[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
capitalismo tossico.Una chimica contro natura
- Subject: capitalismo tossico.Una chimica contro natura
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 28 Mar 2013 10:59:24 +0100
da il manifesto
MERCOLEDÌ 27 MARZO 2013 CAPITALISMO TOSSICO Gugliemo Ragozzlno I fabbisogni idrici di un complesso chimico, come quello dell'Acna di Cen-gio, sono ingenti e tendono ad eguagliare quelli di una città come Venezia». Una recensione a II Caso italiano -Industria, chimica e ambiente può anche cominciare dalla frase che precede. L'autore di uno dei saggi portanti del volume L'Acna e la Valle Bormida, Pier Paolo Poggio, la riprende da un testo di N. Flanel uscito sul Bimestrale. «Il lato oscuro della chimica e quello luminoso». Non per caso, visto che anche questo ossimoro chimico può servire a illustrare il senso del grosso volume pubblicato da laca Book (38 euro, pp. 522, con il cd rom Un anno di chimica: elementi e racconti) e curato dallo stesso Poggio e da Marino Ruzzenenti, coautori di un'introduzione che ha il merito di fare il punto sulla politica attuale dell'ambiente, considerato dagli economisti e dai politici più accreditati un aspetto trascurabile, se confrontato al Pil e allo spread. Il compito del volume è naturalmente quello, opposto, di leggere il futuro del globo e dell'umanità con un'attenzione meno distratta. Chimica è certamente la tecnica che ricava dalla natura molti tesori, per offrire all'umanità che cresce nel numero e nei bisogni, cure, cibo, abitazioni, energia, mezzi di sopravvivenza, di comunicazione e trasporto, ma anche armi e catene. L'industria è il suo modo d'agire. Il volume si apre con un racconto importante sui legami tra chimica, intesa in senso lato, e capitalIsmo. È un capitolo della storia poco noto ai non cultori di quella particolare attività industriale, trascurato da chi non opera in quella precisa zona del mondo. Il capitalismo s'innesta sotto i nostri occhi, su questa o quel la grande proprietà agraria, ne «nasce un paesaggio industriale» dove c'è acqua e quindi forza motrice e possibilità di smaltire le scorie. Metamorfosi drammatiche L'uso dell'acqua per produrre merci è trattato da Stefania Barca («Il
capitalismo nelle vallate: acque e industrie nell'Italia dell'Ottocento») che ha
il merito di ricostruire per noi il caso di Isola Uri nel Basso Lazio. Nei
famosi castelli, caratteristici dei secoli precedenti, nelle ville padronali,
nasce la prorompente industria; prima i velluti fabbricati per essere esportati
in Francia ai tempi della Rivoluzione; poi. quasi senza soluzione di continuità,
il capitale s'impiegherà nella produzione di carta L'acqua sarà la stessa,
identici gli operai, solo il profitto crescerà, più adatto ai tempi.
Acqua Chimica, Acna Cengjo, Venezia i simboli richiamati all'inizio di questo scritto, sono a ben vedere tra le maschere principali di un grande spettacolo e sono tutti in scena da duecento anni almeno. Un dramma sociale e industriale che ha formato il nostro paese nel bene e nel male, lo spazio in cui viviamo e le persone che lo abitano con noi. Chimica «contro» Natura come dire la tecnica che trasforma il globo. Il caso dell'Acna è esemplare per spiegare il prepotere del capitalismo nel suo secolo d'oro nei confronti del mondo agricolo che tenta di sopravvivere; lo abbiamo avuto davanti agli occhi molte volte e raramente è stato raccontato cosi bene. Acna nasce con il nome di Sipe. fabbrica che fa capo alla Nobel di Svezia e ovviamente produce esplosivi. È collocata non lontano dal mare ma in un luogo inarrivabile per il «nemico». Il XK secolo sta finendo e la nazione italica sente il bisogno di armarsi; le guerre verranno. La chimica è indispensabile. Serve il catrame che arriva da fuori; serve poi l'acqua del fiume Bomiida. tutta la portata. Le popolazioni impareranno a fame a meno. La guerra mondiale è finita e c'è la riconversione. Caso poco frequente, dalla dinamite, in tutte le sue forme più scientifiche, la fabbrica si riconverte ad attività pacifiche: i pigmenti: sempre a partire dal catrame. Dopo le distruzioni della guerra c'è molto da costruire, da pitturare. Prima va tutto in mano all'ltalgas allora diretta dal finanziere Rinaldo Pan-zarasa cui non bastano i rapporti forti con il regime per evitare che la crisi bancaria lo butti per aria. Sicché, sempre su indicazione del regime fascista assume il comando l'impresa chimica italiana Montecatini che ha l'incarico di assorbire e ridimensionare tutta l'attività chimico-bellica ristrutturata. Cosi' essa fa un accordo con i tedeschi della Ig Farbenfa-briken. Nasce il consorzio Montecatini Ig Farben. una società bicefala che fa capo a entrambe; una comanda perché ha il controllo mondiale dei brevetti, l'altra ha i rapporti con il governo, il merca- to nazionale e le banche. I