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formazione permanente risorsa
dal sole24ore
Formazione permanente per dare stabilità agli impieghi del futuro
di Lucio Stanca* Le tensioni che caratterizzano l'attuale dibattito
sull'articolo 18 sono riconducibili a una situazione di profonda
trasformazione del mercato del lavoro che richiede una riflessione che vada
al di là delle diverse posizioni generate dall'inasprirsi del confronto
politico. Le trasformazioni economiche e sociali che caratterizzano tutti i
Paesi Ocse sono riconducibili all'effetto congiunto dei cambiamenti
tecnologici in corso, alla globalizzazione dei mercati e alle conseguenti
modificazioni settoriali nei consumi e nella produzione. Accanto a una
crescita economica più vasta, questi fenomeni hanno prodotto un aumento
delle disuguaglianze, la percezione dell'insicurezza del posto di lavoro e
in alcuni casi povertà ed esclusione sociale. In molti settori produttivi
la natura stessa del lavoro è profondamente cambiata. Molti governi hanno
capito che la situazione richiede risposte non episodiche. In questo
contesto, per affrontare le sfide che il nuovo mercato del lavoro comporta,
la formazione permanente può essere una delle risposte più efficaci e un
investimento di risorse molto più produttivo che in passato perché può
contribuire da un lato a eliminare gli effetti più negativi delle
trasformazioni strutturali in corso nei mercati in questi anni e dall'altro
offrire prospettive di crescita individuale. Le dispersioni occupazionali e
retributive che caratterizzano l'Italia rispetto ad altri Paesi Ocse si
sono notevolmente accentuate negli ultimi vent'anni. In particolare la
posizione dei lavoratori meno qualificati si è deteriorata. Al di là delle
cause che hanno ampliato i differenziali, i cambiamenti sono profondi e per
essere modificati richiederebbero costi enormi. La formazione permanente
rivolta a questi lavoratori permetterebbe di evitare una polarizzazione tra
chi acquisisce familiarità con le nuove tecnologie e chi, non riuscendoci,
resta ai margini. La tendenza all'aumento dell'occupazione nel settore
terziario favorisce in termini di retribuzione e di carriera i lavoratori
con livelli di professionalità più alti. La formazione permanente quindi
permetterebbe di ridurre lo skill gap tra l'organizzazione del lavoro che
cambia e le professionalità disponibili tra gli occupati del settore. Più
in generale, negli ultimi dieci anni le imprese sono state caratterizzate
da processi di ridisegno delle mansioni e riorganizzazione del lavoro, con
cambiamenti soprattutto nella gestione delle responsabilità in azienda
verso modelli di impresa a rete meno gerarchici. Tutto questo non solo ha
aumentato i livelli di professionalità richiesti per molti lavori ma,
soprattutto imponendo una velocità di cambiamento fino a poco tempo fa
sconosciuta, ha richiesto anche una flessibilità nuova, adattabilità che
solo un'attività di formazione permanente, di trasferimento delle
esperienze e delle conoscenze da un'attività all'altra (knowledge
management) può garantire. Si badi bene, che questi problemi sono
caratteristici anche dei Paesi Ocse più ricchi che, infatti, presentano
debolezze nello stock di competenze necessarie per adattarsi ai cambiamenti
richiesti. Basti pensare che, mentre si considera quasi indispensabile per
l'ottenimento di un lavoro il titolo di scuola media superiore, ben il 40%
della popolazione adulta nei Paesi Ocse ne è sprovvisto (in Italia il 60%).
Solo per fare un altro esempio, la conoscenza della matematica tra gli
studenti dei Paesi Ocse presenta un'alta variabilità: a dieci anni, gli
studenti e le studentesse coreane e giapponesi ottengono gli stessi
risultati che i loro colleghi portoghesi raggiungono a 14. A questo si
aggiungono le carenze nell'alfabetizzazione di base che caratterizzano
almeno un quarto della popolazione adulta secondo recenti studi dell'Ocse.
Per tutte queste ragioni, la formazione permanente diventa una necessità
per l'integrazione degli individui nella vita economica, culturale e
sociale e per promuovere l'inclusione di tutti nella società. In questo
contesto di nuovi bisogni formativi, un ruolo particolare lo potrà svolgere
l'e-learning grazie alle sue caratteristiche di estrema flessibilità, di
capacità di formare un maggior numero di persone a parità di tempo, di
personalizzare i processi formativi, di permettere di imparare restando nel
proprio ambiente lavorativo, di ridurre il tempo necessario per acquisire
le competenze, di permettere agli individui il controllo dell'apprendimento
e di certificare l'efficacia della formazione. Per quanto riguarda il
finanziamento di queste attività, proprio per i ritorni che portano alle
imprese, oltre al ruolo pubblico dovrà crescere il contributo del settore
privato. L'inserimento di attività di formazione permanente per i
lavoratori avrà un effetto anche nelle negoziazioni sindacali dei livelli
retributivi. In un quadro di ammortizzatori sociali, la formazione
permanente potrà quindi diventare lo strumento principale per governare i
mutamenti strutturali del mercato del lavoro e garantire una nuova
stabilità del lavoro. *Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie