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(Fwd) [noomc-it] (Fwd) Messaggio per Porto Alegre da Jacopo Fo
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To: karibuni@telesystem.net
Copies to: lilliput-bergamo@yahoogroups.com,
noomc-it@yahoogroups.com,
bdm@citinv.it
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From: "Flavio" <karibuni@telesystem.net>
Date sent: Tue, 5 Feb 2002 18:40:34 +0100
Subject: [noomc-it] (Fwd) Messaggio per Porto Alegre
da Jacopo Fo
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Date forwarded: Fri, 1 Feb 2002 13:21:23 +0100
To: consumocritico@peacelink.it
From: cocorico@inrete.it
Vi giro questo messaggio per Porto Alegre da
Jacopo Fo, mi sembra interessante.
Ciao
Andrea Saroldi
Bush e' un venditore di pomodori marci
Bush e' un venditore di pomodori marci e un
serial killer ma anche noi siamo un po' coglioni
La situazione internazionale e' una merda ma
solo apparentemente. Da un certo punto di vista
e' anche peggio, da un altro ci sono buone
speranze perche' migliori. E' tragico che si sia
scatenata un'ondata di violenze mostruosa, a
partire dagli attentati dell'11 settembre e
dall'invasione dell'Afghanistan. Ma credo che
molta gente, guardando quello che succede in
Palestina, Kashmir, India, Pakistan, Repubbliche
ex sovietiche, Cina musulmana e Nigeria, stia
comprendendo che la guerra non e' utile per
fermare il terrorismo e anzi e' il modo piu'
dispendioso per alimentarlo. Contemporaneamente
si scoprono le vere ragioni di tutto. Lo
scandalo Enron e' un salatino che Bush avra'
grandi problemi a mandar giu'. Di contro il
Popolo di Seattle si sta sviluppando in modo
straordinario e, per la seconda volta, a Porto
Alegre, si terra' un grande incontro
internazionale che ha lo scopo di sviluppare la
collaborazione tra tutte le componenti del
movimento. Si tratta di un appuntamento molto
importante e potrebbe essere un incontro storico
se si riuscira' a mettere d'accordo le diverse
componenti del movimento. Non sara' facile,
proprio perche' la forza del Popolo di Seattle
la dobbiamo anche al nostro non essere una rete
di entita' indipendenti e questo crea
difficolta' tecniche notevoli. Ma sono problemi
ai quali non rinunceremmo per tutto l'oro del
mondo. Non vogliamo tornare a schemi
organizzativi rigidi e piramidali che non
lasciano spazio alla biodiversita'. Per fortuna
questo e' un punto su cui quasi tutti sono
d'accordo. Il grande scontro che ci sara' a
Porto Alegre sara' su un'altra questione
strategica: come si sconfigge la Globalizzazione
del Dolore? Nel movimento ci sono due anime che
si stanno pazientemente confrontando da anni
alla ricerca di un compromesso. Da una parte
c'e' l'ala 'politica', legata alle
manifestazioni di piazza, all'idea leninista di
propaganda sociale, che spinge per creare grandi
organizzazioni internazionali di 'militanti'
supportati da un movimento di opinione. Di
quest'area fa parte Attac, che e'
un'organizzazione internazionale e, seppur su
diverse posizioni tattiche, Agnoletto e
Casarini, i piu' noti portavoce del movimento
italiano. L'altra parte del movimento e' l'ala
che potremmo definire 'economica': e' costituita
da piccoli e piccolissimi gruppi che agiscono
direttamente sul sociale costruendo situazioni
economiche alternative: microcredito, gruppi di
acquisto, botteghe del commercio equo,
cooperative sociali, banche etiche,
assicurazioni etiche, centri culturali,
volontariato. L'ala economica rappresenta la
grande forza concreta del movimento. Parla a
milioni di persone non attraverso le parole e la
propaganda ma offrendo la qualita' dei progetti
realizzati, dei prodotti e dei servizi. Questa
anima imprenditoriale del movimento deve
costantemente fare i conti con entrate e uscite.
Sono presi dalla pratica e non hanno molto tempo
per la 'politica delle riunioni'. Quindi la
corrente 'economica' ha in questi anni lasciato
ampio spazio ai 'politici' nella gestione
globale del movimento. Ad esempio, almeno fino a
poco tempo fa, nessuno dei portavoce del Social
Forum italiano proveniva dai gruppi che si
occupano di gestire attivita' 'imprenditoriali'.
