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Campagna ''Liberiamo l'acqua dalla plastica, beviamo quellapubblica''
- Subject: Campagna ''Liberiamo l'acqua dalla plastica, beviamo quellapubblica''
- From: "Daniele Barbieri" <pkdick@fastmail.it>
- Date: Tue, 13 Jan 2004 13:23:22 +0100
Campagna ''Liberiamo l'acqua dalla plastica, beviamo quella pubblica''. Un
metro cubo di acqua minerale costa più del doppio di un metro cubo di
petrolio e circa mille volte di più dell'acqua di rubinetto. In più il
consumatore non sa cosa contiene, perchè l'etichetta è incompleta, i
controlli sono scarsi e costa poco estrarla. Una specie di pietra filosofale
per gli imprenditori del settore, finché i consumatori saranno così
sprovveduti ...
Fonte: AIAB, Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica
http://www.aiab.it bioagricultura@aiab.it
Il Gruppo ambientale Gaia del Comitato delle Associazioni per la Pace di
Trento e il Gan (Gruppo di Azione Nonviolenta) rilanciano la campagna
''Liberiamo l'acqua dalla plastica, beviamo quella pubblica'' in un momento
di forte attenzione sul grande business delle acque minerali causato da
'Acquabomber'. I due gruppi impegnati nell'ecologia e nella nonviolenza
sostengono che il mercato delle acque minerali che si è triplicato negli
ultimi quindici anni raggiungendo un fatturato da 4.500 miliardi, di cui
1.500 spesi in pubblicità. Dal quaderno ''Acque minerali ed acque potabili
tra qualità e business'' prodotto dalla Fondazione ICU - Istituto
Consumatori e Utenti promossa da Federconsumatori - si apprende che il 46,5%
degli italiani bevono acqua minerale (primi in Europa) con un consumo pro
capite di 160 litri. ''Se analizziamo il prezzo delle acque minerali -
continua la nota - scopriamo che un metro cubo (da 370.000 a 3 milioni di
lire) costa più del doppio di un metro cubo di petrolio (150.000 lire). Ma
la 'fregatura' delle acque minerali - proseguono Gaia e Gan - non sta solo
nel costo che può arrivare fino a 1.000 volte di più dell'acqua da rubinetto
ma anche nel contenuto. La Direttiva della Comunità Europea CEE 96/70 del
1996 che stabilisce l'obbligatorietà di riportare la composizione analitica
delle sostanze presenti nell'acqua minerale non è mai stata recepita
dall'Italia e quindi nelle etichette non sono riportate tutte le sostanze
tra cui ammoniaca, ferro, manganese, rame, zinco. Per altre sostanze invece
viene richiesto di indicare i parametri solo quando superano i limiti per le
acque di rubinetto: antimonio, arsenico, cadmio, piombo, idrocarburi. Ma
nessuno dice mai ai consumatori che la soglia dei nitrati è pari a 50
milligrammi per litro per gli adulti e 10 milligrammi per litro per i
bambini''. ''Ma per le acque in bottiglia che superano i 10 milligrammi per
litro di nitrati - continua la nota - non è riportata l'informazione che
quell'acqua non è adatta per i bambini. E sul credo della sicurezza delle
acque minerali ecco che si scopre che le acque di rubinetto sono molto più
monitorate rispetto a quelle in bottiglia, sono più sicure per la salute,
più economiche e rispettose dell'ambiente. Da non dimenticare - conclude la
nota - i costi di concessione: un decreto regio del 1927 stabilisce che il
canone di concessione è proporzionale alla superficie del giacimento e non
alla quantità di acqua estratta. Ma il canone di concessione in tanti casi
non è sufficiente neppure per recuperare i costi amministrativi di
riscossione alle regioni. E quanto paga alla Provincia di Trento la
multinazionale Nestlè per la concessione dell'acqua Pejo?''. (Ansa).
NOTA di DANIELE: sull'argomento vi segnalo anche che è appena uscito un
documentatissimo libro-inchiesta, cioè "Vogliono darcela a bere" da Fratelli
Frilli editore (è di un giornaliasta di "Famiglia cvristiana" del quale ora
mi sfuggeil nome)