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EDUCAZIONE E
SOCIETA’.
Dai totalitarismi alla
critica ideologica della pedagogia
di Laura Tussi
La riforma Bottai
costituisce la vera riorganizzazione scolastica del fascismo, negli anni
dell'autarchia, tramite l'extrascuola organizzata con l'opera nazionale
balilla del 1928 e la gioventù del littorio nel 1937, istituti finalizzati
all'attuazione di un processo di conformazione e uniformazione dei giovani
agli ideali del regime.
Hitler nel Mein Kampf
del 1925 diffonde l'intento militare dell'educazione all'interno del nuovo
Reich.
Stalin si allontana
dall'attivismo pedagogico, condannando la pedologia, ossia l'attivismo
pedagogico stesso, diffondendo metodi educativi ufficiali allineati,
uniformati e conformati all'ideologia di stato.
Con la crescita
scientifica della pedagogia, nel 1900 si sviluppano la pedagogia
sperimentale, la psicopedagogia, la sociologia dell'educazione,
nell'indagine scientifica sul bambino condotta da Freud, da Piaget, da
Vygotskij, con la ricerca specializzata relativamente al nesso tra
educazione e società, in rapporto alla politica e all'economia.
Freud individua il ruolo
centrale dell’emotività e dell'affettività nell'infanzia, in cui prevale la
funzione libidica e l'affermazione dell’eros e del narcisismo sottoposti ad
un continuo controllo sociale.
Durante l'infanzia, la
sessualità viene vissuta tramite le repressioni e le sublimazioni dell'opera
educativa genitoriale.
Nel rapporto edipico con
il padre, si sviluppa il super ego, ossia la dimensione sociale della
coscienza che manifesta la repressione della libido, da cui si generano le
nevrotizzazioni.
Queste teorie vengono
riprese da Anna Freud, Melanie Klein, Bowlby e Winnicott.
Bowlby, nel saggio
“Attaccamento e perdita” del 1969, delinea e declina la teoria
dell'attaccamento con un orientamento di tipo psicanalitico, in cui viene
spiegato che la relazione primaria tra bambino e madre (caregiver)
costituisce la radice primaria dello sviluppo umano e della formazione del
soggetto.
Nella seconda metà del
900 si assiste ad una radicale trasformazione della pedagogia, come sapere
plurale aperto, ricondotto dal primato della filosofia alle scienze.
Il sapere pedagogico
diviene un iter complesso e si apre a varie competenze settoriali.
Visalberghi nel saggio
“Esperienza e valutazione” del 1958 individua l'opposizione pedagogica tra
pragmatismo e neopositivismo e approfondisce le posizioni dell'ultimo Dewey
in un quadro psicologico, assiologico e valoriale di una pedagogia laico
progressista compresa in una complessa filosofia dell'esperienza.
Freire, nell'opera “La
pedagogia degli oppressi” del 1967, individua il principale obiettivo
dell'educazione, ossia emancipare gli uomini e formarli alla liberazione,
tramite il metodo della socializzazione e del dialogo delle classi più
povere per agevolarne l'ingresso nella cultura in modalità operative e
costruttive, attraverso un'opera collettiva di coscentizzazione delle
masse.
Bruner, nella prima metà
degli anni 50, costituisce la psicologia cognitivistica.
Con il saggio “La
ricerca del significato”, Bruner indica una nuova concezione della
pedagogia, attenta ai problemi dell'apprendimento e dell'istruzione
scientifica.
Gli interpreti del
cognitivismo sono Piaget, Bruner, Vygotskij.
Piaget è il teorico
dell'epistemologia genetica, un settore della psicologia che studia le
strutture logiche della mente nei processi cognitivi.
Secondo Piaget, la mente
infantile si fonda su concetti logici tramite i principi biologici
dell'assimilazione e del mutamento, nell'interrelazione tra mente e
ambiente.
Il pensiero infantile
attraversa quattro fasi.
La fase sensomotoria
sviluppa un pensiero egocentrico, con assenza di causalità.
Nella fase
intuitiva, il bambino distingue se stesso dal mondo.
Nella fase
operativo-concreta si attua il superamento dell'egocentrismo e il linguaggio
assume delle regole.
Con la fase
ipotetico-deduttiva si evolve una simbologia mentale, il linguaggio esprime
concetti astratti e il pensiero comincia ad elaborare ipotesi.
Secondo questi approcci
teorici, la mente attua procedure fisiologiche, strutture di base ed
elementi costitutivi quali strutture biologiche ed ereditarie.
