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i 147 padroni del mondo
- Subject: i 147 padroni del mondo
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 20 Jan 2012 06:35:27 +0100
da democrazia km 0
I 147 padroni del mondo — 18 gennaio 2012 di MARIO AGOSTINELLI La crisi peggiore degli ultimi cento anni è descritta con metafore che provengono dal mondo della navigazione: rotta, tempesta, naufragio si sprecano all’interno di ogni commento. Nei fatti, ci stiamo abituando ad una autentica battaglia navale in cui singole corazzate con bandiere nazionali ed equipaggi indifferenziati – dagli operai ai pensionati, agli industriali, ai banchieri – muovono a contendere lo spazio a quelle “nemiche” che incrociano sui propri mari (o in zone limitrofe che diventeranno presto campo di battaglia) apparentemente senza regia e con navigazione a vista. Con la politica che ha perso la bussola, che esibisce capitani senza spessore e autorevolezza e sempre più lontani dagli equipaggi, e che va cedendo i ponti di comando a tecnici di lungo corso, esperti – sembrerebbe – dei mari, le cui tempeste non hanno saputo domare quando dovevano far funzionare i fari e mandare a tempo avvisi ai naviganti. E’ il caso della Grecia e dell’Italia ed è quanto sta alle spalle della coppia Merkel-Sarkozy, a cui basta una nota di S&P per perdere completamente l’orientamento. Al di là di questi richiami suggestivi, siamo di fronte al crollo più
rovinoso delle democrazie storiche e al crescente dominio della finanza e del
capitale industriale, oggi impegnato nella speculazione, a dispetto della
sovranità popolare costituzionalmente ribadita, ma materialmente bloccata. In
verità, è in atto il più profondo mutamento nel sistema di potere a livello
globale, che percepiamo a naso, ma raramente qualifichiamo e
quantifichiamo.
In uno studio del settembre 2011 (http://arxiv.org/abs/1107.5728) un gruppo di matematici dell’Università di Losanna rivela empiricamente la rete capitalista che domina il mondo. Partendo da una base di dati di 37 milioni di imprese e investitori, vengono identificate 43.060 grandi imprese transnazionali che praticamente controllano l’universo sottostante dei 37 milioni. Raffinando ancora di più i dati, il modello finale ha rivelato un nucleo centrale di 1.318 grandi imprese con 20 connessioni – in media – con altre imprese e con un potere economico che, sebbene concentri solo il 20% dei redditi globali di vendita, detiene la maggioranza delle azioni delle principali imprese del mondo – le cosiddette blue chips – detentrici del 40% della ricchezza mondiale. Ma l’analisi si è spinta oltre, focalizzandosi per la prima volta non sui
singoli fatturati, ma sul valore aggregato delle partecipazioni azionarie
intrecciate di singoli capofila. Si è così penetrati anche nelle zone dei
cosiddetti “trust” , ammessi dal diritto anglosassone, che consentono di
nascondere capitali anonimi. Ci si riduce così alla fine a 147 imprese
intimamente interrelazionate, la cui maggioranza sono banche (enumeriamo
qualche caso a tutti noto tra le prime 50; banche oltreoceano: JP Morgan, Chase
& Co, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Bank of America; banche europee: UBS ,
Deutsche Bank, Crédit Suisse, Unicredito Italiano, BNP Paribas), assicurazioni
(Allianz LLoyds), multinazionali dell’acqua e del petrolio (Société Générale des
eaux, China Petrochemical Group), fino a poche finanziarie industriali dei
trasporti, del nucleare e dell’elettronica (Mitsubishi, UFJ Financial Group Inc.
Dodge & Cox).
Dice niente questa mappa di “piovre” che detengono un potere
sproporzionalmente elevato sull’economia globale e che indirizzano lo
spostamento di enormi riserve pubbliche statali alle banche e agli armamenti,
sostengono la decadenza dello stato sociale pubblico a favore dei sistemi
assicurativi, la privatizzazione dell’acqua e il rilancio del binomio
auto-petrolio contro le rinnovabili e la mobilità sostenibile? Come il mondo ha
visto durante la crisi del 2008, queste reti sono molto instabili: basta
che un nodo abbia un problema serio che questo si propaga automaticamente a
tutta la rete, trascinando con sé l’economia mondiale come un tutto.
Si tratta comunque di reti ad alta conservazione e con relazioni e punti di
comando affidati a tecnici e managers che costituiscono un olimpo
internazionale, che agiscono fuori dall’interesse generale e non sono sottoposti
ad alcun controllo democratico. Siedono invece in istituzioni private poco
trasparenti, (Trilateral, Bilderberg, Aspen Institute) costruite per inviti e
cooptazioni da grandi potentati economici (Rockefeller, Goldman Sachs, Unilever,
Ford) e allargate a politici e intellettuali, dove si decidono strategie
internazionali a danno della partecipazione e dell’uguaglianza che, in fondo,
stanno alla base delle richieste del 99% che si indigna. Sulla tolda delle
nostre corazzate in lotta di sopravvivenza, stanno salendo queste figure (lascio
ai lettori le indagini di verifica anche attraverso Wikipedia) con un
sostanziale accordo di fondo, ma con gli elicotteri già a loro disposizione nel
caso in cui ci fossero naufragi…
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