territorio bene comune



da eddyburg.it
 
Territorio bene comune. Per una conversione ecologica del modello socioeconomico della Toscana.
Data di pubblicazione: 30.08.2011

Autore: Magnaghi, Alberto; Greppi, Claudio

Prime note per il convegno, promosso da ReTe (Rete dei Comitati per la difesa del Territorio), da tenersi nel prossimo autunno

1. Dalle vertenze al progetto

La prima questione riguarda la modalità di formazione del Convegno. Sulla base dei temi acquisiti nel corso dell’esperienza della Rete in questi anni e ribaditi da parte dell’assemblea del 18 giugno, questo documento - che è stato scritto come punto di partenza delle proposte della Rete per il modello toscano - sarà alimentato dalle idee e dal lavoro dei singoli comitati: a partire dalle proprie esperienze, in generale contestative di politiche, azioni e progetti ritenuti negativi per la qualità della vita degli abitanti e per il futuro della qualità ambientale, territoriale e paesistica della Toscana, le tematiche possono essere arricchite e sostanziate con proposte progettuali; proposte che siano in grado di configurare nel loro insieme un progetto integrato per una conversione ecologica della regione.

Questo modo di procedere risponde allo spirito della Rete che vede nei saperi contestuali espressi dalle manifestazioni di cittadinanza attiva, presenti nelle singole vertenze, le competenze necessarie a costruire un progetto integrato per il futuro della Toscana; un progetto che partendo dalla centralità del territorio, dell’ambiente e del paesaggio, rimodelli le modalità di produzione della ricchezza in forme durevoli e sostenibili.

Questa è la sfida: in un momento storico in cui è essenziale ragionare sulle strategie di uscita in avanti dalla crisi, diventa essenziale riuscire a capitalizzare saperi, esperienze di anni di mobilitazione per la difesa del territorio, in un progetto che alluda pienamente ad un programma di generale di trasformazione socioeconomica e territoriale.

D’altra parte la Rete si è mossa fin dalla sua formazione su questo progetto di ricomposizione dei conflitti locali in programmi generali rivolti sia alla società che alle istituzioni. Citiamo in particolare :
• Il documento politico del 10 novembre 2007, nel quale si lanciava la “vertenza toscana” con la Regione, “sui problemi dell’ambiente, del territorio e della gestione dei beni culturali e, più in generale, sulle forme e le modalità di sviluppo”;
• il convegno su “Le emergenze in Toscana. Crisi di un modello regionale di sviluppo”, Firenze 28 giugno 2008;
• i documenti per le elezioni politiche del 2008, e delle amministrative e europee del 2009, in cui la Rete ha lanciato un messaggio alle forze politiche per dare centralità nei programmi alle questioni ambientali, territoriali e paesaggistiche, partendo dalle vertenze sulla tutela del paesaggio, contro il consumo di suolo, sulle grandi opere e infrastrutture, sulle problematiche energetiche, dei rifiuti, dei beni culturali e della partecipazione;
• il documento per le elezioni regionali del 2010 incentrato in particolare su proposte di trasformazione dei modelli di pianificazione (partecipazione, governance, statuto del territori, pianificazione di area vasta, politiche per il paesaggio rurale, l’energia, le attività estrattive).

Dunque si tratta, in una fase scomposta di berlusconismo al tramonto, di uno sforzo ulteriore di proposta progettuale, fondata sul corpo vivo delle esperienze e dei saperi territoriali, che come tale può incontrare interesse anche oltre i confini della Toscana per la formazione di programmi di governo alternativi. Il tema del “ritorno al territorio” assume particolare rilevanza proprio nella prospettiva dell’uscita dall’attuale crisi, politica ed economica.

2. Dopo i referendum: verso la gestione sociale dei beni comuni

I referendum di giugno, sia quello contro il nucleare che quello per l’acqua pubblica hanno espresso con chiarezza lapidaria il significato ormai socialmente condiviso del concetto di “beni comuni”, in questo caso dei fondamentali elementi di riproduzione della vita, l’energia e l’acqua.

