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(Fwd) E' legge il lavoro a punti
- Subject: (Fwd) E' legge il lavoro a punti
- From: "Davide Bertok" <bertok.davide@tiscali.it>
- Date: Mon, 04 Aug 2003 12:30:06 +0200
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E' legge il lavoro a punti
Argomento: ::| Primo Piano Data: 1/8/2003
E' legge il lavoro a punti
Il governo ha varato in via definitiva la riforma Biagi
sul mercato del lavoro
Via libera al «job on call»: operai trasformati in
lavoratori-squillo. Ma si può anche venire affittati a
vita, grazie allo «staff leasing». Aumentano le
discriminazioni nei confronti dei disabili: addio alle
quote obbligatorie di assunzione, tutti in appalto I
co.co.co. spariscono, sostituiti dai «contratti a
progetto», una nuova forma di autonomi. I sindacati
faranno collocamento e certificazione, snaturando il
proprio ruolo. Prc: «Lavoratori sempre più soli». La Cgil:
«E' il self-service della precarietà»
di ANTONIO SCIOTTO
La diga è stata aperta definitivamente, il fiume della
precarietà non avrà più argini: ieri il governo ha varato
il decreto attuativo della «riforma Biagi», l'ultimo passo
per l'entrata in vigore ufficiale. Dai primi di settembre,
dunque, le imprese potranno stipulare i primi contratti di
job on call (lavoro a chiamata) e staff leasing (affitto
di squadre). I sindacati faranno collocamento e
certificazione (enti bilaterali). L'articolo 18 e l'intero
Statuto dei lavoratori diventano un ...... residuato
preistorico con la cessione liberalizzata dei rami
d'azienda: le singole imprese potranno autospezzettarsi a
piacimento, clonando nuove aziende sotto i 15 dipendenti.
Ma anche - ciliegina lasciata alla fine - è rientrato
dalla finestra (dopo che era stato espunto dalla delega)
un articolo che riguarda i lavoratori disabili. La legge
che fino a oggi obbligava all'assunzione diretta di
portatori di handicap potrà infatti essere aggirata: per
soddisfare le quote, le aziende potranno limitarsi ad
assegnare delle commesse a cooperative sociali di cui i
disabili risultino dipendenti. Il part time sarà più
elastico, l'orario potrà essere cambiato con un certo
preavviso. Tutto un programma, poi, il job sharing, un
solo posto ripartito tra due lavoratori: nelle elezioni
dei rappresentanti sindacali, il voto di due addetti varrà
come singolo. Una serie di misure, insomma, che tagliano i
diritti, individualizzano i lavoratori, puntano ad
asservire i sindacati. Partiamo proprio dal job sharing,
uno degli istituti che mostra più apertamente lo
scadimento generale del lavoro: un posto diviso in due,
che i lavoratori possono gestire a loro piacimento. In
teoria, uno può fare anche 8 ore e l'altro zero,
l'essenziale è che non lascino scoperta la produzione.
«Non è tanto il concetto di lavoro ripartito che ci sembra
assurdo - commenta Alfonso Gianni, Rifondazione, che ha
seguito l'iter della delega e del decreto fino
all'attuazione - quanto piuttosto il modo in cui viene
realizzato: nell'elezione dei rappresentanti sindacali il
voto espresso può essere soltanto uno, nonostante a
lavorare siano due persone. E poi, se uno dei due decide
di rescindere il contratto, anche l'altro sarà costretto a
perdere il posto». «Quello che ci sembra più evidente
analizzando le oltre 40 tipologie di contratti che vengono
fuori dalla legge - continua il parlamentare - è che si è
volutamente compiuta un'operazione ideologica più che
strettamente di riforma economica: gli ultimi dati Istat
danno in crescita i contratti a tempo indeterminato,
evidentemente c'è una quota di flessibilità oltre cui le
stesse aziende non possono andare se non vogliono
rischiare una situazione ingovernabile. Quello che
l'esecutivo ha voluto ottenere, insieme agli industriali,
è la frammentazione e l'isolamento dei lavoratori, oltre
all'indebolimento dei sindacati».