Vygotskij intuisce che
la mente infantile è logica, ma soprattutto inventiva ed immaginativa e
sussiste interrelazione tra pensiero e linguaggio, sulla base della
psicologia genetica che individua le radici intrinseche e genetiche del
pensiero e del linguaggio.
Bruner con lo
strutturalismo psicopedagogico indica il ruolo del simbolo e la
riformulazione didattica in termini strutturali.
Con il saggio “Verso una
teoria dell'istruzione” del 1966, Bruner sostiene che cultura e tecnologia
devono armonizzarsi e la scuola può rinnovarsi con una nuova teoria
dell'istruzione, tramite unità didattiche, volte alla valorizzazione del
pensiero e del linguaggio, attraverso lo stimolo, l'incentivo alla
curiosità, all'interno della comunità di apprendimento.
Risulta necessaria la
cultura dell'educazione nell'apprendimento reciproco e nella complessità
degli obiettivi educativi dove subentra l'importanza della narrazione, quale
interpretazione della realtà della mente plurale e complessa in cui l'uomo
diviene costruttore di storia.
Gardner teorizza
l'esistenza di intelligenze multiple che attivano diversi stili di pensiero
e formae mentis, come spiega nel saggio del 1983 dal titolo appunto “Formae
mentis”.
L'obiettivo polemico di
questi studi consiste nel minare la nozione comune di intelligenza come
capacità assoluta e monolitica, invece Gardner vuole far emergere una
visione dell'intelligenza universale, in relazione con il potenziale umano,
da un punto di vista psicobiologico, dove la scuola possa valorizzare
individualmente ogni tipologia di capacità e di competenza intellettiva.
Il 68 muove una critica
ideologica dell'educazione con i movimenti studenteschi e operai, politici e
culturali che con la rivolta giovanile e la rivoluzione culturale hanno
sconvolto le istituzioni, i saperi, le scuole, le università, ispirati ai
principi del marxismo rivoluzionario.
La pedagogia costituisce
un sapere che deve scegliere di schierarsi per l'emancipazione e la
liberazione dell'uomo, in quanto soggetto, individuo e genere.
Si annoverano diverse
esperienze pedagogiche di carattere rivoluzionario, come in Francia
l'autogestione di Lapassade, in America e in Europa la descolarizzazione di
Illich e Freire, in Italia la controscuola, con la scuola di Barbiana di Don
Milani, come modelli di rottura e di rivoluzione rispetto a pratiche
scolastiche ed educative tradizionali, conformistiche, formalistiche e
deontologiche, introducendo invece cambiamenti sostanziali, con l’apporto
rivoluzionario di approcci e modelli educativi e pedagogici, capaci di dare
vita a soggetti più creativi indipendenti e orientati al dissenso.
Dunque descolarizzare la
società per sottrarre l'apprendimento e la formazione dei giovani
all'ideologia del potere e riportare questi processi all'interno di tutta la
società, tramite una pedagogia alternativa che organizza l’apprendimento in
ambiti sociali senza istituzionalizzare.
Illich con il saggio
“Descolarizzare la società” del 1970, inaugura un modello di società
educante dove si avverte la rinascita di un uomo epimeteico che comprende e
apprende attraverso l’esperienza.
Con la carta
costituzionale del 1948 è riconosciuto il diritto all'istruzione per tutti i
cittadini nelle scuole di Stato, al fine di formarli come soggetti autonomi
e responsabili.
Nel 1962 la riforma
della scuola media aumenta il tasso di scolarizzazione in Italia.
Nel 1974 i Decreti
Delegati inaugurano la gestione sociale della scuola.
La scuola italiana si
evolve in modo disorganico fino all'autonomia scolastica di Berlinguer nel
2000 e la riforma Moratti nel 2003.
Con l'industria
culturale dei massmedia, la rivoluzione pedagogica agisce sull'immaginario
della personalità infantile e adolescenziale con condizionamenti e
omologazioni planetarie, transcontinentali e transculturali, nel villaggio
globale, ma il linguaggio iconico massmediale depaupera l'intelligenza
verbale, concettuale e logica.
Morin, con “L'industria
culturale” del 1962, deduce che la seconda industrializzazione del XX secolo
si rivolge a immagini e saperi, producendo nuovi miti massmediali, legati al
loisir, come la felicità, l'amore, quali archetipi di massa e segnali di
evasione, ma anche di integrazione della cultura dominante.