Ma nel dibattito pubblico il concetto di beni comuni si è da tempo progressivamente esteso alla generalità dell’ambiente, al territorio, alla città, al paesaggio: dunque valorizzazione dei beni comuni come alternativa strategica e reazione collettiva ai modelli sociali del neoliberismo, fondati sulla privatizzazione e la mercificazione generalizzata delle relazioni sociali e individuali.

Le mobilitazioni dei comitati e dei movimenti hanno mostrato la centralità del territorio come bene comune sui due aspetti essenziali che proponiamo per il Convegno di autunno: nei processi di ricostruzione di forme di cittadinanza attiva, di democrazia partecipativa, di ricostruzione di aggregati comunitari e di spazio pubblico, di riappropriazione da parte delle popolazioni insediate dei propri ambienti di vita; e infine nel riconoscimento dei valori patrimoniali (ambientali, urbani, territoriali, paesaggistici, socioculturali) che possono costituire la base della produzione di ricchezza durevole attraverso nuove forme di autogoverno della società locale.

Lo sforzo progettuale deve riguardare ora le modalità di gestione dei beni comuni (in primis, territorio, ambiente e paesaggio), che devono superare la storica contrapposizione fra pubblico (burocratico, inefficiente) e privato (finalizzato al profitto, con aumento dei costi e riduzione della qualità dei servizi), verso la sperimentazione di forme di gestione sociale dei beni stessi.

L’orizzonte di questa trasformazione comporta il rafforzamento delle società locali per consentire il loro allontanamento dalle reti globali della finanza e della tecno-cienza, verso l’autosostenibilità ambientale, sociale, culturale:
• costruendo aggregati societari fra cittadini-produttori, microimprese, artigianato, banche locali, società di azionariato popolare, imprese a valenza etica (ambientale, sociale, commerciale, ricerca, innovazione, ecc);
• costruendo patti città-campagna per gestire i mezzi di riproduzione della vita: acque, cibo, salute, rifiuti, energia, ambienti di vita (paesaggi dei mondi di vita, secondo la Convenzione europea):
• rafforzando e innovando attività produttive e filiere integrate (orizzontali e verticali) connesse alle peculiarità dei patrimoni culturali e sociali locali e regionali e promuovendo scambi nel mondo di tipo cooperativo.

E’ possibile pensare di ridurre l’impronta ecologica della Toscana (da 4,3 a 1,9 ha pro capite, per esempio) Molte iniziative di comitati e movimenti alludono a questo problema strategico per la costruzione di relazioni di scambio solidale fra nord e sud del mondo e per politiche di pace: la chiusura locale dei cicli dei rifiuti, verso rifiuti zero e il riuso e dei circuiti dell’alimentazione verso il km zero; il blocco del consumo di territorio e di suolo agricolo; la coerenza fra sviluppo delle energie rinnovabili (produzione energetica locale) e valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente; e cosi via.

E’ possibile pensare la Toscana del dopo crisi come un laboratorio innovativo di “ritorno al territorio” anziché un banale (e improbabile) ritorno del PIL ai valori ante 2007 come propone anche oggi la Regione, con il Piano Regionale di Sviluppo? Sarà opportuna, in sede di convegno, una riflessione puntuale sull’evoluzione del “modello toscano” nei programmi e nelle politiche regionali, da Chiti a Rossi4, dai distretti alle piattaforme logistiche e infrastrutturali, fino all’attuale revisione del Piano di Indirizzo Territoriale.

La Toscana, con il suo alto livello di reti civiche, associative, produttive di microimpresa e di lavoro sociale tipiche del modello dell’Italia mediana posto all’attenzione politica alcuni mesi fa da Asor Rosa, potrebbe divenire dunque un importante laboratorio sperimentale di gestione dei beni comuni territorio, ambiente, energia e paesaggio.

3. Una prima agenda tematica del progetto.

Si richiamano di seguito alcuni temi che possono essere corroborati dai saperi e dalle linee culturali emergenti dai comitati e che possono costituire una prima articolazione del progetto di conversione ecologica della Toscana.