prezzi sono alti, bassi i salari. Si va avanti cosi' finché Ig Farben non è smembrata dai vincitori, alla fine della seconda guerra mondiale. Acna ha fatto però in tempo, prima della classe nel gruppo Montecatini, ad applicare con rigore le leggi razziali; per carità di patria si vorrebbe pensare che fossero ordini tedeschi: ma non ci sono documenti in questo senso; era tutto italico zelo. Chimica contro tutti, nel millennio che finisce. I salari italiani crescono molto più di quanto i padroni tedeschi accettino. Inoltre s'infittiscono le regole sanitarie e ambientali in difesa dei lavoratori di fabbrica e delle popolazioni della Valle, al confine tra Liguria e Piemonte. Si chiede l'acqua, pulita, e ci si ribella contro i tumori. La fabbrica si è difesa finora, mettendo piemontesi contro liguri e minacciando di lasciare il comprensorio - e anche l'Italia - se gii operai non chinano la testa e si rassegnano. Si tira avanti qualche anno, ma la deriva è inevitabile e i pigmenti in larga misura si spostano di continente, là dove non ci sono sindacati e i governi chiudono entrambi gli occhi. Che fare allora? Dovendo in prospettiva cessare la fabbrica e ripulire tutto, il fiume e la terra occorre una grande idea utilizzare quello che c'è, il disastro - diremmo adesso -ambientale per fare impresa. Ecco dunque l'idea vincente, il Re.sol la raccolta di tutti i residui pericolosi delle imprese chimiche simili e delle raffinerie europee per bruciarli in un inceneritore costruito a tal fine e posto nello stabilimento di Cengio, ormai in disarmo. Re.sol significa residui solfati; l'idea piace agli industriali, un po' allo stesso sindacato e ai rivieraschi liguri, sembra geniale agli economisti, mentre si oppongono strenuamente gli agricoltori piemontesi e gli ambientalisti che finalmente cominciano ad alzare la voce. Anche il ministero dell'ambiente - il ministro è Giorgio Ruffolo - mostra di essere conquistato dal Re-sol che per fortuna costa molto e dati i tempi, si soprassiede. Sarà il successivo ministro, Edo Ronchi a cancellare per sempre l'inceneritore. I lavori di pulitura del sito, oggi, quindici anni dopo, sono ancora in corso. Ce n'è per tutti i gusti, in tema di chi mica contro natura, nel volume. C'è un piccante capitolo di Wilko Graf von Hardenberg sui turbamenti del Pci «Ambiente o lavoro? Il Pci di fronte agli effetti occupazionali dellaquestio-ne ecologica»; un altro (Edgar H. Meyer) fa le pulci al recente ambientalismo dei quotidiani, «Industria, ambiente e inquinamento attraverso la lente dei mass media» . Ruzzenenti ricostruisce «La storia controversa del piombo tetraetile», un additivo velenoso che per oltre mezzo secolo è stato aggiunto ai carburanti per evitare che i motori «battessero in testa». Per le automobili è andata d'incanto, meno per la salute di guidatori e passeggeri delle stesse auto, ancor meno per gli operai che pro-ducevano il piombo tetraetile. L'ecologia è modernissima
Le ultime due sezioni dei volume sono dedicate a Giorgio Nebbia e Laura
Conti, il meglio dell'ambientalismo italiano. Scrìvono con affetto e commozione
di Laura, resistente da ragazza e poi deputata e magnifica studiosa, con toni
sinceri e commossi, alcuni dei suoi allievi e compagni, come Giovanna Ricoveri o
Enzo Tiezzi o Massimo Scalia. Di Giorgio Nebbia, l'ambientalista italiano
vivente di cui siamo più orgogliosi sono presentati due testi e un ed rom con
una serie di scritti dal titolo «Un anno di chimica: elementi e racconti»
preparati per il 2" anno intemazionale della chimica. Uno dei testi è la storia
stessa di Nebbia raccontata da lui in un'intervista raccolta da Poggio; Giorgio
ci spiega cosa fa cosa impara, cosa insegna un professore di merceologia, nel
corso di brevissimi cinquantanni: nell'altro è riportato il suo intervento in
un'opera sconosciuta a molti, nell'ambito di un dibattito svoltosi nelle sale
del Senato della Repub -blica, sotto la presidenza di Amin-toreFanfani. nel
1970.
Ne esce un quadro di un'ecologia nazionale molto avanzata, anche rispetto ai livelli americani o mondiali. Studiosi italiani -uno almeno - risultano capaci di leggere, di interloquire, di capire la scienza mondiale di quegli anni. In sostanza la lettura di quel testo di Nebbia rende consapevoli di aver perso di vista un aspetto delle istituzioni nazionali e dei suoi protagonisti - Fanfa-ni! L'anno dello statuto dei lavoratori! - senza tentare mai possibili alleanze; e quel che è peggio di aver perduto molto tempo e lasciato molte, troppo spazio ai finanzieri della chimica, ai divoratori della natura. |
- Prev by Date: Trasformare i singoli egoismi in un egoismo inclusivo
- Next by Date: la sostenibilità e' il nuovo paradigma
- Previous by thread: Trasformare i singoli egoismi in un egoismo inclusivo
- Next by thread: la sostenibilità e' il nuovo paradigma
- Indice: