È
imminente l’inaugurazione della Milano-Bologna, pagata sei volte di più del TGV
francese. Prepariamoci ad articoli di esaltazione pagati o di gratuito
servilismo inneggianti al progresso, alle grandi opere, ecc.
ecc.
Sull’Espresso abbiamo avuto occasione di
leggere un vomitevole peana alla TAV, di vedere sul TG7 un ottimo servizio
critico. Ci sorprende sinceramente questo articolo apparso oggi sul Secolo XIX
(segnalato da Carloge) che pone qualche dubbio sulla TAV, per noi certamente
troppo basato sui costi enormi e non tanto sull’inutilità dell’opera e sulle
alternative da concentrare sulle linee per viaggiatori normali, per le merci e
soprattutto per i pendolari:
“Benvenuti su uno dei tratti ad Alta
Velocità più costosi del mondo. Oggi alle 16 il debutto: da Milano a
Bologna in un'ora e cinque, nemmeno il tempo di un film. Poi tra Milano e
Roma,
le "due capitali", si viaggerà in tre ore e mezza nella versione
senza fermate intermedie; in tre ore e 59 minuti con la doppia fermata a
Bologna e Firenze. Godranno coloro che hanno fretta, sempre tanta
fretta.
Quanti? «Quel cinque per cento di viaggiatori che possono spendere
per andare così veloce»,
commenta un po' amaro Marco Ponti, docente di
Economia dei trasporti al Politecnico di Milano, da sempre un osservatore
attento delle dinamiche dell'alta velocità e dei suoi costi esagerati.
Gli altri? Gli altri aspettano.
Il popolo dei ritardi e della sporcizia, quelli che apprendono
dall'altoparlante (ma sempre dopo) che «il treno da... a... oggi non è
stato effettuato». Il popolo dei pendolari, quei due milioni di
italiani che ogni giorno viaggiano sui regionali e qualche volta sugli
intercity. Sempre più spesso Plus, con prenotazione e sovrapprezzo
obbligatorio. Oggi protesteranno, alla centrale di Milano, inaugurata dopo il
restyling.
Cara, carissima Alta Velocità. Cara quanto?
La stessa Trenitalia ammette: in Francia il costo medio al
chilometro è stato di 10 milioni di euro al chilometro. In Spagna di nove.
In Italia di 32. E fa già più di tre volte tanto.
Poi c'è Ivan Cicconi,
esperto di infrastrutture e opere pubbliche, che si è messo a rifare i
conti. Ha fatto una media tra il costo medio in Francia, Spagna e Giappone:
9,7 milioni a chilometro. Parametrando tutto, ma proprio tutto, dei costi
italiani, è saltata fuori la cifra-monstre di
60,7 milioni. E siamo al
500 per cento in più. Un incremento mozzafiato.
Intanto Andrea Salemme,
amministratore delegato di Tav, ha spiegato a Claudia Di Pasquale, autrice
di una lunga inchiesta per Exit, su La7, che i maggior costi sono dovuti
anche «al fatto che non si è scelta la strada di infrastrutture leggere,
ma di scommettere sul futuro permettendo anche
il passaggio ai merci».
Per ora non ce ne sono: nessuna azienda ha ancora mezzi adatti da far
transitare sui binari dell'Alta Velocità.
Il professor Ponti incalza: «Ben
venga la Milano-Bologna e poi
il prolungamento fino a Roma. Ok, d'accordo, sarà una buona cosa per
noi professionisti che abbiamo bisogno di viaggiare, anche a prezzi
elevati, su questa tratta. Il problema è un altro: un'opera è utile
alla collettività anche per quanto costa. E se costa tre volte tanto
rispetto agli altri Paesi, anche un non esperto capisce che l'utilità
cala».
Poi una piccola puntualizzazione: «I treni vogliono
far concorrenza all'aereo. Ma l'aereo lo paga chi viaggia, il treno ad
Alta Velocità lo paghiamo tutti noi contribuenti e non si capisce perché».
Milano, Bologna, Roma. Questa tratta è un successo annunciato. Ma
intanto quella tra Roma e Napoli, che sembrava ideale per un collegamento
ad Alta Velocità, da due anni è un deserto. Intanto sono aumentati i costi
dei biglietti e degli abbonamenti e da 280 euro a 420 al mese. Non pare
in linea con l'inflazione. «E una catastrofe sarà la Milano-Torino»,
annuncia Ponti.
Ma qual è la dinamica tutta italiana che ha portato i
costi per la Tav
ad impennarsi in progressione geometrica? Il sistema è quello dei
general contractors, benevolmente tradotto in italiano come contraente
generale.
Bisogna risalire al 1991 per comprendere meglio la storia. A
quando le Ferrovie attribuiscono alla Tav Spa la concessione per la
progettazione, costruzione e sfruttamento delle linee ad Alta
velocità.
Tav affida poi le opere a consorzi di imprese radunati intorno a
Fiat, Iri ed Eni. I lavori proseguono senza gare, ad affidamento diretto e
senza l'onere della successiva gestione. Con un sistema che l'ex ministro
delle Infrastrutture dell'esecutivo guidato da Romano Prodi, Antonio Di
Pietro, ha
definito così, in parole semplicissime: «Ti pago per quanto
spendi». E più spendi, più ti pago.
La situazione appare così fuori
controllo che alla fine dello scorso anno l'Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici è intervenuta con una "indagine relativa agli
interventi gestiti da Tav S.p.A". E con rilievi molto pesanti. «Le
convenzioni tra Tav e general contractors sono state stipulate senza
riferimento ad un'adeguata progettazione, neanche di massima, ma sulla
base di un importo presunto dell'opera»; «anche nei casi in cui la
progettazione esecutiva ha successivamente ridefinito un importo
dell'opera considerevolmente maggiore Tav non si è mai avvalsa della
facoltà di recesso»; «Anche i progetti esecutivi hanno spesso mostrato un
livello carente di approfondimento».
Intanto i detrattori della Tav
rifanno per l'ennesima volta i conti. E scoprono, dati alla mano, che la
tratta Roma-Napoli è costata il 568 per cento in più del previsto. La
Bologna-Milano, che s'inaugura oggi, il 526. La Bologna-Firenze il
595. La
Torino-Milano il 740.
Oggi parte il nuovo collegamento. C'è
il prezzo di lancio, una sorta di super-promozione che non lascia, per il
futuro, sperare in tanta
benevolenza”.