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comprate banane: il mercato globale spiegato al mercato sotto casa
- Subject: comprate banane: il mercato globale spiegato al mercato sotto casa
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 13 Feb 2008 06:36:12 +0100
da carta.org
gennaio 2008
Cari Rutelli e Veltroni, comprate le
banane
di maurizio pallante
La mattina di lunedi 27 agosto 2007, quaranta gradi
Celsius, al mercatino settimanale di Ventotene la frutta di stagione, prodotta -
stavo per dire coltivata - nelle campagne dell'Agro Pontino costava 1,50 euro al
chilo. Le banane 1,30. Le pesche erano tutte molto grandi e dello stesso
calibro, sembravano le bocce di legno di una volta, ma buone. Altrettanto buone,
e di dimensioni grandi e regolari, erano l'uva e le pere. Non coltivate
biologicamente, ne c'era alcuna intenzione di spacciarle per tali.
Come poteva costare di meno un frutto che veniva da
un altro continente dopo aver percorso decine di migliaia di chilometri in
camion, aereo, camion e nave? Se avessi dovuto spiegare a un bambino di sei anni
la globalizzazione non avrei potuto trovare nulla di meglio.
In un sistema economico fondato sulla crescita del
prodotto interno lordo, per essere competitivi e riuscire a stare sul mercato
occorre produrre sempre di più a costi sempre piu' bassi. Per ridurre i costi ci
sono due strade: sostituire in misura sempre maggiore il lavoro umano con
tecnologie sempre piu' " performanti " e ridurre progressivamente i costi del
lavoro umano che non si puo' sostituire con la tecnologia. Poichè le tecnologie
piu' efficienti sono in mano ai paesi più ricchi e il costo del lavoro piu'
basso è nei paesi piu' poveri, nel contesto della globalizzazione il mix
necessario per essere competitivi sui mercati è trasferire nei paesi più poveri
le tecnologie piu' " performanti " dei paesi piu' ricchi e trasportare nei paesi
piu' ricchi le merci prodotte nei paesi piu' poveri, perchè in conseguenza del
basso costo dei combustibili fossili i costi di trasporto vengono
abbondantemente assorbiti dai minori costi di produzione.
Signora, non compri quelle banane per i suoi
bambini. Per costare meno della frutta prodotta a un tiro di schioppo, con un
uso massiccio di protesi chimiche e manodopera precaria composta per lo piu' da
immigrati, sono state necessariamente prodotte utilizzando in modo incontrollato
quantità maggiori delle protesi chimiche più nocive, che le legislazioni meno
lassiste dei paesi ricchi non consentono piu' di adoperare, e pagando ancor meno
una manodopera sfruttata fino all'esaurimento delle forze per una miseria
retributiva. Signora, non le compri. Fanno male a chi le mangia, a chi le
produce e alla Terra. E poi non li vede in spiaggia, quanti bambini e
adolescenti con la ciccia molle, gomfiata di ormoni come vitelli, che
strabordano dai loro buffi costumi?
La mattina di lunedi 27 agosyo 2007, quaranta gradi
Celsius, il quotidiano la Repubblica dava ampio spazio a due tra i più
autorevoli rappresentanti delle forze politiche che hanno deciso di confluire
nel Partito Democratico, pubblicando una lettera al direttore del ministro
nonchè vicepresidente del consiglio, Francesco Rutelli, e il resoconto di un
intervento del prossimo segretario del nuovo partito (democratico), Walter
Veltroni, a un seminario di studi organizzato a Parigi dall'associazione Les
Gracques, che riunisce gli alti funzionari statali francesi aderenti al Partito
Socialista
Nella sua lettera, intitolata:" E ora le riforme
per sconfiggere la destra", il ministro Rutelli scrive: " -...- una parte
rilevante del nostro mondo ( l'area di sinistra del centro-sinistra, ndr ) si
sente ancora legata a impostazioni del passato. -....- E, sia chiaro, non sono
fatti del passato le criticità sociali di oggi: la scarsissima mobilità sociale,
il sentimento di incertezza, insicurezza e precarietà che tocca fasce rilevanti
di popolazione, la caduta del potere d'acquisto di famiglie monoreddito, di ceti
medi che perdono posizioni. Ma sono le ricette spesso avanzate da forze di
sinistra che io definisco conservatrici a non funzionare. E il paradosso è che
piu' una parte della sinistra si radicalizza, più crescono i consensi anche nei
ceti popolari - ed operai - per le destre. Piu' i riferimenti alla precarietà
sono ideologici ed estremisti e meno cresce l'impegno politico tra i giovani che
hanno un lavoro discontinuo. Cosa vogliono i democratici? Incentivare la buona
occupazione, dare tutele moderne e giuste al lavoro flessibile, non certo
rendere piu' rigidi i rapporti di lavoro. Favorire la creazione di ricchezza nel
paese, non sognare di ridistribuire un'immaginaria ricchezza generata dallo
Stato. Modernizzare l'assicurazione pubblica , se vogliamo veramente difendere
un modello sociale inclusivo, non certo estendere
l'assistenzialismo".
