in Francia, Norvegia,
Finlandia... ma poco noto
anche in Italia. Ma che è senz'altro il più grande autore di teatro che
l'Europa abbia avuto nel
Rinascimento prima ancora dell'avvento di Shakespeare.

Sto parlando di Ruzzante Beolco, il mio più grande maestro insieme a
Molière: entrambi
attori-autori, entrambi sbeffeggiati dai sommi letterati del loro tempo.
Disprezzati soprattutto perché
portavano in scena il quotidiano, la gioia disperazione della gente comune,
l'ipocrisia e la spocchia
dei potenti, la costante ingiustizia. E soprattutto avevano un difetto
tremendo: raccontavano queste
cose facendo ridere. I1 riso non piace al potere. Ruzzante poi, vero padre
dei comici dell'Arte, si
costruì una lingua, un lessico del tutto teatrale, composto di idiomi
diversi; dialetti della Padania,
espressioni latine, spagnole, perfino tedesche, miste a suoni onomatopeici
completamente inventati.
Da lui, dal Beolco Ruzzante ho imparato a liberarmi della scrittura
letteraria convenzionale e ad
esprimermi con parole da masticare, con suoni inconsueti, ritmiche e
respiri diversi, fino agli
sproloqui folli del grammelot.

A lui, al Ruzzante, permettetemi di dedicare una parte del riconoscimento
prestigioso che Voi mi
offrite.

Qualche giorno fa, un giovane attore di grande talento mi ha detto:
"Maestro, tu devi cercare di
proiettare la tua energia, il tuo entusiasmo ai giovani. Questa carica che
tu hai devi darla a loro. Ai
giovani devi dare la conoscenza e la sapienza del tuo mestiere". Io e
Franca (mia moglie) ci siamo
guardati e abbiamo detto: "Ha ragione". Ma quando noi insegneremo un
mestiere, daremo una carica
effervescente di fantasia, poi a che cosa servirà, dove verrà portata
questa fantasia, questa vitalità,
questo entusiasmo, questo mestiere?

A che scopo e verso cosa far proiettare vitalità e entusiasmo?

Negli ultimi mesi mi è capitato con Franca di girare per parecchie
Università tenendo stages e
organizzando conferenze davanti a platee di giovani. La cosa che più ci ha
colpiti e quasi sconvolti, è
stato scoprire la loro ignoranza rispetto al tempo in cui stiamo vivendo.
Raccontavamo loro del
processo che si sta svolgendo in Turchia contro gli esecutori della strage
di Sivas. In Anatolia
trentasette intellettuali democratici fra i più prestigiosi del paese,
riuniti per ricordare un famoso
giullare del Medioevo ottomano, venivano bruciati vivi, intrappolati dento
un Hotel, in piena notte.
Ad appiccare il fuoco era stata una banda di fanatici integralisti ben
protetta da elementi di governo.
In una notte, trentasette fra i più importanti artisti, scrittori, registi,
attori e attrici, famose danzatrici
del rito curdo, sono stati all'istante cancellati dalla terra. In un sol
colpo quei fanatici avevano
distrutto, si può dire, gli uomini più importanti della cultura di quel paese.

Ascoltavano questo nostro racconto migliaia di studenti, che ci guardavano
attoniti, increduli. Non
sapevano nulla di quel massacro. La cosa che mi ha impressionato è che
anche i professori presenti
a questo mio discorso non ne sapevano niente. Eppure la Turchia è lì, nel
Mediterraneo, quasi di
fronte a noi, insiste per essere ammessa nella Comunità Economica
Europea... ma loro del massacro
nulla sapevano. Giustamente Salvini, un grande democratico del nostro
Paese, diceva: "L'ignoranza
diffusa dei fatti è il maggior supporto all'ingiustizia." Ma questa assenza
distratta dei giovani viene da
chi li educa e li dovrebbe informare, e costoro sono invece i primi assenti
e disinformati, parlo dei
maestri e dei responsabili della scuola. I giovani, in gran parte,
soccombono al bombardamento di
banalità e oscenità gratuite che ogni giorno i mass-media propinano loro:
telefilms truculenti dove in
dieci minuti avvengono tre stupri, due assassinii... un pestaggio e uno
scontro di dieci auto su un
ponte che crolla e tutti, macchine, autisti e passeggeri, precipitano nel
mare... solo uno si salva, però
non sa nuotare e annega fra le risate dei curiosi accorsi in massa.

