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Re: [pace] "Costruiamo insieme una politica davvero nuova" -- IL PD E LA la SFIDA PER LA PACE di M. Toschi
- Subject: Re: [pace] "Costruiamo insieme una politica davvero nuova" -- IL PD E LA la SFIDA PER LA PACE di M. Toschi
- From: Marco Mayer <mayerkos at yahoo.it>
- Date: Mon, 24 Sep 2007 15:50:41 +0200 (CEST)
Che ne pensate, a me è piaciuto, aspetto i vostri commenti efatelo circolare un caro saluto marco mayer --- Info - Tavola della Pace <info at perlapace.it> ha scritto: > > Oggetto: "Costruiamo insieme una politica davvero > nuova!" - ______________________________________________________ Ecco il testo inviato a fine agosto dall'assesore toscano massimo toschi ai candidati nazionali per la segreteria del PD. All'appello ha risposto solo Rosy Bindi accogliendolo ed inserendolo nel suo sito. ------------------------------------------------------- ------------------------------------------------------- Il PD e la sfida della pace La nascita del Partito Democratico può e deve essere l’occasione di un ampio confronto sulla cultura politica del nuovo partito, senza operazioni sofistiche, senza abilità retoriche, ma cercando nella storia di ciascuno le radici di una nuova, più grande e più ambiziosa avventura politica. Sorprende che, in questa fase delle candidature, nei discorsi di investitura non compaia in nessun modo il tema della pace e della guerra (appena qualcosa di generico nel testo Bindi), di un nuovo ordine internazionale, che, rafforzato dall’iniziativa europea, rilanci il processo di pace nel Medio Oriente, e costruisca un nuovo partenariato euroafricano. Non si tratta di aggiungere un tema tra gli altri. Dobbiamo riflettere sul fatto che il governo dell’Unione e’ caduto il 21 febbraio scorso proprio su questo problema, ad indicare nodi irrisolti di cultura politica che hanno attraversato tutto il centrosinistra. Non basta indicare che siamo per il multilateralismo, per il rispetto dell’art.11 della Costituzione e per un peso determinante delle organizzazione internazionali, in primis l’Onu, per la risoluzione dei conflitti. Questo non e’ bastato nella crisi di febbraio e potrebbe non bastare in situazioni analoghe, che si potrebbero riproporre. Al di là di questo è necessario prefigurare un grande orizzonte internazionale, nel quale l’Europa e l’Italia diventino protagonisti di una politica di unità e di sviluppo del mondo, senza la quale il nostro Paese non troverà il respiro lungo per crescere. Allora è necessario indicare alcuni punti di cultura politica, che possano orientare il pensiero e la prassi del nuovo partito, oltre le retoriche giustapposizioni tra radicali e riformisti, tra pacifisti e realisti: 1) il tempo della guerra, il tempo della violenza Dalla metà degli anni ‘90 fino ad oggi la guerra ha mostrato una radicale incapacità di risolvere i problemi, al contrario li ha aggravati e complicati. Dalla tragedia dei Balcani, fino al Kosovo, all’Afghanistan e all’Irak, la popolazione civile e’ stato il vero ostaggio dei conflitti. L’11 settembre e il terrorismo hanno spinto alla guerra, con l’unico risultato di fare della guerra l’unica cifra della politica, moltiplicando la paura. E’ stata la paura che ha generato il tempo della guerra, dove la guerra non e’ più solo uno strumento estremo, ma e’ la dominante culturale che seduce popoli e governi. In questo orizzonte non possiamo dimenticare i conflitti a bassa intensità (con armi leggere), che hanno devastato l’Africa e i la zona dei grandi laghi, con un numero sconfinato di vittime. E’ cresciuta la violenza contro l’ambiente, fino ad arrivare quasi ad un punto di rottura, prefigurando una catastrofe climatica. I fondamentalismi hanno consolidato la cultura dello scontro di civiltà e troppo spesso le grandi religioni monoteiste si pensano come nemiche e in conflitto tra di loro. Il mercato delle armi ha fatto un balzo enorme tra la fine degli anni 90 e l’inizio degli anni duemila. Ad oggi ogni anno si spendono circa 1050 miliardi di dollari in armamenti, con un aumento medio del 25% dal 2001. L’innalzamento del picco delle spese militari significa inevitabilmente la diminuzione di investimenti per la realizzazione degli obiettivi del millennio. Oggi, nel tempo della guerra e della violenza, non basta più una cooperazione comunque. Oggi la sfida e’ una cooperazione per la riconciliazione. Il vero obiettivo del cooperare diventa la riconciliazione tra stati, popoli, società e culture. In questo senso