Nelle sue considerazioni il ministro parte dalla
descrizione sommaria dei piu' gravi problemi sociali che affliggono il paese,
non tenta di analizzarne nemmeno superficialmente le cause, stronca le ricette
presentate dai partiti della sinistra radicale senza dire le ragioni per cui le
ritiene sbagliate, ma giudicandole tali per definizione, in quanto "
conservatrici ", formula una proposta che trasforma questi problemi in dati di
fatto immodificabili ( in nome del realismo politico? ) , limitandosi ad
indicare genericamente la volontà di attenuarne le conseguenze. Del resto, se
non ritiene importante analizzarne le cause come potrebbe prendere in
considerazione la possibilità di rimuoverle?
Evidentemente il ministro non va al mercato ( ci
mancherebbe, con tutto quello che ha da fare!) ma, se ci andasse, il prezzo
delle banane lo farebbe sicuramente riflettere e forse anche insospettire sul
fatto che possa avere qualche collegamento col " sentimento di incertezza,
insicurezza e precarietà che tocca fasce rilevanti di popolazione " e con la "
caduta del potere d'acquisto di famiglie monoreddito, di ceti medi che perdono
posizioni ".
Se sotto casa si trovano quotidianamente merci
prodotte in un altro continente che costano meno delle merci prodotte sotto
casa, o si produrrà e si lavorerà sempre meno sotto casa, e quindi aumenterà la
precarietà e diminuirà il potere d'acquisto, o si farà in modo di produrre sotto
casa a costi più bassi dei costi con cui si produce nell'altro continente, e
quindi aumenterà la precarietà e diminuira' il potere d'acquisto, o la
concorrenza fara' trovare un punto d'equilibrio tra le due possibilità, e quindi
aumenterà la precarietà e diminuirà il potere d'acquisto. In qualunque modo la
si metta, continueranno a verificarsi le " criticità " cosi' lucidamente
sintetizzate.
Se nel presente, non interpretabili con le "
impostazioni del passato ", l'economia puo' continuare a crescere solo nel
contesto di un mercato globalizzato, e se il fine dell'economia non puo' che
continuare a essere la crescita, il " sentimento di incertezza, insicurezza e
precarietà " toccherà fasce sempre piu' rilevanti di popolazione; la " caduta
del potere d'acquisto di famiglie monoreddito " proseguirà, aumenteranno i "
ceti medi che perdono posizioni "; continuerà a diminuire " l'impegno politico
tra i giovani che hanno un lavoro discontinuo ".
Ma la crescita, dice Rutelli, consente di ricavare
i mezzi per " dare tutele mo0derne e giuste al lavoro flessibile ", per cui la
flessibilità/precarietà è contemporaneamente il problema da risolvere e la sua
soluzione! Compito della politica economica è " favorire la creazione di
ricchezza nel paese ( crescita del prodotto interno lordo, ndr ), non sognare di
redistribuire un'immaginaria ricchezza generata fallo Stato ". Chi abbia
immaginato questa immaginaria ricchezza non è specificato, anche se si puo'
immaginare che il riferimento sia ai conservatori di sinistra.