E d'altra parte i 'politici' hanno sempre
guardato con un po' di sufficienza chi si
intestardiva a far quadrare bilanci di
cooperative per l'aiuto ai disabili, banche
etiche e siti internet. Il risultato e' stato
che lo slogan 'voti ogni volta che fai la spesa'
e' il cuore dell'iniziativa dell'ala 'economica'
ma non la parola d'ordine principale di tutto il
movimento e anzi molti che partecipano ai cortei
sanno poco o niente di questa pratica di lotta.
In una situazione in cui il 90% dei membri dei
gruppi di acquisto e' costituito da operai e
impiegati, mi sono sentito dire decine di volte
che solo i ricchi possono permettersi di
partecipare ai gruppi di acquisto. Sul fatto che
una famiglia di lavoratori possa risparmiare
intorno ai 2 milioni all'anno consociando i
consumi e barattando il tempo non gli e' proprio
arrivata notizia. I nostri portavoce quando
vanno in televisione e quando rilasciano
interviste ai giornali, non parlano mai di
questa grande realta' sociale e politica.
Scontiamo la paura di parlare di soldi tipica
della cultura cattocomunista che odia misurarsi
con le piccolezze di conti, costi e ricavi e
preferisce librarsi nell'aere incorruttibile dei
bei discorsi che non sfamano nessuno. Ed e'
cosi' che si spiega come mai si stimino in 2
milioni i 'no global' italiani e siano meno di
40 mila coloro che hanno consociato l'acquisto
di servizi politicamente essenziali come il
conto bancario e l'assicurazione. Quando discuto
di questo molti compagni mi guardano strano' Ma
io non capisco proprio come sia possibile
opporsi alla guerra in Afghanistan e poi avere
il conto bancario in una banca che traffica in
armi e assicurarsi con una compagnia che investe
in fabbriche d'armi. Come faccio a essere contro
le mine anti uomo e poi comprarmi una Fiat? Qui
c'e' proprio un salto di mentalita' epocale. Una
diversa concezione dei rapporti di causa ed
effetto nella societa' della globalizzazione
informatica e nel mondo in generale. Questi
compagni credono che siano i cortei e 'lo
scontro politico' a cambiare le realta' sociali
culturali e politiche. Eppure essi hanno fin
dall'inizio il controllo politico del movimento.
E non poteva essere che cosi'. Il movimento si
e' imposto all'attenzione mondiale con azioni
fortemente improntate allo scontro aperto come
l'insurrezione zapatista del Chiapas o gli
scontri con la polizia a Seattle. E' chiaro che
sul terreno degli scontri di piazza e delle
occupazioni militari di citta', quelli che
gestiscono centri yoga e fondi etici si trovano
un po' svantaggiati. Ci manca il fisico e
davanti a simili grandi eventi ha piu' successo
(sul piano numerico, d'opinione) l'idea di
andare tutti in piazza a gridare la nostra
rabbia. E sfasciare un McDonald's da' piu'
notorieta' e possibilita' di comunicazione che
smadonnare per costruire un database delle
associazioni ecologiste impegnate nella
realizzazione di impianti di fitodepurazione
passiva. Ma le tragiche giornate di Genova e gli
attentati dell'11 settembre hanno stroncato la
prospettiva di lotta dei cortei e del
politichese. Anche molti leader dell'ala
'politica' hanno dichiarato che e' necessario
ripensare tutta la strategia del movimento.
D'altra parte nel giugno del 2001 e' stato reso
noto l'esito di un dibattito, che sospettiamo
sia stato intenso, all'interno del movimento
zapatista del Chiapas. Il sub comandante Marcos
ha fatto una dichiarazione storica: fino ad oggi
il nostro movimento e' stato di opposizione. Ma
non e' possibile continuare solo in questa
direzione, e' necessario iniziare a costruire
l'alternativa. E' un grande passo verso una
nuova strategia di liberazione che sposa lo
scontro politico con l'iniziativa culturale e
economica. Si scopre che la concretizzazione
della liberazione di un popolo e' il frutto
della sua indipendenza economica e culturale. La
politica e' un mezzo, essenziale, all'inizio
della lotta. Serve per aprire spazi. Questo
risultato gli zapatisti lo hanno ottenuto
portando il loro movimento all'attenzione
dell'opinione pubblica internazionale. Oggi ci
sono centinaia di esperimenti economici in corso
in Chiapas per trovare la strada migliore per
arrivare a un'economia alternativa e controllata
dal popolo in tutta la regione. Si tratta ancora
solo di una goccia nel mare ma Marcos ha capito
che e' in questa direzione che si puo' crescere.
