il furto del mogano



dal manifesto di sabato 14 febbraio 2009
 
TerraTerra
Marina Forti
Il furto del mogano
 
Chi protegge una zona «protetta»? Sembra un gioco di parole, ma stiamo parlando.di
un'area naturale protetta dell'Honduras, piccolo e povero stato dell'America centrale. La zona si chiama Rio Platano, è protetta dallo stato ed è stata dichiarata anche «Riserva della biosfera» dall'Unesco, l'organizzazione Onu per la cultura. È una zona enorme, la più" grande area protetta del paese, oltre 830mila ettari di foresta pianeggiante e montagnosa (dal livello del mare fino ai 1.300 metri), di cui circa un quarto è la «core area», zona centrale, mentre circa metà è «area culturale», dove vive la popolazione umana - poco più di 40mila abitanti, di cui meta sono nativi e minoranze etniche. Nel «cuore» della riserva sono escluse attività umane; nella parte abitata le comunità locali coltivano o fanno pascolare bestiame (su piccola scala) e conducono quella che si chiama «gestione sostenibile della foresta» - raccogliere piccole quote di legno e frutti rinnovabili, sempre su piccola scala, in cooperative locali. Il problema è che lo status di zona protetta non riesce a evitare una deforestazione galoppante, benché illegale - e non ne sono responsabili le piccole comunità locali. Al contrario, è proprio il governo a permettere che i «baroni del legname» facciano man bassa di legname pregiato, in particolare mogano: così sostiene un rapporto di Global Witness, organizzazione indipendente di «investigazione ambientale»: Pubblicato alla fine di gennaio, il rapporto sulla deforestazione illegale nella riserva di rio Platano («Una farsa in tre atti») si riferisce al periodo 2006-2007 e spiega come il taglio illegale di alberi pregiati sia stata promosso dalle autorità: con buona pace del presidente Zelaya, che durante il suo discorso inaugurale, nel gennaio del 2006, aveva dichiarato prioritario «eradicare» la deforestazione illegale. Pochi mesi dopo quel discorso, però, l'ente forestale honduregno ha approvato un meccanismo che permette di raccogliere legalmente il «legname abbandonato», in contravvenzione alle leggi vigenti e senza consultare nessuno. Questo ha dato II via a una corsa a tagliare illegalmente e poi far passare per «abbandonato» il legno raccolto. Due mesi dopo la nuova procedura è stata abrogata, dopo le proteste di alcuni gruppi ambientalisti e soprattutto un'indagine dell'ufficio della procura di stato competente per i crimini ambientali. La corsa a tagliare alberi pregiati però e continuata, con un meccanismo solo un po' più sofisticato di prima, descritto da Global Witness. Le aziende del legname (spesso chiamate i «baroni del legname») hanno tra l'altro «infiltrato» le cooperative locali firmando contratti in modo che fossero queste a mettere sul mercato il legname tagliato, facendo così apparire «pulito» ciò che non lo è.
Il risultato è che dal 2006, in poco più di due anni, oltre 8.000 metricubl di mogano sono stati Illegalmente tagliati, e quasi un milione di dollari di denaro pubblico è stato Indebitamente incanalato nelle tasche dei trafficanti di legname, sostiene Global Witness: con danno evidente per la conservazione ambientale, per le casse dello stato, e più direttamente per le cooperative forestali locali, a cui è stato sottratto un bene. Tra l'altro, il fatto che alcune cooperative siano state strumentalizzate dai «baroni del legno» ha gettato il discredito sulle cooperative di «gestione sostenibile» nel loro insieme. Tutto questo con la complicità di autorità e governo: il gruppo di investigazione ambientale lo definisce un caso di «clientelismo politico e corruzione sistemica».