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nucleare:Quale affidabilità ha il nostro sistema di prevenzione del rischio?
- Subject: nucleare:Quale affidabilità ha il nostro sistema di prevenzione del rischio?
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 18 Mar 2011 06:37:41 +0100
da Eddyburg
Nucleare: tra l’imprevisto e
l’imprevedibile
Data di pubblicazione: 15.03.2011 Autore: Greco, Pietro Quale affidabilità ha il nostro sistema di prevenzione del rischio? Su www.scienzainrete.it, 15 marzo 2011 (m.p.g.) I due colpi, il sisma e le onde di tsunami, che in rapida successione si sono abbattuti venerdì scorso sul Giappone sono stati senza dubbio alcuno fuori dall’ordinario. Il terremoto di magnitudo 9,0 è il più forte mai registrato nell’arcipelago nipponico e il quinto per potenza mai registrato al mondo. Lo tsunami, con onde alte fino a 10 metri, è avvenuto sottocosta e in pochi attimi ha raggiunto e devastato un territorio pianeggiante. Le perdite umane sono state alte: si parla di migliaia di morti. Ma gli esperti non hanno dubbi: in qualsiasi altra parte del mondo, con analoga intensità abitativa, sarebbero stati ben maggiori. Basta ricordare che proprio lo scorso anno ad Haiti un terremoto di magnitudo 7,0 – di due ordini di grandezza meno potente – e senza tsunami ha causato quasi 300.000 morti. Pur nella tragedia, il Giappone ha dimostrato che per capacità tecnologica e cultura della prevenzione non ha pari al mondo. Tuttavia oggi il mondo è col fiato sospeso a causa
di un effetto secondario del terremoto e dello tsunami: la crisi del sistema
nucleare. Non il collasso, si badi bene. Perché nessun dei 55 reattori che
costituiscono il sistema nucleare giapponese è collassato e tutti quelli a
rischio sono stati spenti automaticamente non appena è stata registrata la
scossa sismica. Ma una crisi del sistema, quella sì c’è stata. Il sistema
ausiliario di refrigerazione non ha funzionato bene, soprattutto (ma non solo)
in alcuni reattori della centrale di Fukushima. Provocando una crisi seria:
perché già oggi, mentre la situazione è ancora in evoluzione e minaccia di
peggiorare, quello ai reattori giapponesi è considerato il più grave incidente
della storia del nucleare civile dopo Chernobil. L’ISPRA, l’Ente pubblico di
ricerca italiano che si occupa di ambiente e anche di sicurezza nucleare,
classifica l’incidente di Fukushima al livello 5 della scala INES (International
Nuclear Event Scale), che va da 1 a 7. Le autorità nucleari francesi lo
classificano, addirittura, al livello 6.
Le notizie sono ancora frammentarie. Non sappiamo se c’è stata, in qualcuno dei reattori, fusione del nocciolo. Non sappiamo se i giapponesi riusciranno a refrigerare i reattori surriscaldati. Sappiamo però che ci sono state diverse esplosioni, di natura chimica, che hanno provocato emissioni, più o meno controllate, di nubi definite nocive dal governo giapponese. Non conosciamo né la quantità né la natura della radiazione liberata nell’ambiente. Sappiamo però che il governo di Tokio ha deciso di evacuare l’area intorno alla centrale per un raggio prima di 10, poi di 20, poi di 30 chilometri. Non conosciamo ancora le cause precise della crisi
del sistema ausiliario di refrigerazioni in così tanti reattori. E solo una
conoscenza dettagliata potrà trasformarsi in una spiegazione significativa.
Tuttavia una cosa è certa: il sistema nucleare giapponese – o, almeno, una parte
di esso – non è stato progettato e realizzato per sopportare i due terribili
colpi: il terremoto di altissima intensità e l’arrivo in tempi rapidissimi delle
terribili onde di tsunami.
Bisogna capire se l’imprevisto è risultato tale perché imprevedibile. Oppure per carenze di progettazione. Il nodo non è da poco. Perché, in ogni caso, propone domande cui non è semplice rispondere. Poniamo che il doppio colpo imprevisto in Giappone
fosse imprevedibile. Questo non ci deve portare a rivedere profondamente i
fondamenti teorici su cui costruiamo i nostri sistemi di prevenzione del
rischio? Se, al contrario, il grave incidente è stato tale per colpa oggettiva
dei progettisti (era prevedibile e non è stato previsto) nel paese a
elevatissimo sviluppo tecnologico e a elevatissima cultura della prevenzione,
non è il caso di rivedere in profondità il modo in cui mettiamo in pratica i
fondamenti teorici della prevenzione del rischio?
Rispondere a queste domande viene prima della
domanda che oggi campeggia sulla prima pagine e persino sulle agende delle
cancellerie di : nucleare sì o nucleare no?
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