Se dallo scontro politico nascono esperienze
concrete di autoimpresa e cooperazione che
modificano la qualita' della vita quotidiana
delle persone, allora il movimento cresce e gli
obiettivi piu' ambiziosi diventano
raggiungibili. Se questo non succede il
movimento politico perde progressivamente di
credibilita' e entra in crisi. E' la lezione dei
movimenti sociali italiani. Ancora oggi il
movimento e' forte soprattutto in quelle regioni
d'Italia dove si svilupparono cooperative, casse
mutue, gruppi di acquisto (questo erano
all'inizio le Coop) e case del popolo. Ed e'
evidente che la crisi attuale della sinistra nel
nostro paese deriva dalla mancanza oggi di un
legame concreto tra il progetto delle sinistre e
la vita quotidiana. Ma tornando al movimento
possiamo osservare che un altro grande fenomeno
e' in corso e sara' determinante per le scelte
future. Questo convegno internazionale non si
svolge a Porto Alegre per caso.
Porto Alegre fa parte di un gruppo di citta'
brasiliane dove da piu' di un decennio e' in
corso una rivoluzione sociale interessantissima.
Essa si basa essenzialmente su esperienze molto
ben strutturate di governo diretto dei cittadini
sulla citta', attraverso la partecipazione alla
progettazione degli interventi pubblici, e il
controllo da parte di volontari dell'effettiva
corretta realizzazione dei lavori, compresi
controlli costanti nei cantieri e discussione
sui prezzi delle opere e sulla loro qualita'. Si
tratta di grandissimi esperimenti, gli unici che
abbiano dato veri risultati nella lotta (di
centrale importanza) contro la corruzione e lo
spreco nell'amministrazione pubblica. Il
convegno di Porto Alegre dell'anno scorso ebbe
il merito di dare visibilita' internazionale a
queste iniziative e il contatto tra queste e
altre esperienze e' stato estremamente fecondo.
Da una parte in molte citta' e villaggi del
mondo si stanno sviluppando esperienze simili
(in Italia c'e' Monsano, vedi
www.villaggiotelematico.it) dall'altro canto
queste esperienze si stanno naturalmente
integrando con l'attivita' di cooperative
sociali, microcredito, risparmio etico, gruppi
d'acquisto, di baratto e di scambio del tempo'
Cioe' queste esperienze, nate da piccoli gruppi
'politici' che cercavano di dare concretezza
alla battaglia sociale e culturale, hanno dovuto
per forza fare i conti con l'elemento essenziale
della situazione: un'enorme forza potenziale del
popolo avvilita, contrastata e raggirata da un
sistema economico corrotto, miope e violento.
L'idea e': lottiamo contro la corruzione e lo
sperpero e costruiamo una vera democrazia
diretta e contemporaneamente sviluppiamo
l'autoimpresa, la cooperazione e la condivisione
delle risorse in modo che le persone possano
crearsi un'economia equa e solidale all'interno
della quale una nuova cultura potra' mettere
radici e crescere. E questa concezione anche
economica dell'iniziativa politica si e' saldata
con il bisogno di un ambiente sano e a misura di
bambino. Da una parte si tratta di difendere la
salute dei cittadini, dall'altra parte il
risparmio energetico e l'uso di fonti
rinnovabili e' direttamente un atto di
boicottaggio contro l'economia dei petrolieri e
dei commercianti d'armi e un passo concreto
verso la pace e l'autodeterminazione dei popoli.
Oggi si e' compreso che lo spreco e
l'inquinamento possono diventare risorse
essenziali per l'economia alternativa e
l'autoimpresa. Le tecnologie dolci e la
liberazione dalla schiavitu' del petrolio sono
un punto cardine della lotta per lo sviluppo
economico dei popoli del terzo mondo.
