Che cos´hanno in comune il villaggio olimpico per gli atleti e
gli hotel a cinque stelle per milioni di turisti che affluiranno a Pechino da
tutto il mondo, lo stadio di calcio e il bacino per le gare di canottaggio? Una
parola sola: la sete.
Tonnellate d´acqua saranno necessarie ad agosto per
riempire le vasche e i laghi da competizione. Centomila metri cubi solo per
annaffiare i prati negli stadi. Poi bisognerà dissetare una capitale più
sovrappopolata del solito, con i visitatori stranieri ad aggiungersi a 18
milioni di abitanti: i consumi cresceranno del 30%. La natura non è mai stata
generosa con questa regione della Cina.
Chi arriva a Pechino dall´Europa
se ne accorge guardando dal finestrino dell´aereo: per più di un´ora prima di
atterrare, il paesaggio che si vede dall´alto è una massa montagnosa sconfinata
e arida, un orizzonte infinito di rocce grigie e marroni, senza un filo di
vegetazione.
L´acqua, "l´oro blu", è una rarità da queste parti. Lo è, in
realtà, in tutto il pianeta. La grande crisi idrica è l´emergenza più ignorata e
più sottovalutata dei nostri giorni. Il petrolio conquista le prime pagine dei
quotidiani ogni giorno grazie ai record dei prezzi. L´acqua soffre di una
penuria altrettanto grave, aggravata dal fatto che in molti paesi è
semigratuita: un folle incentivo allo spreco.
A Pechino per rispondere
ai bisogni delle Olimpiadi il governo ha fatto le cose in grande, come sempre.
Un altro progetto titanico è venuto ad aggiungersi a tanti maestosi monumenti
della modernizzazione cinese. In meno di un anno è stato scavato un canale
artificiale lungo oltre 300 chilometri e largo più di cento metri. Taglia le
pianure agricole dello Hebei e dello Henan per puntare dritto al Fiume Giallo. È
ben visibile dal cielo, una linea retta blu: per ora ha il colore delle tele
cerate che rivestono il letto del canale, a giorni verranno rimosse da un
esercito di muratori. Entro poche settimane sarà inaugurato.
È un´opera
faraonica al cui confronto scompaiono secoli di canalizzazioni costruite dalle
dinastie imperiali. Come una sanguisuga gigante Pechino comincerà a pompare
l´acqua direttamente dal fiume che per millenni ha sostenuto una civiltà
contadina, irrigando le terre agricole di tutta la Cina
centrale.
Trentamila contadini sono stati espropriati perché il tracciato
del canale potesse passare attraverso i loro campi. Molti di più sono quelli che
rischiano di perdere i raccolti quando milioni di litri d´acqua scorreranno
sotto i loro occhi, fuggendo a Nord per soddisfare i bisogni della capitale. Già
oggi in quelle regioni agricole i contadini sono costretti a scavare 50 metri
sottoterra per cercare falde acquifere sempre più lontane.
I Giochi sono
solo l´ultimo episodio nella lunga guerra dell´acqua che oppone le città alle
campagne. Molto prima delle Olimpiadi il consumo di Pechino ha cominciato a
esplodere per irrigare i campi da golf, i laghetti artificiali e le piscine
private che circondano i suoi grattacieli nei quartieri residenziali di lusso.
"Proprio mentre lo spreco dell´acqua aumentava in misura esponenziale – denuncia
Dai Qing, la più celebre militante ambientalista cinese – le pioggie qui sono
dimezzate, crollando da una media di 600 millimetri a 300 millimetri
l´anno".
Stremata dall´industrializzazione e dall´urbanizzazione, la
falda acquifera sotto la capitale si è abbassata di 23 metri in mezzo secolo. Il
lago artificiale Miyun, che alimenta la rete potabile di Pechino, contiene solo
il 25% dell´acqua prevista. Il furto ai danni del Fiume Giallo è un sopruso ma è
anche una scelta dettata dalla disperazione. Il futuro che attende Pechino è
drammatico: basta spingersi per poche ore di strada più a nord per cogliere i
segni dell´aridità che avanza implacabile. Ogni anno 2.500 km quadrati di terre
fertili si trasformano in deserto.
Il resto della Repubblica Popolare non
sta meglio. Le violente inondazioni stagionali che colpiscono il Sud non devono
ingannare. L´insieme della popolazione cinese ormai ha riserve idriche pro
capite inferiori a quelle degli abitanti d´Israele, uno Stato che si trova ai
confini del deserto. Nella battaglia per l´acqua cinese finora hanno vinto le
categorie economiche e sociali più forti: i padroni delle fabbriche, le centrali
elettriche, i ceti medi urbani. L´irrigazione agricola nel 1980 assorbiva l´85%
dell´acqua del paese, oggi è scesa al 60%. Sempre più spesso le campagne devono
accontentarsi di acque usate e inquinate, provenienti da scoli industriali e
fognature urbane, con effetti di contaminazione dei raccolti e pericoli per la
salute. Neppure il sacrificio dei contadini può bastare. Secondo le stime della
Banca Mondiale, sulle 600 città cinesi almeno 400 soffrono di una cronica
scarsità di acqua potabile.
