caccia all'ecocriminale. missione impossibile?



da terranews.it
mercoledi 15 aprile 2009
 
Caccia all'ecocriminale, missione impossibile

Luca Ramacci, sostituto procuratore a Tivoli: «Ci sono leggi che non funzionano, mentre per altre la sanzione è sproporzionata». E la nuova normativa è bloccata in Parlamento
Alberto Fiorillo

Nell'Italia che sembra ansiosamente cercare maggior sicurezza, le porte per le ecomafi restano spalancate. Quella in corso è la terza legislatura che lascia ammuffire il disegno di legge che introduce i delitti ambientali nel Codice penale, regalando di fatto alle organizzazioni criminali una sorta di salvacondotto: alcuni business particolarmente remunerativi (le cave abusive o la distruzione di patrimoni naturali) non sono perseguibili penalmente e nella maggior parte dei casi vengono puniti solo con una modesta ammenda. In sostanza, oggi, a esclusione del delitto di "organizzazione di traffico illecito di rifiuti", introdotto da Edo Ronchi e confermato dal nuovo Codice ambientale, le possibilità di perseguire gli ecocrimi-nali sono blande. Anzi, negli ultimi anni sono stati fatti addirittura alcuni passi indietro: le nuove norme sulle intercettazioni, infatti, escludono che si possa usare questo strumento di indagine nel caso di traffico illecito di rifiuti o di incendio boschivo doloso. «In tema di ambiente - sottolinea Luca Ramacci, sostituto procuratore al Tribunale di Tivoli e presidente dei centri di azione giuridica di Legambien-
te - esistono leggi che non funzionano e che sarebbe stato meglio non fare, come il cosiddetto Testo unico ambientale. Un codice che dal 2006 a oggi ha subito una^trentina di modifiche che non hanno portato miglioramenti e che si ha intenzione di modificare ancora. Ci sono poi leggi che funzionano troppo, nel senso che prevedono sanzioni sproporzionate e territorialmente circoscritte, come la legge per l'emergenza rifiuti in Campania, che consente di arrestare chi abbandona un rifiuto ingombrante ma lascia inalterate le sanzioni irrisorie previste per altre condotte più dannose per l'ambiente come avviene, ad esempio, per i depuratori comunali fuori legge che continuano a essere puniti anche con irrisorie sanzioni amministrative». E ci sono anche leggi fatte bene ma inapplicate, come quella urbanistica: in teoria gli enti locali hanno già in mano strumenti efficaci per reprimere l'abusivismo edilizio, ma spesso gli amministratori, specie quelli comunali, chiudono tutti e due gli occhi di fronte al cemento illegale con conseguenze disastrose per il territorio. Il disegno di legge bloccato in Parlamento classifica i reati in tre livelli sanzionati da pene crescenti (pericolo concreto, danno, disastro ambientale) e introduce
nuove fattispecie criminose: inquinamento ambientale, danno ambientale, disastro, alterazione del patrimonio naturale, della flora e della fauna, traffico illecito di rifiuti, traffico o occultamento di materiale radioattivo o nucleare, delitti ambientali in forma organizzata (eco-mafie), frode ambientale, delitti colposi contro l'ambiente, impedimento al controllo. «Le forze dell'ordine - commenta Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente - fanno la loro parte con le operazioni di controllo e repressione, i magistrati con le inchieste, gli ambientalisti e i cittadini con la denuncia. Occorrono comunque regole e pene certe per non vanificare questi sforzi. Chi inquina deve pagare. È questo il miglior deterrente per ridurre il fatturato delle ecoma-fie. La dimostrazione arriva dal fenomeno dell'abusivismo edilizio: quando sono cominciate le demolizioni il numero delle costruzioni illegali è calato». L'introduzione dei delitti ambientali nel Codice penale sarebbe sicuramente un'arma in più nelle mani delle forze dell'ordine, che potrebbero così avvalersi di strumenti d'indagine fondamentali, come le intercettazioni, che invece non possono essere utilizzati per i semplici reati amministrativi