L'esperienza di Yunus e del microcredito in
Bangladesh mostrano che lo sposalizio tra
telefonia cellulare e pannelli solari puo'
essere una risposta alla miseria: essi hanno
creato una societa' di telefonia cellulare (di
proprieta' delle donne che utilizzano il
microcredito) e hanno costruito una rete di
telefoni cellulari in 36 mila villaggi per lo
piu' sprovvisti di elettricita'. In questo modo
si e' dato lavoro a 36 mila donne, spesso
invalide, e si e' potuto offrire l'accesso al
telefono a milioni di poveri. La tecnologia
fotovoltaica, le turbine, i mulini a vento
stanno portando elettricita' nelle zone piu'
povere del terzo mondo e stanno permettendo la
nascita di cooperative di villaggio che nella
sola Africa Nera sono ormai decine di migliaia.
La' dove 20 persone devono lavorare 10 ore al
giorno per attingere acqua con i secchi,
acquistare collettivamente una pompa e' un fatto
rivoluzionario che rende un villaggio
estremamente piu' ricco. Contemporaneamente si
sta capendo che la lotta del terzo mondo deve
essere sostenuta da una politica di risparmio
energetico e riciclaggio delle materie prime nei
paesi industrializzati. La lotta ecologica,
l'uso di tecnologie leggere e non inquinanti e
le tecnologie informatiche si stanno saldando
con le esperienze di cooperazione, di commercio
etico e di controllo diretto sulle
amministrazioni urbane. E queste esperienze
politico-sociali-economiche stanno creando una
cultura nuova, improntata sulla solidarieta',
sul rispetto, sull'amore, sul gioco, sul
divertimento e la condivisione. Quello che sta
succedendo oggi in centinaia di citta' e in
migliaia di villaggi e' straordinario e nessuno
lo sta raccontando. Ma a Porto Alegre avra' un
grande peso. Il fenomeno al quale stiamo
assistendo in Italia, dopo Genova, e' un
progressivo e rapido connettersi di decine di
realta' di base. Non si tratta della nascita di
un'organizzazione nuova ma dell'integrazione
pratica di servizi, acquisti, accessi,
iniziative culturali. Sta lievitando un insieme
di iniziative estremamente complesse perche'
comportano il contributo di decine di entita',
stiamo fisicamente scrivendo decine di accordi
che comportano la determinazione equa di
percentuali, tempi, carichi di lavoro, aree di
pertinenza, limiti e caratteristiche etiche,
organismi di controllo, fondi di garanzia
reciproca. Un lavoro complicatissimo, come
quello di assemblare il prototipo di
un'automobile. Stiamo inventando e faticosamente
sperimentando criteri equi di collaborazione.
Tutta questa fatica dovrebbe portare nel giro di
un anno al progressivo sviluppo di un network
nazionale sprovvisto di centrale di controllo
piramidale, in grado di autogovernarsi e di
mettere in rete tutte le risorse e tutte le
opportunita' offerte dal movimento italiano. Ad
esempio esistera' una card che dara' accesso a
tutti i servizi e le informazioni: sara' uno
strumento agile che permette di mettere in rete
e connettere tutte le risorse disponibili oggi
in Italia per i consumatori etici. Collegando
questa card a una sere di servizi internet
potremo costruire una community in grado di
moltiplicare tutte le opportunita' che la rete
offre. E tutti i prodotti saranno sottoposti
alla recensione, via internet, di chi li ha
utilizzati, permettendo cosi' di stroncare
immediatamente e direttamente chiunque faccia il
furbo o non rispetti gli impegni. Nel nostro
sogno connettere in questo modo le realta'
sociali ed economiche italiane dovrebbe mettere
il turbo a qualunque iniziativa etica che
chiunque volesse intraprendere. E tutta una
serie di indizi mi fanno sospettare che quello
che si sta facendo in Italia lo stiano mettendo
insieme anche all'estero e siano per altro pure
parecchio avanti, rispetto a noi, su diversi
pezzi del progetto. (Per inciso si tratta di un
fenomeno veramente appassionante: questa
formazione dell'integrazione tra entita'
'commerciali' e del volontariato non avviene
sulla base di un gruppo che ne ha pensato il
progetto e che spinge per realizzarlo. Si tratta
del libero evolversi di entita' indipendenti
che, in un dato momento della loro storia, si
incontrano e trovano alla fine naturale
socializzare in modo scambievole alcune risorse.