la cooperazione esce da uno spazio residuale e diventa parte costitutiva di una grande politica di pace, di sviluppo sostenibile, di affermazione della democrazia e dei diritti umani. Al centro di questo grande disegno stanno le comunità locali, che diventato l’espressione della società civile organizzata e al tempo stesso i veri soggetti della pace e dello sviluppo. Se non si costruiscono comunità locali in grado di scegliere il proprio destino, se non si costruiscono reti globali di attori locali anche gli stessi grandi e ambiziosi programmi di pace, sviluppo e democrazia (uno per tutti gli obiettivi del millennio) non incontreranno i veri protagonisti di questo processo decisivo non solo per il sud del mondo, ma per l’intero pianeta. Qui davvero l’Europa incontra il mondo. Non l’Europa della riconciliazione senza pentimento, come la vorrebbe Sarkozy, ma l’Europa della pace e del dialogo, che sa riconoscere lealmente i suoi errori, che accetta la conversione della sua politica, abbandonando definitivamente la cultura del dominio, delle chiusure ideologiche e delle catture politiche. 2) Il multilateralismo per la pace Per sconfiggere la guerra e la sua cultura dobbiamo costruire un multilateralismo per la pace, nel quale le organizzazioni internazionali e l’Onu in primo luogo possano svolgere una azione innovativa per prevenire i conflitti e per risolverli pacificamente là dove ci sono. L’uso della forza non può mai essere il modo astuto per fare la guerra, fino al punto di diventare sinonimi. Questo è accaduto in Kossovo, in Afghanistan, in Irak. La vicenda libanese dell’anno scorso segna un elemento interessante di novità. Per la prima volta non si e’ andati a combattere una guerra, più o meno camuffata, ma a realizzare una interposizione militare efficace, su richiesta esplicita delle due parti in conflitto. Il multilateralismo per la pace punta a creare un riforma importante della Nazioni Unite, che diventano l’architrave di questo tipo di politica, domanda all’Europa una azione corale e coraggiosa, coerente con la sua cultura e la sua vocazione. L’Europa ha oggi bisogno di riformare rapidamente, con coraggio e lungimiranza le sue strutture istituzionali e di governo, per essere soggetto attivo di quel multilateralismo della pace, che i popoli del mondo domandano e di cui oggi c’è assoluto bisogno. 3) Il no alla guerra e alla sua cultura. Il nostro no alla guerra non e’ di tipo ideologico, ma storico e politico. Se guardiamo alla guerra oggi per il 90% produce vittime civili, di cui il 30 % sono bambini. Questo significa non solo uccidere, ma seminare odio in misura infinita, al punto che in certe situazioni del mondo sembra impossibile ricostruire forme nuove di convivenza, che siano capaci di chiudere il conflitto. Quando si scopre il vaso di pandora della violenza, oggi appare difficilissimo, per non dire impossibile tornare indietro, poter ricostruire le società, nel diritto di tutti e di ciascuno. Se guardiamo al conflitto irakeno, si e’ raggiunto un punto di non ritorno, per cui qualunque scelta e’ incapace di avviare processi di ricomposizione della società irakena e continua giorno dopo giorno la serie infinità di attentati, con numeri di morti imponenti. Anche il nostro ritiro, che pure abbiamo voluto in modo determinato sembra un pallido ricordo di fronte a questa metastasi della violenza senza fine, che sta portando l’intero paese sull’orlo dell’abisso. Dopo il ritiro, siamo senza politica e afoni di fronte agli immensi e sempre più gravi problemi che devastano la società irakena. La vicenda afgana e’ certo diversa, ma con conclusioni simili. E’ chiaro che in quel paese nessuno vincerà la guerra e le azioni di Isaf, che a partire dal febbraio 2006 si sono fuse con l’iniziativa americana, non potranno mai ottenere risultati significativi sul piano militare, data la conformazione del territorio e la tipologia del nemico da combattere e il suo radicamento sul territorio. La continua uccisione di civili rende visibile il fallimento politico e morale di questa strategia, e allontana in modo drammatico una prospettiva di cooperazione, sulla quale definire una effettiva road map per quel paese. La forte testimonianza di Emergency, che da dieci anni opera in quel paese, avendo curato oltre un milione di afghani, guadagnandosi una stima indiscussa tra la popolazione, mostra che e’ possibile una alternativa alla guerra, capace di ricomporre la società e spezzare il terrore . 