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la guerra dei cereali. ora il mondo ha fame
- Subject: la guerra dei cereali. ora il mondo ha fame
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 17 Apr 2008 06:44:00 +0200
dal corriere.it
lunedì 14 aprile 2008
La guerra dei cereali Ora il mondo ha fame Il raddoppio dei prezzi di mais, grano e riso ha scatenato rivolte in decine di Paesi NOTIZIE CORRELATE Le piante tecnologiche non sono più tabù Draghi: «A rischio la lotta alla povertà» DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — In Egitto 12 mila persone sono state arrestate perché vendevano farina al mercato nero. Nelle Filippine, in preda a una crisi alimentare gravissima, il governo minaccia di condannare all'ergastolo chi si accaparra il riso per rivenderlo, poi, a prezzi maggiorati. Ovunque — dall'Africa al Pakistan, dalla Thailandia al Messico — i cereali, nuovo oro dei campi, vengono protetti come un bene prezioso: nell'imminenza del raccolto, i terreni sono sorvegliati da guardie armate. Fino a ieri nel nostro ricco Occidente ci siamo occupati quasi solo degli alti prezzi petroliferi, allarmati dal rincaro del pieno di benzina. Certo, continuavano ad aumentare anche pane e pasta, ma il cibo incide solo per il 15-18 per cento sul bilancio di una famiglia europea (10-14% per quelle Usa). Ora, all'improvviso, scopriamo che il raddoppio dei prezzi di grano, mais, riso e soia sta sconvolgendo il mondo: Stati che credevano di aver sconfitto la fame ripiombano nella situazione di qualche decennio fa. RISCHIO GUERRA CIVILE -
La Fao, l'organizzazione alimentare dell'Onu,
denuncia che in Africa, Asia e America Latina, 36 Paesi rischiano la guerra
civile. Sono nazioni poverissime nelle quali la gente
spende più della metà del suo reddito (spesso i due terzi) per alimentarsi. In molti casi — da Haiti al Kenia — sono già scoppiate gravi rivolte sanguinose. I governi reagiscono con misure di polizia e con blocchi dell'export che stanno sconvolgendo il commercio internazionale in un periodo già reso tumultuoso dalla crisi del credito e dalle tempeste valutarie: Cina e Vietnam, grandi produttori di riso, hanno deciso di limitare le vendite all'estero. La Russia ha bloccato per 60 giorni l'export di grano. L'Argentina tassa sempre più pesantemente le esportazioni dei suoi agricoltori nel tentativo di bloccare la crescita dei prezzi sul mercato interno. Credevamo di aver avviato a soluzione — se non quello della povertà — almeno il problema della fame: certo, nel mondo ci sono ancora un miliardo di persone malnutrite, ma nei 15 anni che vanno dal 1990 alla metà di questo decennio il loro numero è calato di ben 278 milioni. Un trend positivo che sembrava destinato a durare. La fame era ormai considerata la conseguenza non della scarsità di cibo ma dell'incapacità di distribuirlo correttamente e di aiutare i poveri in modo efficace: i depositi, infatti, erano pieni, tanto che l'economista e premio Nobel Amartya Sen poteva sostenere che, mettendoli uno vicino all'altro, i sacchi di grano e riso della riserva strategica statale indiana avrebbero coperto la distanza fra la Terra e la Luna e ritorno. Oggi, invece, quelle riserve sono decimate e l'India, nuova potenza dell' industria e dei servizi informatici, osserva il cielo col fiato sospeso: tra qualche settimana, col monsone, arriverà il raccolto che deve sfamare un miliardo e cento milioni di persone. MUTAMENTI CLIMATICI -
Ma i mutamenti climatici stanno rendendo irregolare
questo ciclo. Se il monsone arriverà in forma attenuata, come nel 2002, il
raccolto potrebbe ridursi del 20 per cento: 30 milioni di tonnellate di grano in
meno. Sarebbe un disastro. Come detto, infatti, le scorte sono all'osso e i
mercati in questo momento sono disertati dai grandi produttori. Le autorità
indiane tremano e si pentono della loro scarsa lungimiranza. Non sono le sole:
dopo la «rivoluzione verde» degli anni '70 che raddoppiò il rendimento dei campi
in tutto il Terzo mondo, la produzione è rimasta stazionaria. Colpa dei governi
ma anche delle agenzie internazionali che hanno smesso di promuovere gli
investimenti nello sviluppo dell'agricoltura. Quando i consumi hanno cominciato
a salire per il maggior ricorso a biocarburanti a base di mais e per l'aumento
della domanda da parte di Paesi emergenti come Cina e India, non è rimasta altra
soluzione che ricorrere a queste riserve. I governi che, scossi dalla crisi,
reagiscono tutti con misure repressive all'interno e bloccando l'export, danno
una risposta miope che elude il problema centrale: la necessità di aumentare la
produzione. Per di più, la loro azione impedisce al commercio internazionale di
funzionare da fattore di riequilibrio almeno parziale tra domanda e offerta.
