Tutto il gruppo legambientino in parlamento ha sostenuto Renzi alle primarie, coerentemente con la storica simpatia mostrata verso l’”ambientalismo del sì” di veltroniana memoria.
Nessuno del gruppo si è visto riconfermato nelle liste elettorali, segno che Renzi, per la quota di sua spettanza, ha preferito garantire altri a lui più affini.
Non credo ci sia molto di più in questo articolo
 
 
Antonello Mastantuoni
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Inviato: sabato 16 marzo 2013 6.44
A: economia at peacelink.it
Oggetto: il pd e l'ambiente
 
Il vuoto laburismo del Pd che non capisce l'ambientalismo
di Roberto Della Seta   giovedì 14 marzo 2013 
manifesto, 13 marzo 2013 (f.b.)
L'ambiente è un tema importante. Indispensabile per capire il mondo attuale: 
la crisi ecologica, l'attenzione crescente verso i beni comuni, l'avanzata 
della green economy... E utile, utilissimo, anche per orientarsi in questa 
stagione inedita e complicatissima della politica italiana: per misurare ad 
esempio la distanza notevole che separa la dirigenza del Pd da un riformismo 
contemporaneo, e per indagare le premesse culturali e sociali che hanno reso 
possibile il trionfo elettorale dei Cinquestelle.
La larga maggioranza del gruppo dirigente del Pd non riesce a capire 
l'importanza dell'ambiente. Non capisce, soprattutto, come sia possibile che 
per un numero sempre più grande di persone la domanda di ambiente si 
intrecci con quella del lavoro, del reddito, dell'equità sociale, e conti 
altrettanto. Lo si è visto con i referendum del 2011: la nomenclatura 
democratica prima ha osservato con sospetto la mobilitazione referendaria 
che cresceva, poi è rimasta quasi stralunata scoprendo che 30 milioni di 
italiani - malgrado la crisi economica, malgrado problemi materiali per 
molte famiglie drammatici - considerino prioritarie questioni non 
direttamente economiche come l'acqua pubblica o il no al nucleare.
Questo ritardo nel riconoscere l'odierna centralità delle questioni 
ambientali accomuna il Pd a molti altri partiti socialisti, legato com'è a 
una tradizione culturale che vede il progresso, lo sviluppo quali fenomeni 
lineari e illimitati. Ma in Italia si manifesta con ancora più forza per la 
prevalenza nella nostra sinistra di una tradizione - quella del Pci - che ha 
sempre faticato ad adeguare le proprie visioni all'evoluzione sociale e 
culturale e che di fronte a tutte le nuove sensibilità e i nuovi movimenti 
dell'ultimo mezzo secolo - dal '68 al femminismo, dall'ambientalismo ai 
diritti civili - ha sempre reagito arroccandosi.
Prigioniero della sua genetica arretratezza, il gruppo dirigente del Pd, di 
cui i cosiddetti "giovani turchi" sono l'espressione più recente ma anche 
più ottusa, declina secondo alfabeti totalmente inattuali le stesse ricette 
per arrestare il declino economico dell'Italia: attardandosi a parole in una 
sorta di vuoto "gramelot" laburista, coltivando nei fatti rapporti assai 
stretti - rapporti molte volte opachi, di scambio e di potere - con i 
settori meno dinamici, oltre che più antiecologici, della struttura 
economica (l'edilizia della rendita fondiaria, i grandi gruppi dell'energia 
fossile, l'industria pesante). Tutte e due queste inerzie conservatrici 
contraddicono l'ambizione dei democratici di guidare un progetto di radicale 
cambiamento e li allontanano dall'elettorato più giovane. Entrambe lasciano 
in ombra le grandi innovazioni - ecologia, educazione, tecnologia - di cui 
l'Italia come l'intero Occidente ha disperato bisogno.
Anche se l'ascesa spettacolare del movimento Cinquestelle è dovuta 
soprattutto a un'efficacissima, e largamente giustificata, crociata 
"anti-casta", però proprio l'ambiente è uno degli argomenti più frequentati 
dai grillini: così nei loro programmi, nel loro discorso pubblico, nei 
curricula di buona parte dei loro eletti. Da questo punto di vista i 
Cinquestelle, bisogna dirlo, non hanno inventato nulla: l'ecologia, i beni 
comuni, sono temi da tempo "a disposizione", ed erano centrali già nelle 
mobilitazioni no-global di dieci anni fa.
Loro li hanno raccolti, depurati di qualche tossina vetero-ideologica di 
troppo (l'ambientalismo come nuova frontiera anti-capitalista), conditi con 
nuovi ingredienti - la democrazia della rete, un certo comunitarismo nimby - 
di per sé discutibili ma gettonatissimi nell'Italia disgustata dalla 
politica dei partiti. Certo il movimento di Grillo resta essenzialmente un 
"sintomo" dell'accresciuta importanza culturale e sociale dell'ambiente, 
mentre il suo concreto programma non pare sempre all'altezza di curare i 
tanti e gravissimi mali ambientali dell'Italia. Ma un fatto è indiscutibile: 
i Cinquestelle sono l'unica forza politica italiana che propone l'ambiente 
come parte decisiva di una prospettiva generale di cambiamento.
Il Partito democratico vuole ripartire dopo la dolorosissima "non vittoria" 
di queste ultime elezioni? Allora la smetta di perdere tempo e faccia 
corteggiando i "cinquestelle" dopo averli sbeffeggiati per mesi, e provi 
invece a diventare più contemporaneo mettendo per davvero l'ambiente al 
centro del suo sistema di valori e di interessi, e la green economy nel 
cuore della sua idea di sviluppo. Sarebbe più serio e funzionerebbe meglio.