Postman, nel saggio
“Ecologia dei media” del 1979, sostiene che fra televisione e scuola deve
crearsi un circuito omeostatico ed equilibrante di integrazione critica,
perché la televisione non cancelli le capacità di pensiero astratte e
formali.
La scuola prevede
regole, principi, norme e processi, quali aspetti cognitivi alti, ponendosi
dialetticamente in correlazione con la televisione che non dovrebbe
cancellare il carattere critico della mente.
La scuola deve operare
una resistenza attiva all’ottundimento delle potenzialità intellettive.
Popper, con “Cattiva
maestra televisione” del 1994, sostiene che la televisione presuppone
soggetti passivi e ricettori poco autonomi, inquinando lo sviluppo etico e
psicologico del fanciullo.
La filosofia
dell'educazione è un ambito specifico del sapere pedagogico, quale
arcipelago e incrocio di saperi plurali, tensionali, policentrici.
La pedagogia attraverso
i saperi psicologici, sociologici, antropologici, filosofici e storici
costituisce una base cognitiva, secondo cui il sapere pedagogico orienta le
diverse scienze in senso educativo e formativo.
L'educazione presenta un
carattere sociale ed istituzionale con una direttiva autoritaria e
conformatrice.
Invece, la formazione è
un processo soggettivo, in cui la persona prende forma secondo la propria
natura e individualità.
I processi di educazione
e formazione sono affrontati dalla pedagogia generale nelle situazioni
storiche, sociali, istituzionali, attivando una serie di pedagogie
famigliari e scolastiche, rispetto a problemi emergenti quali la
multicultura e la differenza sessuale che animano i percorsi sempre
coordinati dall'educazione e dalla formazione.
Nell'attuale questione
del soggetto si delinea il problema del rapporto tra mente e affetti, mente
e corpo che attualmente ha un ruolo decisamente radicale nel dibattito
pedagogico.
La società complessa,
disciplinata, autoritaria del dopoguerra, appena uscita con il boom
economico da sacrificate condizioni di vita, fu investita da uno
sconvolgimento socioculturale, un impeto libertario, un anelito al
cambiamento, nell'attesa di nuovi orizzonti, di fraternità nuova, di
rapporti autentici, di una società aperta all’uomo e alla donna, dove gli
schiavi si liberano, la pace sostituisce la guerra, il lavoro si umanizza e
perde il suo carattere servile, la scuola, impostata su una vecchia cultura,
diventa vitale appassionante, con studenti e docenti che dialogano e
collaborano, considerando le inclinazioni e gli interessi dei giovani.
Attraverso la svolta rivoluzionaria militante del 68, la società
capitalistica, che schiavizza e sottomette l'uomo, viene posta sotto una
serrata critica culturale e ideologica, dove uomini e donne possono aprirsi
al dialogo e al cambiamento, in una continua, incalzante ed epimeteica
dialettica tra credenti e non credenti, fra studenti e operai, tra mondo
della Cultura e popolo, nella pluralistica prospettiva educativa ed
emancipativa del soggetto e della persona.
Negli anni del 68 la
liberazione della donna da ogni soggezione è un'altra conquista rispetto
all'inaccettabile struttura maschilista della società, dove anche l'amore
viene liberato dal moralismo repressivo nella spontaneità contro la rigida
disciplina, la libertà contro l'autorità, il diritto alla gioiosa vitalità
contro il sacrificio.
La società capitalistica
schiavizza e sottomette l'uomo con i consumi non necessari ed il culto del
profitto, imponendo tramite la morale della Chiesa cattolica, che imprigiona
gli istinti liberatori delle energie naturali dell'individuo e della persona
nella repressione della sessualità, dove la famiglia diventava una prigione
fonte di nevrosi.
Tramite il movimento
rivoluzionario del 68, gli uomini e le donne possono cambiare perché la
persona è finalmente libera, capace di scelte autonome, inserita in un
dialogo di idee tra uomini e donne, tra credenti e non credenti, fra
studenti e operai, fra la Cultura e il popolo, nella prospettiva di
educabilità delle persone.
Il mondo può essere
cambiato, la società degli egoismi può essere rivoluzionata e riformata
dall'iniziativa collettiva e partecipativa di persone e di gruppi, nella
scelta di non rimanere esclusi, ma di svolgere, all'interno degli
avvenimenti socio politici, un ruolo di presenza critica, educativa, facendo
emergere la validità delle proposte culturali in ambito sociale, politico,
collettivo, tramite una dimensione militante e partecipativa del concetto di
cultura.
Laura Tussi