Risposta miope ma comprensibile: per i governi che rischiano di saltare per il
malcontento delle popolazioni, quello della scarsità delle derrate è soprattutto
un problema politico. Più che di interventi strutturali, oggi hanno bisogno di
segnali visibili e di efficacia immediata. E' il caso dell'Egitto: pressato da
tempo dagli integralisti islamici, il reg ime di Mubarak ha usato il pugno di
ferro contro le speculazioni sulla farina e ha bloccato l'export di riso. Nulla
che serva a risolvere il problema nel lungo periodo, ma intanto sul mercato
domestico il prezzo del riso, che era passato da 200 a 430 dollari la
tonnel-lata, è sceso di 100 dollari. L'effetto-calmiere di simili misure sarà,
però, solo momentaneo, così come momentaneo sarà l'effetto del versamento
straordinario di 500 milioni di dollari a favore del World Food Program che
l'Onu ha richiesto ai Paesi donatori: la Banca Mondiale avverte, infatti, che il
fenomeno dell'impennata dei prezzi ci accompagnerà per anni. Le quotazioni
continueranno a salire almeno fino al 2009 e poi si stabilizzeranno. L'eventuale
contrazione non arriverà prima del 2015.
ADDIO PREZZI BASSI -
Ma possiamo dimenticarci i bassi prezzi degli
ultimi trent'anni. Nell'immediato, paradossalmente, si spera nella recessione
Usa: rallentando la crescita dell'intera economia mondiale, potrebbe alla fine
frenare anche il «boom» della domanda alimentare dell'Asia. Dove, però, per ora,
la rapida crescita di Cina e India sta spingendo i ceti benestanti di quei
popoli ad inseguire anche a tavola i modelli di consumo dei Paesi ricchi. C'è,
poi, la spinta ad assorbire volumi crescenti di mais per la produzione di
biocarburanti: un fenomeno che non si arresterà, anche se gli americani si
stanno rendendo conto che l'etanolo riduce sì la dipendenza energetica degli
Usa, ma ha un impatto negativo sull'ambiente, soprattutto per il grande
assorbimento di risorse idriche. Alla fine si torna sempre alla necessità di
aumentare la produzione cerealicola. Ma in giro per il mondo di terreni
coltivabili ce ne sono rimasti ben pochi. Per questo il presidente della World
Bank, Robert Zoellick, chiede ai Paesi più colpiti di avviare una nuova «green
revolution», capace di incrementare in misura significativa le rese per ettaro
coltivato. Musica per i sostenitori degli Ogm: fin qui il mondo si è diviso in
due, con l'Europa fermamente contraria alla loro diffusione. Ma con la fame che
si riaffaccia e l'industria chimica che prepara molecole di seconda generazione,
capaci di far crescere i cereali anche in condizioni di siccità, tutto cambia.
Massimo
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