4) La cruna d’ago del Medio Oriente. Ma la cruna d’ago della pace e della guerra e’ il Medio Oriente. Solo se si farà pace a Gerusalemme, sarà possibile debellare il fondamentalismo religioso e politico, costruire relazione nuove in tutta l’area, nel dialogo fecondo ed efficace tra le grandi religioni monoteiste e bonificare i giacimenti di odio del terrorismo. Dopo la crisi libanese dell’anno scorso e lo scontro militare a Gaza tra i movimenti politici palestinesi, tutto sembra complicarsi e l’iniziativa politica dell’Onu e del quartetto sembra procedere a sprazzi. La nomina spettacolare di Tony Blair e l’attivismo di Sarkozy sembrano rivelare più azioni di superficie che interventi coraggiosi e lungimiranti in profondità. In Libano per la prima volta su richiesta del governo libanese e del governo israeliano si e’ creata una forza di interposizione Onu, attualmente a guida italiana, che ha fermato la guerra e creato le condizione per la ripresa di una iniziativa diplomatica e di cooperazione in tutta l’area. Il nostro stesso paese, che pure ha avuto un ruolo decisivo per risolvere il conflitto dell’estate 2006, dovrebbe accompagnare la presenza militare di interposizione con una azione politica e di cooperazione più costante e meno frammentaria, in un contesto dagli equilibri complicatissimi e difficilissimi. Il dialogo va fatto con tutti, assumendosi ciascuno impegni precisi in ordine alla pace, cercando vie originali alla soluzione del conflitto. Il precipitare della crisi palestinese, con un unico popolo e due governi, domanda una vera e propria svolta nell’azione delle Nazioni Unite, dell’Europa e anche del nostro paese, che oggi appare un interlocutore assolutamente apprezzato e di prestigio di fronte ai due popoli,che cercano la pace. Non basta una soluzione diplomatica, pur difficilissima. E’ necessario coinvolgere le due società civili organizzate, partendo dai bambini palestinesi, defraudati di futuro da una politica violenta, e dalla domanda di esistenza e di sicurezza del popolo d’Israele. Mai come in questo conflitto è necessario partire da qui, per costruire processi di riconciliazione tra le due società e per ascoltare la nuova agenda della politica, che pone la pace al primo posto, rispetto agli interessi di ciascuno. L’Italia può avere un ruolo importantissimo in questo processo, per la molteplicità dei soggetti che riesce a mettere in campo in tutto il Medio Oriente, avendo un ruolo di punta nell’attività di cooperazione. Una cooperazione per la riconciliazione. Questo e’ il punto decisivo: si costruisce la pace non solo con la diplomazia e con i governi, ma cooperando per far risorgere le società, a partire da coloro che pagano il prezzo più alto del conflitto. E’ un’azione convergente che parte dalla vita dei piccoli, che mobilità le forme organizzate della società civile, per arrivare al tavolo della diplomazia e dei capi di governo. Solo così il Medio Oriente potrà sperimentare una nuova via alla pace, che alimenti la speranza in un futuro diverso. La riconciliazione genera il tempo della speranza e la speranza apre alla riconciliazione. In questo quadro si devono trovare tempi e modi del dialogo,del dialogo con tutti, ma senza timidezze e opportunismi, senza doppiezze e astuzie. E’ netto il sostegno alla ANP e all’azione di Abu Mazen, senza demonizzare Hamas e senza pensare a forme rapide di dialogo. Va sostenuto il governo israeliano in una politica che arrivi in tempi brevi alla pace, in quadro di stabilizzazione di tutta l’area. La pace sarà possibile se nei due popoli crescerà la cultura della riconciliazione e ciascuno saprà assumere il dolore e il diritto dell’altro. 5)Un nuovo partenariato Europa –Africa. Nella sfida del futuro l’Europa e’ chiamata a costruire nuovi rapporti con l’Africa. Da sola non riuscirà a reggere il confronto con la grande Asia e con le Americhe. L’Africa sta faticosamente cominciando a muoversi e può e deve diventare partner essenziale dell’Europa. Solo un partenariato euroafricano forte potrà avere un peso specifico tale, da pesare nel nuovo ordine politico ed economico del mondo. Nella nuova politica dell’Europa per l’Africa, un ruolo decisivo lo può avere il nostro paese. Non siamo vincolati dal peso di una ingombrante stagione coloniale, c’e’ solo bisogno di ritessere i fili di rapporti, che nel tempo si sono consumati. Dopo anni di assenza il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Esteri sono tornati a visitare i paesi africani e a diventare protagonisti di questo nuovo dialogo euroafricano, con