Ma questo non è postmodernismo sosiologico che
tenta di spiegare il presente senza tener conto delle trasformazioni materiali
della produzione ?
Rinegoziare il tempo vorrebbe dire poter
rinegoziare le condizioni di lavoro in primo luogo, credo io..
tuula h
----- Original Message -----
Sent: Wednesday, February 17, 2010 6:37
AM
Subject: i desideri nel tempo della
fretta
DA REPUBBLICA LUNEDÌ, 15 FEBBRAIO
2010 Anticipazione/ "L´etica in un mondo
di consumatori", il pensatore della "modernità liquida" riflette sulla
dittatura del presente La vita "adessista" non vuole acquisire
o collezionare ma solo rottamare ZYGMUNT BAUMAN
È stato Stephen Bertman a coniare i termini «cultura del momento» e
«cultura della fretta» per definire il nostro modo di vivere in questa
società. Sono definizioni idonee e che risultano particolarmente comode ogni
volta che cerchiamo di cogliere la natura della condizione umana
liquido-moderna. La mia tesi è che tale condizione si caratterizza
principalmente per la sua tendenza (un caso fin qui unico) a rinegoziare il
significato del tempo. Il tempo, nell´era liquido-moderna della società dei
consumatori, non è né ciclico né lineare, com´era normalmente per le altre
società note della storia moderna o premoderna. Direi che è invece puntinista,
frantumato in una moltitudine di pezzetti distinti, ognuno ridotto a un punto
che si avvicina sempre di più alla sua idealizzazione geometrica di non
dimensionalità. Come ricorderete sicuramente dalle lezioni di geometria a
scuola, i punti non hanno lunghezza, larghezza o profondità: esistono, si
sarebbe tentato di dire, prima dello spazio e del tempo; sia lo spazio che il
tempo ancora non sono cominciati. Ma come quell´unico punto che, secondo
quanto ipotizzano le teorie cosmogoniche più avanzate, precedeva il big bang
che diede inizio all´universo, ogni punto si presume contenga un infinito
potenziale di espansione e un´infinità di possibilità che attendono di
esplodere se adeguatamente innescate. E ricordiamo che nel «prima» che
precedette l´eruzione dell´universo non vi era nulla che potesse fornire la
benché minima avvisaglia che stava avvicinandosi il momento del big bang. I
cosmogonisti ci dicono un mucchio di cose su quello che avvenne nelle prime
frazioni di secondo dopo il big bang; ma conservano un odioso silenzio sui
secondi, i minuti, le ore, i giorni, gli anni o i millenni prima. Ogni
punto-tempo (ma non c´è modo di sapere in anticipo quale) potrebbe - soltanto
potrebbe - recare in sé la possibilità di un altro big bang, anche se questa
volta su scala ben più modesta, da «universo individuale», e i punti
successivi continuerebbero a essere visti come punti recanti tale possibilità,
indipendentemente da ciò che sarebbe potuto succedere con i punti precedenti e
nonostante l´esperienza accumulata dimostri che la maggior parte delle
possibilità di solito è predetta in modo errato, trascurata o mancata, che la
maggior parte dei punti si è rivelata infruttuosa e che la maggior parte dei
sommovimenti è morta sul nascere. Una mappa della vita puntinista, se mai
venisse tracciata, assomiglierebbe a un camposanto di possibilità immaginarie
o irrealizzate. O, a seconda del punto di vista, come un cimitero di occasioni
sprecate: in un universo puntinista, i tassi di mortalità infantile e di
gravidanze abortite della speranza sono molto elevati. È proprio per questa
ragione che una vita «del momento» normalmente è una vita «della fretta». La
possibilità che potrebbe essere contenuta in ogni punto lo seguirà nella
tomba: per quell´unica, particolare possibilità non ci sarà una «seconda
possibilità». Ogni punto può essere vissuto come un nuovo inizio, ma spesso e
volentieri il traguardo arriverà poco dopo la partenza, e in mezzo sarà
accaduto ben poco. Solo una moltitudine, in inarrestabile espansione, di nuovi
inizi può - semplicemente può - compensare la profusione di false partenze.
