Il "MAGNIFICAT" di don Lorenzo MILANI



 Da quel che abbiamo detto sul dislivello culturale tra classe e classe discende la necessità di ordinare le nostre scuole parrocchiali con criteri rigidamente classisti.
A noi non interessa tanto di colmare l'abisso di ignoranza, quanto l'abisso di differenza. Se aprissimo le nostre scuole, conferenze, biblioteche anche ai borghesi verrebbe dunque a cadere lo scopo stesso del nostro lavoro. Si accettano forse i ricchi alle nostre distribuzioni gratuite di minestra? Il classismo in questo senso non è dunque una novità per la Chiesa.
All'apparenza questa azione classista del prete acuirà il muro di diffidenza e l'odio di classe. Ma nella sostanza e per le le generazioni future tutt'altro. Se un giorno con la nostra scuola classista riusciremo a colmare il dislivello avremo tolto all'odio di classe gran parte della sua ragion d'essere.
Sono poi fermamente convinto che quest'ideale di colmare il dislivello culturale tra classe e classe non rappresenta un'utopia.
La prova è questa: oggi un avvocato o un ingegnere godono di un livello culturale e quindi umano dal quale il povero è totalmente tagliato fuori e umiliato.
Ma tra loro due si parlano da pari a pari quantunque l'av­vocato non sappia una parola di ingegneria e viceversa. La parità umana è dunque ben compossibile con un totale dislivello in cultura professionale ed è data dal patrimonio comune di cultura generale.
In questa cultura generale il fattore determinante è a nostro avviso la padronanza della lingua e del lessico. [...]
A una parità culturale così intesa si può ben portare i poveri senza che per questo si avveri la catastrofe prevista nell'infame apologo di Menenio Agrippa.
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