La Cina vive la crisi dell´acqua in modo
particolarmente acuto per le sue dimensioni demografiche. Ma l´emergenza è
mondiale. In India si stima che le falde acquifere perdono da uno a tre metri
ogni anno. Su tutto il pianeta, secondo l´ultimo rapporto WorldWatch, sono
andati distrutti dai 20 ai 30 milioni di ettari di terre irrigue per il degrado
provocato dall´avanzata del sale.
L´Asia centrale soffre alcune delle
situazioni più drammatiche. Al confine tra il Kazakhstan e l´Uzbekistan, il Mare
di Aral un tempo era il quarto lago più vasto del mondo. Da allora si è ritirato
a una velocità impressionante, il 70% della sua superficie è prosciugata. La
città di Aralsk era un fiorente porto per la pesca e per le navi dei mercanti di
cotone. Oggi è una città-fantasma, lontana 40 chilometri dalle rive del lago
rimpicciolito. La zona dell´ex porto è circondata da terre riarse. I cammelli si
aggirano tra i relitti di vecchi pescherecci arrugginiti al sole. Il lago di
Aral era alimentato dai fiumi che sgorgano dalle montagne del Kyrgyzstan e del
Tajikistan. Il grande saccheggio di quei corsi d´acqua cominciò negli anni
Sessanta, quando le repubbliche dell´Asia centrale facevano parte dell´Unione
sovietica, che lanciò piani ambiziosi per aumentare i raccolti di cotone e di
riso.
Ora i venti trasportano sull´Aral polveri di fertilizzanti chimici.
Kyrgyzstan e Tajikistan divenuti indipendenti sequestrano i fiumi per le loro
centrali idroelettriche. Ad aprile i cittadini del Tajikistan sono stati tassati
del 50% dei loro salari per finanziare la costruzione di una megadiga per
l´energia elettrica. Fra tutti gli Stati vicini cresce la tensione per l´accesso
a una risorsa sempre più scarsa.
«L´acqua – ammonisce il segretario delle
Nazioni Unite Ban Ki Moon – è un terribile carburante per le guerre del futuro».
L´oro blu si fa scarso e prezioso almeno quanto l´oro nero. Le due penurie si
alimentano a vicenda. Alcuni progetti per estrarre petrolio da giacimenti
"difficili", come le sabbie bituminose del Canada, richiedono tecnologie che
fanno un utilizzo massiccio di acqua.
Che l´acqua stia diventando il
nuovo petrolio lo rivelano gli investimenti di un celebre magnate del greggio
texano, T.Boone Pickens. Il finanziere d´assalto, protagonista di epiche scalate
a Wall Street, è considerato l´epigono di John D. Rockefeller (fondatore nel
1870 della Standard Oil, l´antenata della Exxon). Oggi Pickens è il maggiore
proprietario di acqua di tutti gli Stati Uniti: da anni attraverso la sua
società Mesa Water compra terreni ex-demaniali con i diritti di sfruttamento
delle falde acquifere sottostanti. L´intera città di Dallas rischia di dover
pagare a caro prezzo l´accesso alle sue riserve, da cui può pompare 65 miliardi
di galloni di acqua potabile all´anno.
Nella corsa all´oro blu Pickens si
trova di fronte un concorrente che conosce bene: la Royal Dutch Shell ha
allungato le mani su vaste falde idriche nel Colorado. Anche la Nestlé sta
facendo incetta di terreni rurali negli Stati Uniti dopo avere accertato che
garantiscano l´accesso a bacini di acque potabili.
In Australia, giunta
al sesto anno consecutivo di siccità, è nata una vera e propria Borsa
dell´acqua. I broker trattano grosse partite per conto delle municipalità
assetate, disposte a pagare qualsiasi somma pur di ottenere per i loro cittadini
una parte dei bacini posseduti dalle grandi tenute agricole.
La febbre
dell´acqua non risparmierà nessuno. L´Ocse stima che entro 12 anni la metà della
popolazione mondiale vivrà in zone "ad alta tensione per insufficienza di acqua
potabile". In America il prezzo dei terreni rurali può raddoppiare o triplicare
se si trovano sopra ricche falde acquifere. «Ci sarà un mercato sempre più vasto
– dice Boone Pickens – di gente disposta a pagare caro per avere l´acqua. E
quelli che avranno l´acqua fisseranno il prezzo. Questo è il business del
futuro». Molti consumatori dei paesi ricchi, abituati a considerare l´acqua come
un bene pubblico semigratuito che scorre in abbondanza dai rubinetti, faranno la
fine dei texani e degli australiani costretti a pagare i signori degli
acquedotti. Gli sceicchi del Golfo possono desalinizzare l´acqua marina, ma è un
procedimento costosissimo in energia (che a loro non manca).
In Cina, il più
potente regime autoritario della storia sarà l´arbitro di una contesa per
l´acqua sempre più aspra fra città e campagne. In altre nazioni della terra
questo sarà un mercato della sopravvivenza, e il prezzo potrebbe essere deciso
con le armi.
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sara' l'acqua la prossima battaglia nel mondo
- Subject: sara' l'acqua la prossima battaglia nel mondo
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 26 Jun 2008 06:39:00 +0200
Sarà l´acqua la prossima battaglia del mondo
Federico Rampini - La Repubblica
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