sara' l'acqua la prossima battaglia nel mondo



Sarà l´acqua la prossima battaglia del mondo

Federico Rampini - La Repubblica
Che cos´hanno in comune il villaggio olimpico per gli atleti e gli hotel a cinque stelle per milioni di turisti che affluiranno a Pechino da tutto il mondo, lo stadio di calcio e il bacino per le gare di canottaggio? Una parola sola: la sete.
Tonnellate d´acqua saranno necessarie ad agosto per riempire le vasche e i laghi da competizione. Centomila metri cubi solo per annaffiare i prati negli stadi. Poi bisognerà dissetare una capitale più sovrappopolata del solito, con i visitatori stranieri ad aggiungersi a 18 milioni di abitanti: i consumi cresceranno del 30%. La natura non è mai stata generosa con questa regione della Cina.

Chi arriva a Pechino dall´Europa se ne accorge guardando dal finestrino dell´aereo: per più di un´ora prima di atterrare, il paesaggio che si vede dall´alto è una massa montagnosa sconfinata e arida, un orizzonte infinito di rocce grigie e marroni, senza un filo di vegetazione.
L´acqua, "l´oro blu", è una rarità da queste parti. Lo è, in realtà, in tutto il pianeta. La grande crisi idrica è l´emergenza più ignorata e più sottovalutata dei nostri giorni. Il petrolio conquista le prime pagine dei quotidiani ogni giorno grazie ai record dei prezzi. L´acqua soffre di una penuria altrettanto grave, aggravata dal fatto che in molti paesi è semigratuita: un folle incentivo allo spreco.

A Pechino per rispondere ai bisogni delle Olimpiadi il governo ha fatto le cose in grande, come sempre. Un altro progetto titanico è venuto ad aggiungersi a tanti maestosi monumenti della modernizzazione cinese. In meno di un anno è stato scavato un canale artificiale lungo oltre 300 chilometri e largo più di cento metri. Taglia le pianure agricole dello Hebei e dello Henan per puntare dritto al Fiume Giallo. È ben visibile dal cielo, una linea retta blu: per ora ha il colore delle tele cerate che rivestono il letto del canale, a giorni verranno rimosse da un esercito di muratori. Entro poche settimane sarà inaugurato.
È un´opera faraonica al cui confronto scompaiono secoli di canalizzazioni costruite dalle dinastie imperiali. Come una sanguisuga gigante Pechino comincerà a pompare l´acqua direttamente dal fiume che per millenni ha sostenuto una civiltà contadina, irrigando le terre agricole di tutta la Cina centrale.

Trentamila contadini sono stati espropriati perché il tracciato del canale potesse passare attraverso i loro campi. Molti di più sono quelli che rischiano di perdere i raccolti quando milioni di litri d´acqua scorreranno sotto i loro occhi, fuggendo a Nord per soddisfare i bisogni della capitale. Già oggi in quelle regioni agricole i contadini sono costretti a scavare 50 metri sottoterra per cercare falde acquifere sempre più lontane.

I Giochi sono solo l´ultimo episodio nella lunga guerra dell´acqua che oppone le città alle campagne. Molto prima delle Olimpiadi il consumo di Pechino ha cominciato a esplodere per irrigare i campi da golf, i laghetti artificiali e le piscine private che circondano i suoi grattacieli nei quartieri residenziali di lusso. "Proprio mentre lo spreco dell´acqua aumentava in misura esponenziale – denuncia Dai Qing, la più celebre militante ambientalista cinese – le pioggie qui sono dimezzate, crollando da una media di 600 millimetri a 300 millimetri l´anno".

Stremata dall´industrializzazione e dall´urbanizzazione, la falda acquifera sotto la capitale si è abbassata di 23 metri in mezzo secolo. Il lago artificiale Miyun, che alimenta la rete potabile di Pechino, contiene solo il 25% dell´acqua prevista. Il furto ai danni del Fiume Giallo è un sopruso ma è anche una scelta dettata dalla disperazione. Il futuro che attende Pechino è drammatico: basta spingersi per poche ore di strada più a nord per cogliere i segni dell´aridità che avanza implacabile. Ogni anno 2.500 km quadrati di terre fertili si trasformano in deserto.

Il resto della Repubblica Popolare non sta meglio. Le violente inondazioni stagionali che colpiscono il Sud non devono ingannare. L´insieme della popolazione cinese ormai ha riserve idriche pro capite inferiori a quelle degli abitanti d´Israele, uno Stato che si trova ai confini del deserto. Nella battaglia per l´acqua cinese finora hanno vinto le categorie economiche e sociali più forti: i padroni delle fabbriche, le centrali elettriche, i ceti medi urbani. L´irrigazione agricola nel 1980 assorbiva l´85% dell´acqua del paese, oggi è scesa al 60%. Sempre più spesso le campagne devono accontentarsi di acque usate e inquinate, provenienti da scoli industriali e fognature urbane, con effetti di contaminazione dei raccolti e pericoli per la salute. Neppure il sacrificio dei contadini può bastare. Secondo le stime della Banca Mondiale, sulle 600 città cinesi almeno 400 soffrono di una cronica scarsità di acqua potabile.

