La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 27 luglio 2010
Giorgio Nebbia nebbia at quipo.it
Non c'è pace neanche
fra le fonti energetiche rinnovabili. A prima vista ci dovrebbe essere un
generale accordo per passare dall'attuale dipendenza dalle fonti energetiche
costituite da combustibili fossili come petrolio, gas naturale, carbone, o
rifiuti, tutte inquinanti e non rinnovabili, a fonti energetiche rinnovabili,
dipendenti dal Sole: calore solare, elettricità solare, elettricità dal vento o
dal moto delle acque, calore dalle biomasse agricole e forestali ricreate ogni
anno attraverso la fotosintesi solare. E invece anche fra i sostenitori di tale
transizione ci sono opinioni non solo differenti, ma spesso in vivace contrasto,
quasi una volontà di distruggere quello che si sta faticosamente facendo, quasi
una conferma di quello che diceva Pogo nel famoso fumetto: "Ho scoperto il
nemico e il nemico siamo noi".
I giornali da settimane sono pieni di
notizie sullo "scandalo dell'eolico" che avrebbe portato ad illeciti
arricchimenti nella costruzione di centrali eoliche. Nel caso dell'energia
solare vengono venduti pannelli fotovoltaici, in grado di trasformare la
radiazione solare in elettricità, con contratti che assicurano, oltre a
elettricità meno inquinante, un guadagno a chi li compra o agli enti o aziende
che li installano. A rigore un utente dovrebbe spendere soldi per ottenere la
merce-energia, ma adesso molti di quelli che installano pale eoliche o pannelli
fotovoltaici guadagnano dei soldi provenienti da vari incentivi finanziari che
sono pagati da tutti i cittadini sia direttamente attraverso le tasse, sia con
un sovrapprezzo nelle bollette dell'elettricità (la componente A3 del prezzo
dell'elettricità). E' giusto che soldi pubblici o anche dei singoli cittadini,
siano spesi per diffondere l'uso delle energie rinnovabili non inquinanti, con
vantaggio per l'economia nazionale e per la salute, ma mi sembra meno giusto che
tali incentivi finiscano nelle tasche di singoli privati o di speculatori. Ci
dev'essere qualcosa che non funziona.
I pannelli fotovoltaici sono
venduti sulla base della "potenza di picco" (capacità di produrre energia)
corrispondente a circa un chilowatt per pannelli di circa 10 metri quadrati.
L'elettricità effettivamente prodotta da 10 metri quadrati di pannelli
fotovoltaici nel corso di un anno ammonta a circa 1000-1200 chilowattore, circa
un terzo del fabbisogno medio annuo di elettricità di una famiglia. Tale
elettricità è però disponibile in maniera differente nelle varie ore del giorno
e nei vari mesi dell'anno, per cui, se non si dispone di grandi batterie di
accumulatori, scomodissime, l'elettricità solare, a mano a mano che viene
prodotta, viene venduta alle reti elettriche "intelligenti" delle compagnie
elettriche che si impegnano a fornire alla famiglia o all'utente l'elettricità
corrispondente a mano a mano che ne hanno bisogno (quindi anche quando il Sole
non splende nel cielo).
L'altra tecnologia solare è costituita dagli
impianti a specchi che concentrano la radiazione solare su caldaie o tubi nei
quali un fluido è scaldato ad alta temperatura e può, a sua volta, produrre
vapore da avviare alle turbine, come avviene nelle normali centrali
termoelettriche; in queste ultime il vapore è generato dalla combustione di
combustibili (carbone, gas naturale, prodotti petroliferi, rifiuti) inquinanti,
responsabili dell'immissione nell'atmosfera di gas, soprattutto anidride
carbonica, che provocano mutamenti climatici. Ottenere lo stesso effetto, senza
danni ambientali, con il calore di origine solare è il fine della tecnologia del
"solare termodinamico". Alcuni impianti usano specchi cilindro-parabolici,
lunghe superfici riflettenti che si muovono continuamente per "seguire" il Sole
nel suo moto apparente nel cielo; la radiazione solare viene concentrata su un
tubo, posto nel "fuoco" della parabola, isolato con una copertura trasparente in
modo che il calore così concentrato non venga disperso nell'aria
circostante.
Le superfici riflettenti possono anche essere lunghi specchi
piani che concentrano il calore solare su un solo tubo centrale sopraelevato,
secondo una proposta fatta già mezzo secolo fa dell'italiano Giovanni Francia
(1911-1980), come ricorda un articolo di Cesare Silvi pubblicato nella rivista
"Energia Ambiente Innovazione".
Il calore solare concentrato nel tubo
ricevente dagli specchi scalda a centinaia di gradi un olio sintetico o una
miscela di sali come nitrato di sodio e nitrato di potassio. In questo caso i
sali fusi caldi vengono avviati ad un deposito in cui restano caldi anche di
notte, quando il Sole non c'è. Giorno e notte il calore solare "immagazzinato"
nei sali fusi viene gradualmente trasferito al vapore acqueo che aziona una
turbina, in modo simile a quanto avviene nelle centrali a combustibili fossili.
Le centrali termoelettriche solari a specchi sono macchine ingegnose ma delicate
e complicate.
La citata rivista "Energia Ambiente Innovazione" fornisce i
dettagli del più recente impianto solare a specchi costruito a Priolo, vicino
Siracusa (simbolicamente chiamato "Archimede"), costituito da specchi
cilindro-parabolici della superficie di 30.000 metri quadrati; la potenza è di
4.700 chilowatt elettrici e la produzione di elettricità è prevista in 9.200.000
chilowattore all'anno, corrispondenti a circa 300 chilowattore all'anno per
metro quadrato di superficie di raccolta del Sole, un rendimento di meno di un
terzo rispetto a quello dei pannelli fotovoltaici. Il principale limite del
"solare termodinamico" è costituito dal fatto che è possibile utilizzare
soltanto la radiazione solare "diretta", quella che si ha quando il cielo è
limpido; se il cielo è nuvoloso la radiazione solare non viene concentrata dagli
specchi.
Il Sole è un'affascinante ma scomoda fonte di energia e può
fornire energia agli esseri umani soltanto se gli si chiede di fare le cose che
sa fare bene: produrre raccolti agricoli e alberi, scaldare corpi a bassa
temperatura, dissalare l'acqua marina e produrre elettricità con i sistemi
fotovoltaici o per effetto termoelettrico, per i quali sono possibili ancora
grandi perfezionamenti.