Per quanto concerne il job on call, il lavoro a chiamata,
sarà possibile assumere a tempo determinato o
indeterminato dei lavoratori sempre a disposizione
dell'impresa, con solo un minimo di ore retribuite e il
resto a discrezione dell'imprenditore: potrà alzare la
cornetta e chiamare quando ci sarà bisogno, con un
preavviso che si aggira orientativamente intorno alle 24
ore, ma che comunque si potrà stabilire (magari 25 o 27)
nella contrattazione collettiva. Non è neppure chiaro se
ci saranno maggiorazioni di stipendio per chi si rende
disponibile alla chiamata: «Molte di queste disposizioni
in realtà vengono lasciate alla contrattazione - spiega
Tiziano Rinaldini, della Cgil Emilia Romagna - Ma è in
generale il rapporto tra leggi e contrattazione che è
stato rovesciato. Prima la legge era come una rete di base
che lasciava molta autonomia alle parti sociali, autonomia
che ora è praticamente annullata: i sindacati sono
chiamati a digerire a priori quanto disposto, limitandosi
a concordare eventuali aggiustamenti. Se non c'è accordo,
l'azienda può utilizzare agilmente tutte le possibilità
offerte dalla legge».
Il ruolo del sindacato è così ridotto non solo nella
contrattazione, ma più in generale viene costretto al
ruolo di un'agenzia di servizi: potrà fare collocamento e
certificazione dei rapporti di lavoro, partecipando agli
enti bilaterali insieme alle imprese. In questo modo avrà
suoi interessi specifici, non più legati direttamente a
quelli dei lavoratori: al contrario, il singolo lavoratore
avrà a che fare con due strutture, impresa e sindacato,
ugualmente a lui estranee, e che si occuperanno l'una di
farlo lavorare e retribuirlo, l'altro di assisterlo nel
trovare un'occupazione o nel timbrargli il certificato che
descrive il suo rapporto di lavoro. Con lo staff leasing,
la «somministrazione di manodopera» (l'espressione
sostituisce di fatto il vecchio «lavoro interinale»),
interi reparti saranno presi in affitto da altre aziende,
e dunque ci potranno essere imprese senza dipendenti
propri. Una difficoltà in più per le organizzazioni
sindacali, dato che i lavoratori dovranno rivendicare i
propri diritti non nell'impresa dove di fatto prestano la
propria opera, ma presso quella che li dà in affitto.
«Viene a cadere la responsabilità degli imprenditori
rispetto ai lavoratori, dato che il rapporto di lavoro
viene ridotto a un puro rapporto commerciale tra due
aziende», commenta Rinaldini.
I co.co.co. sono destinati ad essere trasformati in
contratti a progetto, ma questo non vuol dire che gli
imprenditori saranno costretti ad assumerli a tempo
indeterminato, come aveva annunciato la propaganda
berlusconiana. Piuttosto, dato che c'è anche il progetto
di parificare i loro contributi a quelli degli autonomi,
tutti i co.co.co. che non rientrano in speciali categorie
(professioni intellettuali, società sportive, pensionati,
esclusi dalla trasformazione in lavoro a progetto)
verranno spinti a trasformarsi in partite Iva. Mano libera
anche allo spezzettamento delle aziende: mentre prima
potevano essere scorporati solo rami già precedentemente
autonomi, adesso si potrà inventare su due piedi
un'autonomia funzionale, e dunque creare piccole aziende
con meno di 15 dipendenti, senza diritti. La delega
848bis, che ancora giace in Senato e che dovrebbe abrogare
progressivamente l'articolo 18, pare ormai già cosa
superflua. «Si realizza - commenta il segretario
confederale Cgil Giuseppe Casadio - quel self-service
della precarietà che punta a rendere il lavoratore sempre
più solo e debole nel mercato del lavoro». Contro la legge
Biagi, la Cgil ha confermato le due ore di sciopero
generale in settembre.
da Manifesto.it
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