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Ripensare i legami tra l'utilizzo delle risorse e la prosperità umana ed economica
- Subject: Ripensare i legami tra l'utilizzo delle risorse e la prosperità umana ed economica
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 1 Jun 2011 06:39:30 +0200
da greenreport.it
[ 27 maggio 2011 ] Ripensare i legami tra l'utilizzo delle risorse e la prosperità umana ed economica Gianfranco Bologna Il Programma Ambiente delle Nazioni Unite (United nations environment programme, www.unep.org ), nei suoi continui e lodevoli sforzi per fornire il massimo di analisi alla comunità internazionale, favorendo il percorso verso la Conferenza ONU sullo Sviluppo Sostenibile (la cosidetta Conferenza Rio+20 che avrà luogo nel giugno del 2012 a Rio de Janeiro, vent'anni dopo il grande Earth Summit del 1992) ha reso noto il nuovo rapporto dell'autorevole International Resource Panel, dal titolo "Decoupling: natural resource use and environmental impacts from economic growth"(scaricabile dal sito www.unep.org/resourcepanel/decoupling/files/pdf/Decoupling_Report_English.pdf mentre altri materiali, dal comunicato stampa al sommario del rapporto, sono disponibili su www.unep.org/resourcepanel/Publications/Decoupling/tabid/56048/Defauls.aspx ). L'International Resource Panel è stato lanciato ufficialmente nel 2007, nell'ambito dell'UNEP stesso, con l'obiettivo di provvedere alla messa a punto scientifica degli obiettivi da perseguire in tutto il mondo per disaccoppiare la crescita economica e l'uso delle risorse dal degrado ambientale. Il Panel è coordinato da due illustri studiosi in materia, quali Ernst Urlich von Weizsacker, fondatore del prestigioso Wuppertal Institute tedesco, autore, fra l'altro, dei famosi rapporti "Factor 4" e "Factor 5" e Ashok Khosla, presidente dell'International Union for Conservation of Nature (IUCN) e del Club di Roma, mentre il rapporto sul decoupling è stato coordinato da Mark Swilling del Sustainability Institute dell'Università di Stellenbosch in Sud Africa e Marina Fischer-Kowalski, nota studiosa dei metabolismi sociali e dell'ecologia industriale e direttrice dell'Institute of Social Ecology dell'Università di Alpen-Adria in Austria. Il rapporto lancia un messaggio molto chiaro: nel 2050 se non vi saranno modifiche all'attuale stato delle cose, l'umanità si troverà ad utilizzare annualmente 140 miliardi di tonnellate di minerali, combustibili fossili e biomasse, cifra che risulta essere quasi tre volte la quantità consumata attualmente. Con l'attuale crescita della popolazione e l'incremento dei consumi in numerosi paesi di nuova industrializzazione la prospettiva di un continuo e sempre maggiore consumo di risorse è molto lontana dall'essere sostenibile. La media globale di consumo di risorse pro capite ha raggiunto nel 2000, intorno alle 10 tonnellate, mentre si calcola che era circa la metà nel 1900. Da qui nasce l'importanza del "fare più con meno", incrementando il livello di "produttività" delle risorse, disaccoppiando (decoupling) l'intensità di energia e materie prime per unità di PIL, ottenendo cioè una riduzione dell'input di materie prime ed energia per la produzione di beni e servizi. Tale obiettivo richiede ovviamente di ripensare i legami tra l'utilizzo delle risorse e la prosperità umana ed economica, avviando un grande investimento nell'innovazione tecnologica, finanziaria e sociale per ridurre e congelare i livelli di consumo pro capite nei paesi industrializzati e mirare a percorsi sostenibili nei paesi in via di sviluppo. Oggi, riferisce il rapporto, il decoupling ha luogo ma ad un ritmo insufficiente per venire realmente incontro alle necessità di una società sostenibile ed equa. Tra il 1980 ed il 2002 per 1.000 dollari di output economico vi è stato una abbassamento della richiesta di materie prime da 2.1 tonnellate a 1.6 tonnellate, ma è un ritmo non sufficiente e, globalmente, il consumo di risorse, sotto la spinta della crescita della popolazione e dei consumi individuali, aumenta. Gli attuali trend relativi alla crescita
dell'urbanizzazione potrebbero