Puo' capire cosa voglio dire chi conosce
l'esperienza di Linux, il programma operativo
costruito con il libero apporto di migliaia di
programmatori. Ma li' c'era un ragazzo che aveva
creato il cuore del software, qui non c'e'
neppure questo. C'e' un'identita' culturale
straordinaria che ci porta a fare scelte
convergenti.)
L'incontro di Porto Alegre potrebbe sancire a
livello internazionale la centralita' del 'voti
ogni volta che fai la spesa', delle campagne di
boicottaggio degli acquisti, del microcredito e
dei progetti sociali di cooperazione e
autoimpresa. Il nostro obiettivo e' quello
trasformare il potere d'acquisto degli almeno
200 milioni di contestatori che ammorbano il
pianeta in un mercato alternativo e ribelle. Ma
e' molto difficile comunque che a Porto Alegre
questa linea d'intenti divenga maggioritaria, e
in fondo non importa. Quello che importa e che
succedera' comunque, sara' che migliaia di
esperienze si incontreranno e si racconteranno e
cosi' centinaia di nuove idee, tecniche e
procedure si diffonderanno e verranno integrate
tra loro. Questo e' l'obiettivo prioritario, la
rappresentativita' politica del progetto forse
dovra' ancora attendere per essere riconosciuta:
che ci volete fare, siamo ancora, in buona
parte, prigionieri di una casta politica
vetero-comunista. Comunque una cosa vorremmo
chiedere ai compagni che andranno a
rappresentarci a Porto Alegre: tornate con delle
storie. Vogliamo sapere quel che succede nel
mondo, non ci interessano le analisi politiche.
Fatevi raccontare le storie delle persone, come
hanno fatto, dove hanno sbagliato, dove hanno
avuto risultati, che dubbi hanno avuto, come
hanno festeggiato quando ci sono riusciti, che
cosa stanno sognando di fare domani. Vorremmo
realizzare un libro con queste storie ma,
ancora, il movimento 'economico' non riesce a
raccontare se stesso se non fornendo tabelle.
L'unico che ci e' riuscito e' stato Yunus, col
suo magistrale, stupendo, appassionante romanzo
autobiografico 'Il banchiere dei poveri'
(edizioni Feltrinelli). Ecco, oggi ci servono
mille libri come questo. Da tempo stiamo facendo
ricerche in questo campo ma c'e' veramente
pochissimo e quel pochissimo e' introvabile.
Arrivano storie incredibili, ma arrivano a
brandelli. La storia dei microorti in Cile,
nelle favelas, ad esempio. Piccoli fazzoletti di
terra, coltivati con metodi biodinamici
incrociati con quelli maja, danno da mangiare a
centinaia di migliaia di famiglie. Sono sicuro
che esistono, ho visto un documentario di
un'ora, alle 3 del mattino su Planete, ma sono
due anni che chiedo informazioni a decine di
cileni e nessuno ne sa niente. Mistero. Siamo
disposti a offrire cene luculliane a chiunque ci
dia uno straccio di indirizzo per intervistarli.
E dove cavolo sono domiciliate le cooperative
africane che hanno bloccato la desertificazione
costruendo enormi muraglie di sabbia senza
ruspe? Sappiamo come le hanno fatte: piantando
nel suolo file di foglie di palma intrecciate a
formare un pettine stretto. Il vento sbatte
sulle foglie e cadono granelli di sabbia e nel
giro di un po' di tempo la sabbia ricopre la
fila di foglie. Allora i contadini piantano
un'altra fila di foglie di palma intrecciate.
Fanno file lunghe chilometri e continuano con
questo sistema pazzesco fino a che non hanno
realizzato una duna di sabbia alta 5 metri.
Perche' non si sa niente di loro e dei tanti che
come loro stanno facendo l'impossibile tutti i
giorni? Crediamo che a fianco del commercio equo
e solidale sia da svilupparsi una letteratura
del vero, un racconto di questi sogni
realizzati. Il cuore di tutto questo scontro
epocale che stiamo vivendo passa proprio dai
sogni. L'ideologia del sogno che cresce contro
l'ideologia del sogno nel cassetto, che in
realta' e' un sogno morto surgelato in un
freezer tombale. 'Non congelare i tuoi sogni,
quando li sgeli sono morti!' Potrebbe essere un
bello slogan. Non c'entra niente con Porto
Alegre ma mi piaceva dirlo.
Salutatemi la rivoluzione
Jacopo Fo
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