le case passive ( risparmio energetico ) alla conquista dell'Europa



 

Passivhaus alla conquista dell’Europa (del Nord)

di Andrea Bertaglio

York, Regno Unito - Giugno 2008. Un’associazione edilizia a York sta cercando inquilini che vivano negli otto “eco-bilocali” che sta costruendo nella città inglese. Le case sono quasi completate e sono state costruite con il metodo tedesco Passivhaus (http://www.passiv.de/, nato a Darmstadt dal dottor Wolfgang Feist già nei primi anni novanta e ben descritto in “Un futuro senza luce?” da Maurizio Pallante), il quale permette di non avere all’interno delle abitazioni alcun tipo di sistema di riscaldamento.
Dopo le migliaia di case costruite in Germania ed in Austria, anche nel Regno Unito - paese nel quale le case, generalmente tanto graziose quanto inefficienti, sembrano spesso “fatte di carta” in tutte le loro componenti, nel quale non esistono le tapparelle e nel quale l’efficienza energetica, nonostante le buone intenzioni, ha finora riscontrato un grande successo più a parole che con i fatti - iniziano finalmente a diffondersi le buone e solide pratiche tedesche.
John Gilham, un dirigente della “York Housing Association”, ha infatti affermato: “Più di diecimila case sono state costruite in Germania ed Austria usando il sistema Passivhaus e noi siamo fra i pionieri britannici in questo campo”.
Tale compagnia afferma inoltre che ogni edificio ha un isolamento estremamente spesso, costruito principalmente con carta di giornali riciclata, mentre un sistema di ventilazione ricambia circa l’ottanta percento del calore prodotto in casa utilizzandolo per scaldare l’aria fresca in entrata.
Il sistema di ventilazione ricicla il calore prodotto da forno e fornelli, elettrodomestici, docce ecc., nonché dagli stessi esseri umani, mentre dei pannelli solari vengono utilizzati per pre-riscaldare l’acqua necessaria agli usi sanitari. Ciò significa che gli inquilini di queste case avranno costi di riscaldamento praticamente nulli che, abbinati ad un affitto ragionevole, dovrebbero fare di questi appartamenti un interessante investimento.
La York Housing Association ha poi stimato che i costi per il riscaldamento, escludendo quelli per l’acqua calda, saranno approssimativamente di 80 sterline all’anno (poco più di 100 euro), ossia decisamente inferiori a quelli da sostenere per una casa delle stesse dimensioni costruita seguendo le regolamentazioni tradizionali.
Il progetto da 925 milioni di sterline è stato finanziato dalla “Housing Corporation”, mentre la stessa città di York ha contribuito offrendo terreni edificabili a prezzi scontati.
Certo sarebbe stato meglio ristrutturare gli edifici esistenti piuttosto che costruirne di nuovi, essendo l’Inghilterra un paese già abbondantemente sovrappopolato e sovraedificato (dei sessanta milioni di abitanti del Regno Unito, più di cinquanta sono nella sola Inghilterra), ma è sempre meglio di niente. Del resto anche nella stessa Germania il settore delle case passive è l’unico in espansione nel mercato delle costruzioni. Ma fa piacere vedere almeno come la foga tipicamente inglese (e anglosassone in generale) di fare affari e di lucrare si stia iniziando ad orientare verso nuovi e più sensati orizzonti.
Chissà quando, dopo la sua diffusione in Germania, Austria, paesi scandinavi e ora Regno Unito, si inizierà a parlare di Passivhaus nel Mediterraneo.
Forse i paesi con climi più miti (Italia in primis) non la ritengono una sfida (o un investimento) abbastanza interessante?
O semplicemente è ancora una volta una questione di disinformazione?
Quanti italiani, ad esempio, avevano già sentito (o letto) il nome Passivhaus?
Quanti sono a conoscenza del geniale servizio offerto dalle Energy Service (o Saving) Companies (ESCO)?
Ancora troppo pochi.