In un'altra Università abbiamo denunciato il progetto, ormai in via di
realizzazione, della
manipolazione genetica... cioè di brevettare organismi viventi, proposto
dal Parlamento Europeo...
abbiamo sentito un gran gelo salire dalla platea. Io e Franca spiegavamo
come i nostri eurocrati,
stimolati dalle strapotenti e onnipresenti multinazionali, stanno
preparando un piano degno di un film
di fantascienza-trucida dal titolo "I1 fratello porco di Frankenstein".
Vogliono cioè approvare una
direttiva che (attenti alla trovata) autorizzi le industrie a brevettare
esseri viventi, o loro parti, create
con quella tecnica da apprendista stregone che è la manipolazione genetica.

Le cose andrebbero così: uno scienziato riesce, andando a mettere le mani
nel corredo genetico di
un maiale, a renderlo più simile all'uomo, col risultato, stravolgente, che
grazie a questo
arrangiamento sarà più facile staccargli il fegato, o un rene... a scelta,
per trapiantarlo in un uomo.
Ma per essere più sicuri che gli organi trapiantati attecchiscano,
bisognerà inserire nell'uomo delle
particelle del maiale che ne condizionino e modifichino la struttura;
avremo così, finalmente, un
uomo-maiale (voi direte che ne abbiamo già tanti) o un maiale-uomo... e
ogni parte di questo nuovo
essere si potrà brevettare, imporgli il copyright; e chi vorrà un pezzo di
questo porco umanizzato
dovrà pagare i diritti d'autore all'industria che lo avrà "inventato".
Malattie conseguenti, deformazioni
mostruose, morbi trasmettibili in massa... tutti sono optional inclusi nel
prezzo.

Il Papa è rimasto indignato da questa operazione, da questa mostruosità
genetica da bassa
stregoneria, e l'ha chiamata un obbrobrio contro l'umanità, contro la
dignità dell'uomo, l'ha insultata
ricordando che la morale in questo caso è spenta ed è ridotta a livello
sotto-animale.

La cosa incredibile è che nello stesso tempo c'è un americano, uno stregone
straordinario, voi l'avete
letto sul giornale sicuramente: è quello che taglia la testa a un babbuino
e poi mozza la testa a un altro
babbuino, prende la prima testa e la seconda testa e le scambia. I1
babbuino rimane un po' male. In
verità rimangono sempre paralizzati, tanto l'uno che l'altro, poi muoiono
ma l'esperimento è riuscito
che è una meraviglia. La cosa incredibile è che questo personaggio che si
chiama White, professor
White, sembra proprio Frankenstein. Questo White è membro dell'Accademia
delle Scienze del
Vaticano. Bisognerebbe avvertire il Papa.

Ecco, noi raccontavamo queste farse criminali ai ragazzi, agli studenti e
loro ridevano come dei matti:
dicevano di me e di Franca: "Ma come sono simpatici, si inventano delle
storie incredibili"; non
avevano assolutamente, neanche per 1'anticamera del cervello, 1'idea che
quello che raccontavamo
fosse vero. Allora sempre di più siamo convinti, come incitava Savinio, un
grande poeta italiano:
"raccontate, uomini, la vostra storia". Il nostro dovere di intellettuali,
di gente che monta in cattedra o
sul palcoscenico, che parla soprattutto con i giovani è quello non soltanto
di insegnare come si
muovono le braccia, come si respira per recitare, come si usa lo stomaco,
la voce, il falsetto, il
contraccampo. Non basta insegnare uno stile: bisogna informarli di quello
che succede intorno. Loro
devono raccontare la loro storia. Un teatro, una letteratura, una
espressione d'arte che non parli del
proprio tempo è inesistente.