aiutare in questa direzione in quanto le strutture urbane possono favorire, se ben gestite e governate, economie di scala e significative efficienze nell'approvvigionamento dei servizi. Le aree densamente popolate potrebbero consumare meno risorse pro capite rispetto alle aree scarsamente popolate e rurali, grazie a politiche mirate sulla disponibilità di acqua, l'uso dell'energia e dei trasporti, il trattamento dei rifiuti ed il riciclaggio e il modo stesso di strutturare le abitazioni. Come ricorda l'economista britannico Tim Jackson, autore del bellissimo "Prosperità senza crescita" (Edizioni Ambiente) di cui abbiamo parlato numerose volte nelle pagine di questa rubrica, il decoupling è visto da molti economisti e altri analisti come la soluzione centrale per risolvere i gravi problemi attuali presenti tra i nostri metabolismi sociali e quelli naturali. Ma, sino ad ora, il decoupling non ha dato i risultati necessari, come peraltro confermano gli stessi autori del rapporto UNEP e Jackson ricorda che per riuscirci nell'immediato futuro e, per rispettare i limiti ecologici sempre più chiari e palesi, sarebbe necessario un decoupling su scala così vasta che è francamente difficile da immaginare. Ma, in ogni caso, è fondamentale non lasciare nulla di intentato. In maniera molto corretta e rifacendosi alla letteratura già esistente in merito, Jackson, nel capitolo del suo libro intitolato proprio "Il mito del decoupling", ricorda che è fondamentale distinguere tra decoupling relativo e decoupling assoluto. Il primo si riferisce alla riduzione dell'intensità ecologica per unità di output economico, in altre parole, come abbiamo già visto sopra, si riduce l'impatto sulle risorse rispetto al PIL, ma non necessariamente il suo valore assoluto (infatti l'impatto sulle risorse può anche aumentare, ma a un tasso inferiore del PIL). Il secondo, invece, mira a ridurre l'utilizzo delle risorse (o le emissioni prodotte) per unità di output economico allo stesso livello, cioè l'efficienza dell'uso delle risorse deve aumentare almeno quanto l'output. Jackson ricorda che esiste una regola molto comoda per calcolare il punto in cui il decoupling relativo porta a quello assoluto: in una popolazione in espansione, con redditi medi in aumento, il decoupling assoluto si ha quando il tasso di decoupling relativo è maggiore della somma dei tassi di crescita della popolazione e del reddito. Quindi Jackson ritiene che le prove sul ruolo del decoupling come scappatoia dal dilemma della crescita, non si rivelano convincenti ed il "mito" sta appunto nel credere che il decopuling, da solo, ci permetta di raggiungere i nostri obiettivi di sostenibilità. E' evidente che tali riflessioni non significano che il decoupling sia inutile, anzi esso è in ogni caso fondamentale, con o senza crescita ma è bene conoscerne anche i limiti. Il rapporto dell'International Resource Panel
descrive tre scenari per
giungere ad una "convergenza" tra paesi sviluppati e in via di sviluppo, rispetto all'utilizzo delle risorse. Nel primo si prevede un andamento BAU (Business As Usual, cioè fare come se niente fosse) nei paesi industrializzati con una progressiva convergenza degli altri. Nel 2050 si avrebbe un consumo annuo di risorse (dai combustibili fossili alle biomasse) di 140 miliardi di tonnellate, circa 16 tonnellate a testa per una popolazione di 9 miliardi. Il rapporto definisce questo uno scenario assolutamente insostenibile per quanto riguarda sia l'utilizzo delle risorse quanto la gestione delle emissioni. Lo scenario 2 prevede una moderata contrazione del consumo delle risorse nei paesi sviluppati ed una progressiva convergenza su questi livelli da parte degli altri paesi. Il risultato che ne emergerebbe al 2050 è un consumo totale di 70 miliardi di tonnellate, circa il 40% in più del 2000. Il consumo pro capite medio di risorse sarebbe di 8 tonnellate. Le emissioni medie di anidride carbonica risulterebbero di 1.6 tonnellate pro capite, mentre le emissioni globali raddoppierebbero rispetto alla situazione attuale. Lo scenario 3 prevede una decisa contrazione del consumo di risorse nei paesi industrializzati e una convergenza degli altri. Ciò produrrebbe un risultato di circa 50 miliardi di tonnellate annue, gli stessi del 2000, con un consumo globale pro capite di 6 tonnellate annue. Anche le emissioni di anidride carbonica resterebbero a livelli "accettabili" di 0.75 tonnellate pro capite. Si tratta dello scenario al quale tutti i paesi dovrebbero indirizzare le loro politiche. Il messaggio centrale del rapporto è mirato quindi
ad avviare una vera rivoluzione del decoupling in tutto il mondo, sottolineando la straordinaria importanza di attivare tutte le capacità innovative per vincere questa sfida alla quale è legata la nostra stessa sopravvivenza. Il trend attuale di consumo delle risorse non è sostenibile. |
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