Attacco al territorio: il triste primato campano
Il cemento continua ad essere il petrolio dei clan, soprattutto di quelli campani. Secondo le prime anticipazioni del nuovo rapporto Ecomafie di Legambiente, in Italia si viaggia alla media di 21 reati al giorno contro il territorio. Il 46 per cento del totale nazionale dell'infrazioni nel ciclo del cemento si realizzano nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. La capitale della cemento connection rimane la Campania con oltre 1.200 infrazioni e ben 1.645 persone denunciate e 625 sequestri. Segue la Calabria, mentre sale il Lazio che guadagna il terzo posto nella classifica dell'illegalità del ciclo del cemento. Una risalita che non meraviglia vista la continuità territoriali del basso Lazio e della zona pontina con il territorio casertano in mano all'impero del cemento armato targato casalesi. I nuovi dati mostrano che la situazione non è cambiata più di tanto, segnalando dei piccolissimi cambiamen-
ti almeno nelle prime due posizioni. Diminuisco di poco, i numeri della cemento connection in Campania. Lo scorso anno, infatti, nella regione si contavano 1.346 infrazioni accertate e 1.745 persone denunciate. Aumentano però i sequestri effettuati dalle forze dell'ordine che passano dai 602 del rapporto dello scorso anno ai 625 conteggiati nel nuovo rapporto sulle Ecomafie. In base al rapporto di Legambiente dello scorso anno la regione raccoglieva il 16,9 per cento del totale dell'illegalità legata al cemento nel nostro Paese. In seconda posizione resta invariata la Calabria che nel 2008 presentava 972 infrazioni accertate, 976 persone denunciate e 277 sequestri effettuati. Scende la Puglia, scalzata al terzo posto dalla scalata della regione Lazio che lo scorso anno stazionava in quarta posizione con 661 infrazioni, 875 persone denunciate e 286 sequestri effettuati.
Storia
Reati ambientali tra coraggiose ricerche e letteratura
Il termine "ecomafia" è stato coniato da Legambiente agli inizi degli anni 90 ed è diventato un neologismo del dizionario della lingua italiana Zingarelli. Secondo la definizione indica quei settori della criminalità organizzata che hanno scelto il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti, l'abusivismo edilizio e le attività di escavazione come nuovo grande business. Il fenomeno viene affrontato daìl997 in modo sistematico nell'annuale "Rapporto Ecomafia" un'opera collettiva, coordinata dall'Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente e realizzata in collaborazione con tutte le forze dell'ordine, l'istituto di ricerche Cresme (per quanto riguarda il capitolo relativo all'abusivismo edilizio), magistrati impegnati nella lotta alla criminalità ambientale e avvocati dei Centri di azione giuridica di Legambiente. I Rapporti si occupano dei traffici illegali di rifiuti e di abusivismo edilizio, di combattimenti clandestini tra cani e di saccheggio dei beni archeologici, di commercio illegale di specie protette e di legname pregiato, delle aggressioni al territorio.
E poi elencano i nomi dei clan mafiosi coinvolti. I numeri delle attività di repressione svolte da parte delle forze dell'ordine. Quelli di Legambiente sono dei lavori di ricerca e di analisi che descrivono la realtà, fotografata fino nei dettagli, anche quelli meno conosciuti, e rappresentano degli strumenti indispensabili per chi vuole conoscere i fenomeni d illegalità ambientale in Italia e i mercati globali dell'ecocriminalità. Per raccontare i crimini ambientali, attraverso la narrativa, è nata anche la collana di romanzi di ecomafia noir VerdoNero, curata dalia casa editrice Edizioni Ambiente, che ha messo al lavoro alcuni tra i migliori scrittori italiani sulle storie di ordinarie aggressioni e saccheggi ambientali. Nel 2008 Legambiente ha dato vita alla prima edizione del NoEcomafìa tour, un viaggio itinerante lungo lo Stivale per portare il Rapporto Ecomafia nei luoghi dove avvengono realmente i fatti di criminalità ambientale.