Solo le vaste distese di nuovi inizi che siamo convinti ci aspettino più
avanti, solo una moltitudine sperata di punti le cui potenzialità da big bang
ancora non sono state messe alla prova, e che perciò ancora non sono state
screditate, possono salvare la speranza dalle macerie delle conclusioni
premature e degli inizi abortiti. Come ho detto prima, nella vita
«adessista» dell´avido consumatore di nuove Erlebnisse (esperienze vissute),
la ragione di affrettarsi non è acquisire e collezionare il più possibile, ma
rottamare e sostituire più che si può. C´è un messaggio latente dietro a ogni
spot che promette una nuova opportunità inesplorata di beatitudine: non ha
senso piangere sul latte versato. O il big bang avviene proprio ora, in questo
esatto momento e al primo tentativo, oppure attardarsi in quel particolare
punto non ha più senso: è tempo di spostarsi su un altro punto. Nella
società dei produttori che ormai sta scomparendo dalla memoria (almeno nella
nostra parte del pianeta), il consiglio, in un caso simile, sarebbe stato:
«insisti». Ma non nella società dei consumatori: qui, gli utensili inefficaci
devono essere abbandonati, non affilati e rimessi alla prova con più
competenza, più impegno e migliori risultati. E si lascino perdere anche
quegli elettrodomestici che non sono riusciti a fornire la «piena
soddisfazione» promessa a quelle relazioni umane che hanno prodotto un «bang»
meno «big» di quanto ci si aspettava. La fretta dev´essere massima quando si
tratta di correre da un punto (che ha deluso, che sta deludendo o che sta
cominciando a deludere) a un altro (ancora non collaudato). Si dovrebbe
rammentare l´amara lezione del Faust di Christopher Marlowe: finire
all´inferno per aver desiderato che il momento - solo perché piacevole -
potesse durare per sempre. Data l´infinità di opportunità promesse e
presunte, a trasformare in «punti» sbriciolati la più attraente novità del
tempo, una novità che si può star sicuri che verrebbe abbracciata avidamente
ed esplorata con passione, è la doppia aspettativa o speranza di prevenire il
futuro e neutralizzare il passato. Riuscire a mettere a segno un doppio
successo di questo tipo, dopo tutto, è l´ideale della libertà.
(...)
Partiamo dalla straordinaria impresa della
neutralizzazione del passato. Essa si riduce a un unico cambiamento nella
condizione umana, ma un cambiamento realmente miracoloso: la possibilità di
«rinascere» con facilità. D´ora in poi, non sono solo i gatti a poter avere
nove vite. Durante quel lasso di tempo terribilmente breve che trascorriamo
sulla terra, deplorato non troppo tempo fa per la sua detestabile brevità e
che da allora non si è prolungato più di tanto, gli esseri umani - come i
proverbiali gatti - ora hanno la capacità di spremere molte vite, una serie
infinita di «nuovi inizi». Rinascere significa che la/e nascita/e
precedente/i, insieme alle relative conseguenze, viene o vengono annullata/e:
sembra l´avvento dell´onnipotenza di tipo divino, sempre sognata ma fino ad
ora mai sperimentata. Il potere di determinazione causale può venire
disarmato, e il potere del passato di limitare le opzioni del presente può
venire drasticamente contenuto, forse addirittura abolito del tutto. Ciò che
eri ieri non preclude più la possibilità di diventare qualcuno di totalmente
diverso oggi. Dal momento che ogni punto nel tempo, ricordiamolo, è pieno
di potenziale, e che ogni potenziale è diverso e unico, si può essere diversi
in modi realmente innumerevoli: è qualcosa che oscura perfino la sbalorditiva
molteplicità di permutazioni e la strabiliante varietà di forme e sembianze
che gli incontri casuali di geni sono riusciti finora e probabilmente
continueranno a produrre in futuro nella specie umana. Si avvicina a quella
capacità di eternità che sgomenta, in cui, considerando la sua infinita
durata, ogni cosa può/deve, prima o poi, succedere, e in ogni caso potrà
essere/sarà, prima o poi, fatta. Ora quella mirabile potenza dell´eternità
sembra essere stata compressa nel tutt´altro che eterno intervallo di tempo di
una singola vita umana. Di conseguenza, l´impresa di disinnescare e
neutralizzare la capacità del passato di limitare le scelte successive, e
quindi di circoscrivere pesantemente le occasioni di «nuove nascite», deruba
l´eternità della sua attrattiva più seducente. Nel tempo puntinista della
società liquido-moderna, l´eternità non è più un valore e un oggetto di
desiderio, o per meglio dire, quello che era il suo valore e che la rendeva un
oggetto di desiderio è stato espunto e trapiantato nel momento presente. Di
conseguenza, la «tirannia del momento» della tarda modernità, con il suo
precetto del carpe diem, gradualmente ma costantemente, e forse
inarrestabilmente, rimpiazza la tirannia premoderna dell´eternità, con il suo
motto del memento mori.
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