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Banche a orologeria – un articolo di Vladimiro Giacché
- Subject: Banche a orologeria – un articolo di Vladimiro Giacché
- From: tiziano cardosi <tiziano.cardosi at gmail.com>
- Date: Sun, 10 Mar 2013 12:42:41 +0100
| mentre impazza la caccia al Grillo e ai sui grillini vi giro un
    articolo che parla di cose un tantino più serie e che non so se i
    nuovi vincitori hanno ben presente. Monti e la sua corte di miracolati ha già la ricetta per risolvere il problema: noi siamo la soluzione. Ci strangolerà di più in nome dell'emergenza e noi ci faremo scannare come agnellini docili pensando di salvare col nostro sacrificio il futuro dei nostri figli, mentre glielo stiamo definitivamente distruggendo. Dovremmo cominciare almeno a sussurrare una via d'uscita da questo disastro. Vogliano cominciare a parlare di nazionalizzare le banche in crisi e di porre il servizio del credito sotto il controllo della collettività? Salute. TC http://mauropoggi.wordpress.com/2013/02/13/banche-a-orologeria-un-articolo-di-vladimiro-giacch/ Banche a orologeria – un articolo di Vladimiro GiacchéVladimiro Giacché ripropone
            nella bacheca
              Facebook   un suo articolo apparso su “Pubblico” l’8
            ottobre 2012 sullo stato dell’arte della finanza in Europa. Appare ormai evidente che l’enfasi data in questi anni al problema dei debiti sovrani è solo un’arma di distrazione di massa, che ha consentito alla politica di non aggredire il nodo della finanza, imponendo ai Paesi l’onere di rimediare con i sacrifici dei cittadini le devastazioni che essa ha provocato. Ma avere deliberatamente ignorato, per debolezza o connivenza, la vera radice del problema, ha permesso che le spericolate attività speculative continuassero indisturbate. Così, mentre si affamano intere popolazioni sospingendole al disotto della soglia della miseria in nome di un’austerità purificatrice e salvifica, si lascia che nuove bolle vadano gonfiando, in nome di un libero mercato dalle miracolose proprietà di auto-regolazione, incuranti di quante ulteriori vittime procurerà la prossima esplosione. Si
          preferisce controllare con il bilancino del farmacista che le
          nazioni non superino nei loro indicatori cervellotiche soglie,
          spacciate per cogenze scientifiche laddove sarebbe più sensato
          parlare di feticci ideologici; mentre nessuno fra gli
          eurocrati si preoccupa di ascoltare il sinistro ticchettio
          delle bombe a orologeria innescate. Quando anche queste
          esploderanno, ci verranno a spiegare ancora una volta che si
          tratta di istituzioni sistemiche, troppo grandi per essere
          lasciate fallire. Il liberismo in nome del quale si permette
          loro di operare follemente non impedirà, a momento venuto, di
          chiedere ancora l’intervento delle Nazioni, per la
          salvaguardia del bene comune, nella logica per cui se vuoi
          salvare i tuoi risparmi che altri hanno dilapidato devi farlo
          con i tuoi soldi. Del resto sono noti i due postulati
          fondamentali di questa dottrina: a)
          gli utili si privatizzano, le perdite no b)
          ogni liberista lo è con le terga degli altri. Vladimiro
            Giacché – Le banche tedesche? Una bomba a orologeria Mentre
          le istituzioni europee e i governi nazionali sembrano
          ipnotizzati dal problema del debito pubblico, è probabile che la
              prossima crisi in Europa sarà una crisi bancaria. [...]
          probabilmente questa crisi avrà il suo epicentro non nei
          cosiddetti “paesi periferici”, ma nel centro dell’Europa.
          Ossia in Francia e – soprattutto – in Germania. In
          Francia [...] una crisi bancaria è già in corso: una banca
          specializzata in mutui immobiliari, il Credit
              Immobilier de France, è prossima al fallimento.
          Quasi certamente non riuscirà a ripagare un’obbligazione da
          1,75 miliardi di euro in scadenza a questo mese, e dovrà
          provvedere lo Stato francese. Ma si stima che complessivamente
          le garanzie pubbliche che dovranno essere messe in campo a
          sostegno di questa banca saranno dell’ordine di 20
              miliardi di euro. Come dire, due terzi della
          manovra di Hollande.[...] Ma
          il fronte più caldo, almeno potenzialmente, è un altro, e
          riguarda la banche più grandi del paese: il valore delle
          attività di trading di BNP, Société Générale, Credit Agricole
          e Natixis ammonta attualmente a qualcosa come 2.050
              miliardi di euro, una cifra non molto inferiore
          all’intero prodotto interno lordo della Francia. [...]