risultati significativi e importanti. Deve crescere in modo significativo l’impegno della nostra cooperazione, non solamente come assistenza allo sviluppo o come generica azione umanitaria, ma come parte costitutiva e fondamentale di una grande politica di pace e di sviluppo, di diritti e di democrazia. Da questo punto di vista non si tratta solo di investire ulteriori risorse finanziarie, pur necessarie per raggiungere nel 2011 l’0,70 del PIL, ma di costruire un dialogo euroafricano di tipo nuovo, dove ciascuno e’ davvero protagonista alla pari, nell’ascolto gli uni degli altri, per elaborare una politica comune e condivisa, che favorisca la crescita insieme dell’Unione Africana e dell’Unione Europea. Oggi l’Africa ci consegna la grande cultura di Nelson Mandela e domanda pace e riconciliazione, abbattendo il muro di povertà che divide il sud dal nord del mondo. L’Europa e l’Italia devono essere all’altezza di questa sfida, favorendo il rinnovamento della classe dirigente africana, sostenendo il decentramento politico e amministrativo, che oggi appare uno dei luoghi decisivi, su cui costruire il nuovo governo del continente. Si sconfiggono le grandi pandemie, che uccidono milioni di bambini, e si abbatte la fame e la siccità, non con la retorica dell’assistenza e dell’umanitarismo compassionevole, ma con grandi politiche, che valorizzino la società civile africana nelle sue forme di autogoverno, e che sostengano i governi africani più coraggiosi e innovativi. L’Africa ha grandi risorse umane ed economiche e riconciliarsi con l’Africa significa non solo riconoscere gli errori di una politica europea coloniale, che ha puntato al dominio, una politica che ha ucciso generazioni di africani, ma costruire una politica nuova, che faccia dell’Europa e dell’Africa un unico soggetto di pace, di sviluppo e di stabilità nel mondo. Questi cinque punti, sono per il partito democratico come i cinque libri della Legge. Senza misurarsi su di essi, la pace diventa retorica, parola vuota e insignificante. Assumendo questi cinque punti è possibile costruire una nuova cultura della pace . In questo contesto e’ necessario arrivare il più rapidamente possibile all’approvazione della nuova legge sulla cooperazione internazionale, che dia strumenti nuovi per una cooperazione all’altezza dei tempi, che sappia coniugare riconciliazione e democrazia, sviluppo e diritti umani. La cooperazione come pezzo di una grande politica estera di pace con il sud del mondo e con i paesi in guerra,uscendo dai fragili e resistenti recinti dell’umanitarismo compassionevole e dell’economicismo sviluppista. Su questo chiediamo una risposta seria e vigorosa ai candidati alla responsabilità di segretario. A noi preme una politica di pace, che non si chiuda nei vecchi recinti dell’ideologia, ma che sappia misurarsi sulle sfide drammatiche del mondo, la dove si gioca la vita di milioni di persone. Affidiamo questa riflessione a tutto il nuovo partito, che sta nascendo, perchè sulla pace non si può essere timidi. La pace e la riconciliazione sono i nuovi nomi del futuro. Massimo Toschi > > > Cara amica, caro amico, > > non c'è pace senza una politica di pace. Lo abbiamo > detto e > ripetuto tante volte. Se il mondo continua ad andare > nella direzione > sbagliata è perché c'è una politica malata, una > politica basata > sulla guerra, sulla volontà di potenza e sullo > sfruttamento. Ma non > c'è un'alternativa alla mala politica se non > costruirne una > nuova, davvero nuova, fondata sui diritti e i > bisogni delle persone. > > La prossima Marcia Perugia-Assisi vuole riunire > tutti coloro che si > vogliono impegnare a costruire la pace costruendo, > dal basso, una > nuova politica genuinamente nuova che si impegni a > salvare dalla > morte certa coloro che sono ancora privati dei > fondamentali diritti; > una politica che metta al bando la guerra e > riconosca la pace come > diritto fondamentale della persona e dei popoli; una > politica > impegnata a costruire la pace tra i popoli e tra le > persone, tra gli > stati e dentro gli stati; una politica tesa a > difendere e attuare, > secondo principi di giustizia fatti propri dal > diritto internazionale > dei diritti umani, il bene comune universale e a > costruire un ordine > internazionale pacifico e democratico; una politica > impegnata a > riconoscere, garantire e promuovere i diritti umani, > la solidarietà e > la responsabilità di tutti. > > Questo abbiamo scritto nell'appello di convocazione > della Marcia per > la pace