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quella del nucleare è una favola senza lieto fine
- Subject: quella del nucleare è una favola senza lieto fine
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 21 Jan 2009 07:13:11 +0100
dal secoloxix del 19 gennaio 2009
Quella del nucleare è una favola. Senza
lieto fine
GIANNIMATTIOLI Mi pare che, con
grande superficialità da parte di alcuni, si stia arruolando Genova e il suo tradizionale tessuto produttivo dell’elettromeccanica a una prospettiva illusoria, con il rischio di perdere opportunità ben più significative.Miriferiscoalrilanciodelnucleare, che, in un articolointervista sul Secolo XIX del 25 novembre, viene definito «strada irrinunciabile ». Con altri colleghi universitari, più volte ho chiesto al ministro dello Sviluppo economico Claudio Scaiola la possibilità di un confronto su dati,ma questo finora non è stato ritenuto utile da parte del ministro. Spero che l’ospitalità del Secolo XIX permetta almeno un confronto a distanza e si possa comprendere su quali dati Scajola, e prima di lui il presidente delConsiglio Silvio Berlusconi, procedano su questa strada. Sono passati almeno 30 anni da quando nel Paese culladiquesta tecnologia, gliStatiUniti, si è preso atto del fatto che era necessario un vero salto qualitativo, di ricerca, per rispondere alla disaffezione nei confronti del nucleare da parte delle imprese elettriche.Èdal 1978, infatti che si blocca qualsiasi ordinativo per il costo troppo elevatodegliinvestimentinecessariperlarealizzazione di questi impianti. Nasce così la ricerca per un tipo di reattore che possa semplificare le procedure dei controlli di sicurezza e di impatto sanitario, che permetta un maggiore rendimento dell’uranio utilizzato e che renda difficile la distorsione ausomilitare del ciclo del combustibile impiegato. Come è noto, questa prospettiva apre problemidifficilidavaripuntidivistaebenprestoci si rese conto che avrebbepotuto approdare a soluzioni efficaci solo a prezzo di un notevole sforzo di ricerca. Così si pervenne, nel 1999, al varo del Consorzio di ricerca chiamato GenerationIV– alqualepartecipanoormaidiversiPaesi, tra cui anche l’Italia – e che ormai vede slittare il tempo di una realizzazione industriale al 20302040. E intanto?Da alcuni anni è invalso l’uso di dare il nome di “III generazione” a reattori che abbiano introiettato i cosiddetti “insegnamenti diHarrisbourg”, scaturiti cioèdall’esperienzadel 1979conl’incidentediThreeMiles Island.Nonsi tratta beninteso di reattori di nuova concezione, o di reattori “a sicurezza intrinseca”, come qualcuno erroneamente dice, ma della rivisitazione dei reattori del tipo di quelli che si realizzavano prima diChernobyl. In tutti questi anni, che cosa hanno fatto le grandi elettromeccaniche americane, francesi o tedescheogiapponesi?Si sonoconteseilmercato di quei Paesi che potevano permettersi di chiudere qualche occhio dal punto di vista delle pretese di “controllo della sicurezza”,ma in casa, di nucleare, oltre alla componentistica di sostituzione, non hanno piantato nemmeno uno spillo. Ci si riprova ora con il reattore finlandese, i cui tempi di realizzazione si allungano insieme agli esborsi finanziari,eamericaniefrancesipuntano alla sostituzione, in casa propria, di quegli impianti che, giunti afinecorsa,nonsipossonorimpiazzare con centrali a combustibili fossili, salvo sballare gli scenari di Kyoto, sia che si abbia approvato omeno quel protocollo. Arevainiziacosì,aFlamanville,uncantieregià interrottodall’entedi controllodellasicurezza: ci si èdisabituati al fattoche i controlli inmadrepatriasianopiùrigorosidiquelliinIndiaoinCina. E George W. Bush vara nel 2005 la legge che prevede forti incentivi per la realizzazione dei reattori: senza quegli incentivi, dice la Exelon – una delle principali elettriche Usa – nessuno si sarebbemosso e forse, ora, si vedrà un paio di reattori nei prossimi dieci anni. Questoèilquadro,alqualesipuòaggiungerela singolare vicenda di Enel in Slovacchia o in Russia: ma non fu detto che erano i reattori dell’Est quelli in cui possono capitare leChernobyl? In questo quadro si arruola Ansaldo. Per fare che cosa? Per quale mercato? Areva o WestinghouseoToshiba cederannoquotedellostriminzito mercato della terza generazione? O il mercatoèquelloitaliano: conchefacciasiandràadire a qualche regione che per ora la quarta generazione non è pronta e si devono accontentare dei vecchireattori?CiproviBerlusconiconilsuosorriso più accattivante. E per tutti questi reattori – che funzionano a Uranio 235, non al più abbondante Uranio 238 – dove si troverà quelmercato abbondante, tale da farci uscire dalle strettezze del petrolio e del gas? Un’ultima cosa, piccola, piccola: per carità, non sull’irrisolto problema delle scorie, ma sul danno sanitario legato al funzionamento di routinedegli impianti.SuggeriscoalministroScajola la lettura della pubblicazione 103 (2007) della Commissione internazionale di protezione dalle radiazioni ionizzanti (Icrp): vadapoi a spiegare ai lavoratori delle centrali quale è il numero di tumori attesi, come effetto della dose limite. Ora all’Ansaldo, alla città di Genova, si possono raccontare tante favole e ritrovarci così tra qualche anno in una situazione ancora peggiore di quelladi oggi.Perché è vero che oggi ilmercato degli aerogeneratori o del fotovoltaico è dominato da spagnoli, danesi, tedeschi, ecc...,ma la situazione è ancora recuperabile e inoltre per un paio di decenni le turbine a gas staranno ancora sulmercato,mentre si spalancano le diverse prospettive dell’uso dell’idrogeno o delle tecnologie dell’uso efficiente dell’energia. Èla realtà alla quale ci chiama il 202020Europeo, un’opportunità straordinaria che in Germaniavagiàversoi300milapostidi lavoro.Masi trattaper lenostre impresediunaprospettiva alternativa alle superficiali e inconsistenti proclamazioni nucleari. Possibile che non se ne possa discutere? GIANNIMATTIOLI è docente di fisica all’Università “La Sapienza” diRoma. |
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