si fa presto a dire nucleare...solo chiacchiere...



si fa presto a dire nucleare...solo chiacchiere...

 
L'EX MINISTRO DELL'INDUSTRIA SVELA IN UN LIBRO IL BLUFF
di Giorgio Meletti

Attorno al "rinascimento nucleare" , del quale si parla motto facendo poco, ci sono alcuni misteri. Il primo è che in un profluvio di interviste e convegni, il governo Berlusconi ha costituito l'Agenzia per la sicurezza nucleare, primo passo operativo per la costruzione di nuove centrali. Ma, chissà come, si è dimenticato di scrìvere il documento programmatico che dovrebbe precedere il gran fervore di attività e che infatti il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010 ordinava di redigere in poche settimane. Questa è solo una delle bombe di profondità sganciate da Alberto Ciò, docente di Economia industriale a Boiogna e ministro dell'Industria nel governo Dini (1995).
IL SUO PAMPHLET Si fa presto a dire nucleare, appena pubblicato da II Mulino, se Ietto con qualche attenzióne dalla classe politica, metterebbe la pietra tombale su un piano nucleare fatto di chiacchiere. Che però, alla lunga, rischia di aprire la strada a una rendita miliardaria (in euro) e quindi a un gigantesco drenaggio di denaro pubblico. Ciò si addentra nelle stranezze del nucleare all'italiana con perfida ironia: "Costruire per non produrre non è una gran prospettiva, specie se si sono spesi miliardi di euro". E si chiede come mai si parte con il nucleare ma nel frattempo si autorizza anche un nuovo esercito di centrali a metano, cosicché si rischia tra 20 anni di non sa-
pere che farne. L'impatto del suo volumetto è moltiplicato dal fatto che fin dalla prima riga l'economista bolognese si dichiara nuclearista non pentito. E, quando Ciò passa in rassegna le sciocchezzefatte o dette dai pasdaran dell'atomo, io fa per metterli sull'avviso: sarà colpa vostra, avverte, se anche stavolta non combineremo niente. A 21 anni dal referendum che ci ha fatto uscire dal nucleare, secondo Ciò una iattura, siamo rientrati in ballo con una semplice dichiarazione dell'allora ministro Claudio Scajola all'assemblea della Confindustria del 22 maggio 2008.
CLÒ PRENDE DI MIRA la ottusa propaganda filonucleare, che non ha imparato niente dalla sconfìtta degli anni Ottanta, e fa impietosamente il verso all'idea ossessiva di dipingere il ritorno al nucleare come una marcia trionfale all'insegna degli slogan: La convenienza del nucleare è fuor di dubbio. Gli investi-
tori sono in grado di assumersene l'onere senza alcun aiuto, sussidio, incentivo. I soldi non sono un problema. Possiamo farcela nel giro di pochissimi anni". "Si fa presto a dire nucleare", replica appunto Ciò, che smonta una per una queste asserzioni, pur paventando il rischio di essere considerato "un traditore". E al contrario sostenendo che solo guardando i problemi per quello che sono, senza fare i furbi, si potrà costruire attorno all'energia atomica quel consenso sociale indispensabile per procedere. Ed ecco la lista dei problemi. Innanzitutto non è vero che il nucleare avanza in tutto il mondo e gli italiani sono gli unici fessi a restare tagliati fuori. "Rispetto ai massimi toccati nel decennio scorso rapporto del nucleare si è ridotto del 21 per cento in Germania, dei 14 per cento in Giappone, del 27 per cento in Gran Bretagna, del 7 per cento in Francia, del 12 per cento nell'intera Unione europea**, scrive Ciò. Inoltre
"Politica e lobby stanno solo preparando una rendita pagata dallo Stato per pochi produttori di energia"

SUL RITORNO DELLE CENTRALI
le difficoltà economiche sono assai spinose. "I tempi medi di costruzione delle centrali sono raddoppiati", scrive Ciò, e questo pesa sul costo finanziario dell'operazione. Tra l'altro, rileva l'economista, "l'Agenzia dì Parigi ha calcolato che per le oltre 150 centrali realizzate tra 1986 e 1997 il costo effettivo è risultato doppio di quello previsto; mentre le cose sono andate ancor peggio negli Stati Uniti, con uno scarto di tre volte*. E ancora: non è vero che il nucleare fa risparmiare sui costi di generazione dell'elettricità. Arrivando al 25 per cento di produzione nucleare, come promesso da Berlusconi, Ciò calcola nel 5 per cento il risparmio massimo ottenibile.
UN PO* POCO per giustificare economicamente un investimento di decine di miliardi di euro. Anche perché non è detto che il risparmio finisca ai consumatori. E qui Ciò affronta il tema più insidioso della sfida nucleare. Con la leggenda dell'in-vestimento tutto privato che si ripaga sul mercato, si rischia di accollare alle future generazioni un vincolo spaventoso: quello di dover mantenere per decenni, con il denaro di Pantalone, una rendita assistita dallo Stato. Già nei decreti del governo Berlusconi è prevista una copertura assicurativa dello Stato su tutti i ritardi di costruzione per motivi indipendenti dal titolare dell'autorizzazione". Poi c'è la cosiddetta "priorità di dispacciamento": significa che l'elettricità nucleare avrà sempre la precedenza per l'immissione
sulla rete, senza passare dai meccanismi di offerta all'asta, e quindi lasciando ferma la centrale a metano che in quel momento offrirebbe la stessa elettricità a meno. E infine, osserva Ciò, "un ulteriore tipo di provvedimento - il più rilevante di tutti -è come garantire ai produttori nucleari certezza sui prezzi di cessione, per metterli a! riparo dalle oscillazioni dei prezzi delle fonti concorrenti, dall'imprevedibilità della domanda, in una parola: dal mercato e dalla concorrenza. (.. .)Un simile in-tervento, che temiamo a protezione dei venditori più che a tutela dei consumatori, solleva legittimi interrogativi".
QUESTA PROSPETTIVA di un
nucleare antieconomico e assistito fa la parte dei leone nel libro di Ciò, che da economista dichiara di non voler entrare nei temi dei rischi ambientali. Però una parte decisiva del suo pamphlet è dedicata al tema delle "paure irrazionali", a partire dal problema delle scorie, "rimasto irrisolto, con la loro dislocazione e sistemazione ignote e comunque non degne di un paese civile". Da qui parte un ragionamento che ribalta il senso comune nuclearista. Si è scoperto, attraverso serie ricerche, che "l'avversità al nucleare si basa sostanzialmente su implicazioni psicologiche, tali da annullare ogni considerazione sui suoi effetti benefìci. Morale: insistere su questi, anziché tentare di rimuovere le prime era e rimane strategia comunicativa inutile, ancorché dominante*.