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un sogno realizzabile
- Subject: un sogno realizzabile
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 23 Jun 2008 14:08:39 +0200
da
decrescitafelice.it
giugno 2008
Un sogno
realizzabile
16Giu2008 di Andrea Bertaglio I had a dream. Anche io, nel mio piccolo, ho fatto un sogno. Ho sognato di vivere in un mondo in cui ciò che mangiavo aveva ancora sapore, perché proveniva dall’orto e dal giardino di fronte a casa mia. Un mondo in cui l’odore del cibo casereccio, lentamente e pazientemente preparato nelle cucine delle case, si impossessava delle strade sostituendo il tanfo omologato dei fast food. Strade senza traffico, ma piene di persone aperte, positive, soddisfatte. Strade popolate di gente di ogni tipo, che si salutava, che si fermava a parlare, spesso addirittura nel proprio dialetto. Gente genuina, socievole, senza abiti firmati né telefoni cellulari. Ho sognato un mondo in cui le notizie che leggevo sui pochi giornali rimasti erano vere, o per lo meno attendibili. In prima pagina si parlava degli ulteriori progressi fatti nell’autoproduzione di beni e di energia. Non c’erano notizie su ecomafia, su guerre preventive per l’accaparramento di risorse, sui punti percentuali del PIL, e nemmeno sulla campagna acquisti delle squadre di calcio. Un mondo decisamente strano. Era come se l’apertura mentale e l’accresciuto livello culturale raggiunti nel ventunesimo secolo (o presunti tali) si fossero combinati con la semplicità di quelli precedenti. I contratti di lavoro stabilivano nella maggior parte dei casi che la settimana lavorativa fosse di venti ore. -Venti ore?! Spesso se ne facevano trenta in due giorni! E come potranno adesso le persone comprare tutte le cose di cui non hanno bisogno?-, pensavo. Era davvero una situazione surreale! Le tasse, non essendoci un esercito né compagnie aeree da mantenere, erano
per lo più devolute all’assistenza sanitaria (che era vietato per legge
privatizzare) e ad una specie di gendarmeria, di cui per altro non capivo bene
la funzione, vista la sicurezza della cittadina in cui mi trovavo. Forse, anche
con livelli di criminalità incredibilmente bassi -non c’era praticamente
disoccupazione, con quel tipo di contratti di lavoro e con una tale diffusione
dell’autoproduzione, né tanto meno il disagio sociale provocato dall’era
industriale e dai suoi falsi modelli- e di terrorismo praticamente nulli -non
andando noi ad occupare le terre altrui, nessuno si sentiva più legittimato a
“terrorizzarci”-, era sempre meglio avere qualcuno che mantenesse
l’ordine.
La televisione era considerata una moda obsoleta. La maggior parte delle persone la riteneva una perdita di tempo e i pochi che si ostinavano a guardarla qualche ora al giorno, piuttosto che leggere o stare fra parenti e amici, lo facevano più per uno strano attaccamento alle proprie abitudini che non per motivi di informazione o intrattenimento. C’era ovviamente qualche attività commerciale e un mercatino dell’usato con
bancarelle, ma vendevano soprattutto cose utili, ed era come se il denaro non
avesse poi troppa importanza.
Non ci potevo credere! Era decisamente troppo!
Era talmente assurdo che mi sono svegliato.
Anche da sveglio, però, non riuscivo a smettere di sognare quello strano
mondo, e ho continuato a farlo anche ad occhi aperti.
E continuo ancora adesso!
Chissà, forse è stato un sogno premonitore. Forse, dopo alcuni anni
consecutivi di “crescita negativa” dell’economia, di risorse sperperate e di
speculazioni finanziarie contro ogni logica ed ogni morale, questa potrebbe
essere la realtà.
E di notte sognerò, non rimpiangendolo, il mondo quando non era
così. |
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