          i rischi di mercato [in trading di azioni, obbligazioni e
          derivati] assunti da queste banche crescono, e – viste le
          cifre in gioco – si può parlare di rischio sistemico. Ma
          in confronto a quello che accade in Germania i problemi delle
          maggiori banche francesi impallidiscono. La
          Germania ha tuttora uno dei sistemi bancari meno concentrati e
          meno efficienti dell’intera Europa (circa 1200 banche). Basti
          pensare alle numerose Sparkassen (tradizionalmente vicine alla
          CDU), alle Landesbanken (fu una di esse la prima banca a
          fallire nel 2007, e molte sono tuttora in cattive acque) e
          alle Volksbanken. Il
          governo tedesco, che mesi fa poneva come condizione per
          ulteriori interventi europei a sostegno delle banche spagnole
          la realizzazione di un’unione bancaria europea, non appena
          questa unione bancaria ha assunto la forma di una concreta
              proposta di accentrare la sorveglianza bancaria in Europa
              presso la BCE, ha cominciato a frenare: con il
          ministro delle finanze tedesco Schäuble che è subito
          intervenuto chiedendo che questa sorveglianza valesse soltanto
          per pochissime grandi banche. È
          stato fin troppo facile rispondergli che non sono soltanto le
          grandi banche a esprimere rischi sistemici: basti pensare a
          quello che è successo dopo il fallimento (con salvataggio
          governativo in extremis) di Northern Rock nel Regno Unito. E
          del resto è la stessa situazione spagnola a mostrarci che
          effetti possono avere i fallimenti di tante banche piccole e
          medie. È
          corretto però affermare che oggi i maggiori rischi del sistema
          bancario tedesco non vengono dalle banche piccole e medie, ma
          da quella più grande: la Deutsche Bank. Con
          un bilancio pari all’80% circa dell’intero prodotto interno
          lordo della Germania, la Deutsche Bank è una delle maggiori
          banche mondiali. Ma è anche una delle più sottocapitalizzate.
          Secondo i dati forniti da Bloomberg, il 30 giugno scorso di
          quest’anno era al quintultimo posto tra le 24 maggiori banche
          europee quanto a patrimonio (il cosiddetto “Tier 1 capital
          ratio”).[...] Il
          modo più corretto per valutare l’adeguatezza del capitale di
          una banca è [...] misurare la “leva” (leverage ratio),
          cioè mettere a confronto il bilancio complessivo della banca
          con la sua dotazione di capitale. [...] le attività di
          Deutsche Bank ammontano a 2.241 miliardi di euro, a fronte di
          un capitale di 55,75 miliardi di euro [con una leva di
              40 volte il capitale]. In altre parole, il capitale
              di Deutsche Bank ammonta a poco meno del 2,5% rispetto
              agli assets della banca. Che è come dire che perdite
              del 3% sul totale del portafoglio della banca
          sarebbero più che sufficienti ad azzerare il capitale
              della banca. Ossia
          a farla fallire. Né
          più né meno di quanto è successo a Lehman Brothers. Che
          del resto aveva una leva di appena 24 volte il capitale,
          a fronte del 40 medio delle banche tedesche. Ma
          nonostante questo i nuovi co-amministratori delegati della
          Deutsche Bank,[...] così come il loro predecessore [...]
          continuano a ritenere che la priorità non sia il
              rafforzamento del capitale, ma il suo rendimento:
          e hanno fissato un obiettivo di rendimento annuo del
              12,5% dopo le tasse. Questo
          significa necessariamente continuare ad assumere
          rischi molto rilevanti. Al
          momento il tutto è reso più semplice, tanto per Deutsche Bank,
          quanto per le altre banche tedesche, dal fatto che il basso
          rendimento dei titoli di Stato tedeschi (di fatto negativo,
          ossia inferiore al tasso di inflazione) si riflette
          positivamente anche sul costo di raccolta delle banche: in
          concreto, oggi una banca tedesca ha un costo del capitale
          inferiore del 2-3% a quello di una banca italiana. Ma
          è una situazione che non può durare all’infinito. Un
          peggioramento della situazione economica europea è tutt’altro
          che una remota possibilità. È ormai molto probabile che
          l’approfondirsi della recessione in Europa coinvolga anche la
          Germania (già ora le previsioni di crescita per il 2013 sono
          prossime allo zero). Ma più in generale l’economia mondiale è
          in vistoso rallentamento, e alla luce di quanto sta accadendo
          in Medio Oriente anche uno shock sul prezzo delle materie
          prime energetiche non può affatto essere escluso. Per
          evitare che tutto questo si traduca in una crisi bancaria,
          bisognerebbe fare anche in Germania (e in Francia) quello che
          è stato fatto in Svizzera: dove UBS e Credit Suisse sono state
          costrette a fare ingenti aumenti di capitale. Anche
          per questo sarebbe importante arrivare quanto prima a una
          sorveglianza bancaria europea. Ma le mosse più recenti proprio
          del governo tedesco, dalle schermaglie sulle banche di minori
          dimensioni per le quali dovrebbero restare competenti organi
          di vigilanza nazionali, alla richiesta – di pochi giorni fa –
          di estendere anche ai paesi europei che non fanno parte
          dell’euro la possibilità di decidere sulla configurazione
          della sorveglianza bancaria europea, sembrano avere un unico
          obiettivo: ritardare questo processo per proteggere ancora una
          volta le proprie grandi banche. | 
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