• dall’ubriacatura per le multinazionali alla rivalorizzazione dei sistemi economici a base territoriale: dal focus sull’impresa di grande dimensione, in funzione dell’attrazione di investimenti dall’esterno, rispetto ai quali il territorio assume il valore di mero contenitore, al rilancio di relazioni sinergiche fra sistemi produttivi e valori patrimoniali del territorio, secondo un modello bottom-up che valorizzi lo sviluppo e la crescita dei soggetti stessi del territorio e della loro interazione, per determinare politiche e obiettivi e vincoli dell’attività economica finalizzati alla massimizzazione del benessere locale e delle differenti variabili che lo determinano. Non si tratta di riproporre pedissequamente un rilancio dei tradizionali distretti industriali, ma di integrare e qualificare la Toscana manifatturiera con filiere verticali connesse alla multifunzionalità dell’agricoltura, alla crescente produzione di cultura, arte, informazione, alla qualificazione ecologica del turismo.

• dal blocco delle politiche, delle azioni e delle procedure urbanistiche che producono degrado del paesaggio toscano e ne abbassano il valore abitativo (modi di vita) culturale e attrattivo (economia), all’avvio di azioni di riqualificazione dei paesaggi urbani, rurali e industriali degradati (in particolare delle piane e della costa).

• dal blocco del consumo di suolo agricolo, alla riqualificazione della produzione edilizia in funzione della ridefinizione e qualificazione dei margini urbani, degli spazi pubblici, della qualità edilizia e urbanistica delle urbanizzazioni contemporanee; riconversione della produzione agricola verso la multifunzionalità per nutrire le città (attivando reti corte fra produzione e consumo), per la salvaguardia idrogeologica, l’elevamento della qualità ecologica, della qualità paesaggistica e fruitiva degli spazi aperti.

• dalla gestione pubblica dell’acqua alla gestione sociale e allo sviluppo di politiche pubbliche per garantire gli equilibri idrogeologici e elevare la qualità ecologica del territorio regionale (biodiversità, connettività, multifunzionalità delle reti ecologiche e degli spazi rurali, ecc).

• dal blocco delle grandi infrastrutture inutili e dannose alla promozione e al recupero di reti regionali di trasporto pubblico atte a valorizzare i sistemi economici locali, la mobilità infra- regionale e il carattere policentrico dei sistemi urbani regionali,in un sistema di mobilità dolce (recupero ferrovie minori, sentieri, percorsi ciclabili, ippici, navigabilità, ecc) come rete capillare regionale di qualificazione, messa in valore e fruizione dei paesaggi dell'intero territorio come bene comune.

Infine si possono così indicare alcuni temi propositivi più specifici:

• riqualificare i sistemi fluviali (Arno in primis), integrando progetti idraulici con la qualità ecologica, paesaggistica, fruitiva delle riviere; promuovendo, nelle forme possibili, la navigabilità per restituire centralità ai paesaggi fluviali dimenticati;

• restituire valore funzionale, culturale e artistico alle piccole e medie città storiche della Toscana e alle loro reti policentriche (funzionali e infrastrutturali);

• individuare nella rete insediativa storica le opportunità di riuso in funzione di attività economiche e di ricerca di alto livello, anche in rapporto con le prospettive di sviluppo degli atenei toscani;

• valorizzare l'identità paesaggistica e la multifunzionalità del territorio agroforestale, attribuendo ruolo centrale alla rivitalizzazione dei paesaggi rurali storici;

• cooperare a progetti multisettoriali di ripopolamento della montagna, mettendone in valore le potenzialità energetiche, produttive, abitative, ecologiche, turistiche;

• rendere coerenti i progetti di risparmio e produzione energetica da fonti rinnovabili (vento, sole, e anche geotermia) con la domanda effettiva del territorio e con gli obiettivi di qualità paesaggistica e ambientale, mediante l’uso di tecnologie appropriate;

• attivare modalità e strumenti per la produzione la gestione sociale dell’ambiente, del territorio, del paesaggio a partire dalla revisione della legge 1/2005 e della legge 69/2007 sulla partecipazione, anche in funzione di progetti di gestione sociale dei beni comuni.

Agosto 2011