La Cina vive la crisi dell´acqua in modo particolarmente acuto per le sue dimensioni demografiche. Ma l´emergenza è mondiale. In India si stima che le falde acquifere perdono da uno a tre metri ogni anno. Su tutto il pianeta, secondo l´ultimo rapporto WorldWatch, sono andati distrutti dai 20 ai 30 milioni di ettari di terre irrigue per il degrado provocato dall´avanzata del sale.

L´Asia centrale soffre alcune delle situazioni più drammatiche. Al confine tra il Kazakhstan e l´Uzbekistan, il Mare di Aral un tempo era il quarto lago più vasto del mondo. Da allora si è ritirato a una velocità impressionante, il 70% della sua superficie è prosciugata. La città di Aralsk era un fiorente porto per la pesca e per le navi dei mercanti di cotone. Oggi è una città-fantasma, lontana 40 chilometri dalle rive del lago rimpicciolito. La zona dell´ex porto è circondata da terre riarse. I cammelli si aggirano tra i relitti di vecchi pescherecci arrugginiti al sole. Il lago di Aral era alimentato dai fiumi che sgorgano dalle montagne del Kyrgyzstan e del Tajikistan. Il grande saccheggio di quei corsi d´acqua cominciò negli anni Sessanta, quando le repubbliche dell´Asia centrale facevano parte dell´Unione sovietica, che lanciò piani ambiziosi per aumentare i raccolti di cotone e di riso.

Ora i venti trasportano sull´Aral polveri di fertilizzanti chimici. Kyrgyzstan e Tajikistan divenuti indipendenti sequestrano i fiumi per le loro centrali idroelettriche. Ad aprile i cittadini del Tajikistan sono stati tassati del 50% dei loro salari per finanziare la costruzione di una megadiga per l´energia elettrica. Fra tutti gli Stati vicini cresce la tensione per l´accesso a una risorsa sempre più scarsa.

«L´acqua – ammonisce il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon – è un terribile carburante per le guerre del futuro». L´oro blu si fa scarso e prezioso almeno quanto l´oro nero. Le due penurie si alimentano a vicenda. Alcuni progetti per estrarre petrolio da giacimenti "difficili", come le sabbie bituminose del Canada, richiedono tecnologie che fanno un utilizzo massiccio di acqua.

Che l´acqua stia diventando il nuovo petrolio lo rivelano gli investimenti di un celebre magnate del greggio texano, T.Boone Pickens. Il finanziere d´assalto, protagonista di epiche scalate a Wall Street, è considerato l´epigono di John D. Rockefeller (fondatore nel 1870 della Standard Oil, l´antenata della Exxon). Oggi Pickens è il maggiore proprietario di acqua di tutti gli Stati Uniti: da anni attraverso la sua società Mesa Water compra terreni ex-demaniali con i diritti di sfruttamento delle falde acquifere sottostanti. L´intera città di Dallas rischia di dover pagare a caro prezzo l´accesso alle sue riserve, da cui può pompare 65 miliardi di galloni di acqua potabile all´anno.
Nella corsa all´oro blu Pickens si trova di fronte un concorrente che conosce bene: la Royal Dutch Shell ha allungato le mani su vaste falde idriche nel Colorado. Anche la Nestlé sta facendo incetta di terreni rurali negli Stati Uniti dopo avere accertato che garantiscano l´accesso a bacini di acque potabili.

In Australia, giunta al sesto anno consecutivo di siccità, è nata una vera e propria Borsa dell´acqua. I broker trattano grosse partite per conto delle municipalità assetate, disposte a pagare qualsiasi somma pur di ottenere per i loro cittadini una parte dei bacini posseduti dalle grandi tenute agricole.

La febbre dell´acqua non risparmierà nessuno. L´Ocse stima che entro 12 anni la metà della popolazione mondiale vivrà in zone "ad alta tensione per insufficienza di acqua potabile". In America il prezzo dei terreni rurali può raddoppiare o triplicare se si trovano sopra ricche falde acquifere. «Ci sarà un mercato sempre più vasto – dice Boone Pickens – di gente disposta a pagare caro per avere l´acqua. E quelli che avranno l´acqua fisseranno il prezzo. Questo è il business del futuro». Molti consumatori dei paesi ricchi, abituati a considerare l´acqua come un bene pubblico semigratuito che scorre in abbondanza dai rubinetti, faranno la fine dei texani e degli australiani costretti a pagare i signori degli acquedotti. Gli sceicchi del Golfo possono desalinizzare l´acqua marina, ma è un procedimento costosissimo in energia (che a loro non manca).
In Cina, il più potente regime autoritario della storia sarà l´arbitro di una contesa per l´acqua sempre più aspra fra città e campagne. In altre nazioni della terra questo sarà un mercato della sopravvivenza, e il prezzo potrebbe essere deciso con le armi.