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perchè difendere il paesaggio è un gesto etico
- Subject: perchè difendere il paesaggio è un gesto etico
 - From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
 - Date: Thu, 22 Mar 2012 06:41:20 +0100
 
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 da repubblica.it 21/3/2012 PERCHÉ DIFENDERE IL PAESAGGIO È UN GESTO ETICO Ma che cos’è il “paesaggio” che la Costituzione impone di tutelare? Secondo 
il Consiglio d’Europa, «una 
determinata parte di territorio, così 
come è percepita dalle popolazioni»; con involontaria 
tautologia che cela una difficoltà definitoria, 
ci vien detto insomma che il paesaggio è 
proprio quello che è. Osa di più il Codice dei Beni 
Culturali, che per “paesaggio” intende «parti 
di territorio i cui caratteri distintivi derivano dalla 
natura, dalla storia umana o dalle reciproche 
interrelazioni»; la sua tutela «salvaguarda i valori 
che esso esprime quali manifestazioni identitarie 
percepibili». Il legame forte fra paesaggio e 
valori identitari incarna una tradizione civile e 
giuridica che risale alla prima legge sul paesaggio, 
dovuta al ministro Benedetto Croce (1920- 
22). Eppure si perpetua l’equivoco che chi difende 
il paesaggio lo fa in base a una concezione 
estetica (il paesaggio come “veduta”, assimilabile 
a un quadro). Ma anche nella legge Croce 
questo aspetto era intimamente congiunto con 
altri, per esempio la «particolare relazione con 
la storia civile e letteraria». 
Su questa tradizione si innesta l’art. 9, «il più 
originale della nostra Costituzione» secondo 
Carlo Azeglio Ciampi. Per la prima volta nella 
storia, la tutela del patrimonio artistico e del 
paesaggio entravano fra i principi fondamentali 
di uno Stato. Ma le sventure del nostro tempo, 
la spietata aggressione a un suolo ormai invaso 
non solo dal cemento ma dalle discariche e dai 
veleni, impongono una concezione ancor più 
ampia, anch’essa fondata sulla Costituzione. La 
Corte Costituzionale, in ineccepibili sentenze, 
ha letto l’art. 9 in sintonia con l’art. 32, che tutela 
la salute «come fondamentale diritto dell’individuo 
e interesse della collettività». Paesaggio 
e ambiente formano dunque un’unità inscindibile, 
e su questo punto la Costituzione è anni-luce 
più avanzata della legislazione ordinaria, che 
viceversa è orientata dal dissennato divorzio fra 
le nozioni giuridiche di paesaggio (affidato allo 
Stato), territorio (affidato alle regioni) e ambiente 
(di competenza mista). Una ricomposizione 
normativa, ardua ma necessaria, potrebbe 
prendere a manifesto una frase di Luigi Einaudi, 
che punta le sue carte sulla parola “suolo”: 
«La lotta contro la distruzione del suolo italiano 
sarà dura e lunga, forse secolare. Ma è il 
massimo compito di oggi se si vuole salvare il 
suolo in cui vivono gli italiani» (Il Corriere 
della 
Sera, 15.12.1951). 
Dobbiamo ormai partire da una definizione 
operativa di paesaggio, passando dal paesaggio 
“estetico” (da guardare) al paesaggio “etico” 
(da vivere). Il nesso primario fra paesaggio e 
ambiente, «valore costituzionale primario e assoluto 
» secondo la Consulta, implica il forte legame 
fra tutela del paesaggio e tutela della salute, 
fisica e mentale. In questo quadro assumono 
nuova pregnanza e urgenza non solo lo 
spietato consumo di suolo, ma anche la spaventevole 
perdita di qualità dell’architettura in 
Italia e il declino dell’agricoltura, che del suolo 
è il miglior presidio; anche la trasformazione di 
uliveti e vigneti in distese di pannelli solari. 
Dobbiamo cercare anticorpi, come il riciclo 
delle architetture in disuso, a cui il Maxxi ha dedicato 
una mostra a cura di Pippo Ciorra, o le altre 
strategie di gestione virtuosa dei suoli di cui 
parla Gabriele Salari nel suo L’Italia diversa. Temi 
non di natura “estetica”, ma legati alla salute, 
alla qualità del vivere, alla felicità e al benessere 
dei singoli e delle comunità, all’equilibrio 
economico e alla produttività. Alla radice, il dato 
essenziale è sempre lo stesso: l’idea di bene 
comune, la sua priorità sul profitto dei singoli. 
La necessità di operare oggi per il bene delle generazioni 
future. 
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