Perugia-Assisi che si svolgerà domenica 7 > ottobre 2007 con lo > slogan "tutti i diritti umani per tutti". > > Ti invitiamo a diffondere questo appello e a fare > ogni sforzo per > sollecitare la più ampia partecipazione alla Marcia > e alle iniziative > che la precederanno. La settima Assemblea dell'Onu > dei Popoli e la > terza Assemblea dell'Onu dei Giovani, convocate > rispettivamente a > Perugia e a Terni il 5 e 6 ottobre prima della > Marcia, saranno > un'occasione unica per approfondire questi temi e a > rafforzare il > nostro comune impegno. > > Come sai, puoi trovare tutte le informazioni sul > sito www.perlapace.it. > > Contiamo sulla tua collaborazione. > > > Flavio Lotti e Grazia Bellini > Coordinatori nazionali > > Tavola della pace > > > > Perugia, 22 settembre 2007 > > > Allegato: Appello Marcia per la pace Perugia-Assisi > - 7 ottobre 2007 > > *** > > "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in > dignità e diritti." > > Eppure, ancora oggi, alla vigilia del 60° > anniversario della > Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, > centinaia di milioni di > persone sono costrette a sopravvivere e spesso a > morire senza > conoscere il sapore della pace, della libertà, della > giustizia e > della democrazia. E' intollerabile! > > > Domenica 7 ottobre 2007 > > Marcia Perugia-Assisi > > per la pace e la giustizia promuoviamo insieme > > "tutti i diritti umani > > per tutti" > > > > Appello > > "La riduzione del fatto "guerra" va accompagnata con > la > capacità di costruire la pace, di dare un sale ad > essa, di riferirla > ad un nuovo uomo, e nuova società, e nuova realtà". > Aldo Capitini > > > Il mondo ha bisogno urgente di una politica nuova e > di una nuova > cultura politica nonviolenta fondata sui diritti > umani. Appelli, > allarmi, rapporti e proposte continuano ad essere > deliberatamente > ignorati da coloro che hanno il dovere e la > possibilità > d'intervenire. Più passa il tempo più i problemi si > aggravano e le > soluzioni che ieri sembravano a portata di mano oggi > diventano più > difficili. Sempre più spesso la politica interviene > quando > l'emergenza è esplosa, rivelando così la sua > crescente incapacità > di prevenire e risolvere i problemi. Il risultato è > che il mondo > diventa sempre più fragile, violento, ingiusto e > insicuro. Crescono > le sofferenze delle persone, le disuguaglianze, le > ingiustizie, lo > sfruttamento, l'esclusione, l'illegalità, le > violazioni dei > diritti umani, l'intolleranza, il razzismo, > l'impoverimento, la > disoccupazione, la precarietà e la violazione dei > fondamentali > diritti del lavoro, la devastazione ambientale e la > distruzione delle > risorse naturali, la mercificazione dei beni comuni > universali, il > ricorso alla violenza, alla guerra e alla giustizia > "fai-da-te", i > traffici di ogni tipo di arma. Per questo si > diffondono tra le > persone, anche nel nostro paese, preoccupazione e > insicurezza, > risentimenti, nazionalismi e conflitti e, allo > stesso tempo, si > aggrava l'indifferenza e l'egoismo. > Eppure la storia non è fatale. Per quanto la > situazione > dell'umanità sia grave e complicata, c'è sempre la > possibilità > di trovare un'alternativa. Guardiamo ai segni dei > tempi, ci > accorgeremo che le alternative esistono e che le > esperienze positive > non mancano. Quello che manca, e che dobbiamo invece > rivendicare con > forza, è una politica genuinamente nuova che si > impegni a salvare > dalla morte certa coloro che sono ancora privati dei > fondamentali > diritti; una politica che metta al bando la guerra e > riconosca la > pace come diritto fondamentale della persona e dei > popoli; una > politica impegnata a costruire la pace tra i popoli > e tra le persone, > tra gli stati e dentro gli stati; una politica tesa > a difendere e > attuare, secondo principi di giustizia fatti propri > dal diritto > internazionale dei diritti umani, il bene comune > universale e a > costruire un ordine internazionale pacifico e > democratico; una > politica impegnata a riconoscere, garantire e > promuovere i diritti > umani, la solidarietà e la responsabilità di tutti. > > In presenza di un pericolo maggiore occorre > mobilitare maggiori > energie. Quanto più si aggrava la crisi della > politica, === message truncated === ___________________________________ L'email della prossima generazione? Puoi averla con la nuova Yahoo! Mail: http://it.docs.yahoo.com/nowyoucan.html
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