Io sono andato ultimamente a un grande congresso con tantissima gente e
cercavo di spiegare a loro
e soprattutto ai giovani un processo che si è svolto in Italia, un processo
che si è sviluppato in sette
processi; alla fine di questi processi, tre politici di sinistra sono stati
condannati a 21 anni di carcere,
accusati di aver trucidato un commissario di polizia. Io ho studiato le
carte del processo come avevo
fatto con "Morte accidentale di un anarchico". Ebbene, raccontavo i fatti
di questo processo
assurdo, addirittura farsesco nel modo in cui è stato condotto, e a un
certo punto ho capito che
parlavo nel vuoto perché la gente non era al corrente degli antefatti, non
conosceva cosa era
successo cinque anni prima, dieci anni prima: le violenze, il terrorismo,
niente sapeva, non sapeva
delle stragi di stato avvenute in Italia, né dei treni che sono saltati in
aria, né delle bombe nelle piazze,
né dei processi che sono stati portati avanti come farse. I1 guaio
terribile è che per raccontare la
storia di oggi devo cominciare a raccontare la storia da trent'anni fa a
venire avanti, non mi basta
raccontare di adesso; e state attenti, questo succede dappertutto, in tutta
l'Europa. Io ho provato in
Spagna ed era lo stesso discorso, ho provato in Francia, ho provato in
Germania, devo ancora
provare qui da voi in Svezia, ma verrò a provare.

E per finire permettete che io dedichi una buona metà della medaglia che mi
offrite, a Franca.

Franca Rame, la mia compagna di vita e d'arte che Voi, Membri
dell'Accademia, ricordate nella
motivazione del premio come attrice e autrice, che con me ha scritto più di
un testo del nostro teatro.

                    Franca proprio in questo momento sta recitando in
Italia ma dopodomani
                    sarà qui: arriva a mezzogiorno, se volete venire
andiamo tutti insieme a
                    prenderla all'aeroporto. Franca è molto spiritosa, ve
lo assicuro. A dei
                    giornalisti che le chiedevano: "Ma scusi, lei come si
sente adesso ad
                    essere la moglie di un Nobel? Con un monumento in
casa?" rispondeva:
                    "Non sono preoccupata, non mi sento a disagio perché mi
sono sempre
                    allenata. Tutte le mattine faccio flessioni: mi piego
in due appoggiando le
                    mani a terra, così mi sono abituata a diventare
piedestallo al monumento.
                    Ci riesco benissimo." Vi avevo detto che è molto
spiritosa... e a volte
                    addirittura autolesionista nella sua ironia. Ma davvero
senza di lei per una
                    vita al mio fianco personalmente non ce l'avrei mai
fatta a meritare questo
                    premio. Insieme abbiamo montato e recitato migliaia di
spettacoli in teatri,
fabbriche occupate, Università in lotta... perfino in chiese sconsacrate,
in carceri, in piazza col sole e
la pioggia, sempre insieme. Abbiamo sopportato vessazioni, cariche della
polizia, insulti dei
benpensanti e le violenze. E soprattutto è lei, Franca, che ha subito la
più atroce delle aggressioni.
Lei, più di tutti, sulla sua pelle, ha pagato per la solidarietà che davamo
agli umili e ai battuti.

I1 giorno in cui mi è stato designato il Nobel mi trovavo davanti al Teatro
in via di Porta Romana, a Milano, dove Franca stava recitando, con
Giorgio Albertazzi, "Il diavolo con le zinne." All'istante è arrivata una
turba
di fotoreporter, cronisti, operatori con le loro telecamere. Un tram che
transitava in quel momento s'è fermato, il conduttore s'è sporto a
salutarmi, sono scesi tutti i passeggeri, mi applaudivano, mi volevano
stringere la mano per felicitarsi... ma poi si sono bloccati e tutti in coro
hanno gridato: "E Franca dov'è?" e hanno chiamato a gran voce
"Francaaa!" e lei dopo un po' è apparsa... frastornata... commossa alle
lacrime, ed è venuta ad abbracciarmi.

All'improvviso, come dal nulla, è apparsa una banda musicale di soli fiati
con tamburi, erano tutti ragazzi, che accorrevano da punti diversi della
città, musici che suonavano
insieme per la prima volta, hanno intonato "Porta Romana bella, Porta
Romana" a ritmo di samba.
Non ho mai sentito stonare a quel modo ma era la più bella musica che
Franca e io avessimo mai
ascoltato.

Credetemi, questo premio l'avete proprio dato a tutti e due.



Grazie.


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