Aumentando la ricchezza nel paese, conclude il
ministro, si potrà " modernizzare l'assicurazione pubblica ", se vogliamo
davvero difendere un modello sociale inclusivo, non certo estendere
l'assistenzialismo ". Quale differenza ci sia tra moderna assicurazione pubblica
e assistenzialismo non è specificato. Forse perchè sono la stessa cosa detta con
parole diverse, anche se indubbiamente la connotazione della modernità con le
sue caratteristiche innovative conferisce alla proposta un appeal che surclassa
le vecchie ricette delle forze conservatrici di sinistra. Quelle che pretendono
di conservare un diritto obsoleto come la stabilità e la sicurezza del posto di
lavoro.
La precarietà è anche il tema che lo stesso giorno,
con perfetta sincronia, Walter Weltroni pone al centro del suo intervento al
convegno degli alti funzionari statali francesi aderenti al Partito Socialista.
la considerazione iniziale è che si tratta di un fatto nuovo. Non un problema
nuovo, di cui occorre analizzare le cause per tentare di risolverlo o
rimuoverlo. Ma un fatto nuovo che richiede strumenti nuovi per utilizzarne gli
aspetti positivi e attenuare quelli negativi.
Nonostante questa fiducia nel potere taumaturgico
dell'innovazione,la premessa della sua proposta non si puo' certo dire
innovativa, dal momento che ribadisce la necessità della crescita economica, un
indicatore della ricchezza effettiva e del benessere certamente vecchio, ma
soprattutto inadeguato ( le due connotazioni non coincidono, perchè se fosse
valido la vecchia non lo inficerebbe, mentre la novità non lo renderebbe valido
se non lo fosse ). Una inadeguatezza su cui si comincia a riflettere anche in
ambienti insospettabili come la Commissione europea ( che, ad esempio , in
novembre ha organizzato a Bruxelles in collaborazione col Parlamento europeo e
all'Ocse una conferenza internazionale intitolata " Oltr il Pil ").
Dopo la ripetizione della giaculatoria che " è la
povertà, non la ricchezza il nostro primo avversario ", Veltroni aggiunge: " Se
l'economia va male, non ci puo' essere giustizia sociale, senza crescita delle
imprese ogni obbiettivo di equità e di creazione di opportunità si allontana".
Che la crescita economica dei paesi industrializzati sia, al contrario,
l'opposto dell'equità - perchè aumenta le diseguaglianza tra nord e sud del
mondo, tra paesi industrializzati e paesi poveri - lo provano i fatti, ed è noto
a tutte le persone non appiattite sul più becero egoismo
materialista.
In che modo, tuttavia, la crescita possa tradursi
in un fattore di equità all'interno dei paesi industrializzati, l'allora futuro
presidente del Partito Democratico lo spiega subito dopo: " Davvero non vedo
come la sinistra e gli stessi sindacati possano non avere come prima priorità
l'affermazione dei diritti dei più deboli, di quei precari che non godono
dei privilegi dei garantiti. Il nostro impegno deve concentrarsi su di loro,
sulla creazione di un efficace sistema di ammortizzatori sociali, di contrappesi
sul piano della continuità previdenziale, di solide indennità di
disoccupazione".
In una Repubblica fondata sul lavoro, come recita
il primo articolo della nostra Costituzione, un posto di lavoro non precario
nella sua concezione diventa un privilegio. Non un diritto. E questa è senza
dubbio una grande innovazione concettuale. Da cui inevitabilmente deriva una
proposta politica innovativa. Non l'impegno a far uscire i precari dalla loro
condizione, ma ad attenuare le conseguenze creando " un efficace sistema di
ammortizzatori sociali, di contrappesi sul piano della continuità previdenziale,
di solide indennita' di disoccupazione ". Con quali soldi? Togliendo ai
lavoratori non precari i loro privilegi per realizzare un'equità fondata
sull'estensione della precarietà!
Nel discorso al Lingotto di Torino, in cui ha
presentato la propria candidatura alla guida del Partito Democratico, Veltroni
lo aveva detto con chiarezza: " Mi ripeto, so di farlo: la lotta alla precarietà
è la grande frontiera che il Partito Democratico ha davanti a se. Non si vince
questa lotta senza riscrivere un patto generazionale tra gli italiani. Senza
spostare le ingenti risorse oggi impegnate per far fronte agli equilibri del
sistema pensionistico verso i giovani e la loro inclusione ". Sulla base di
questa concezione il primo articolo della Costituzione andrebbe riscritto così:
L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro precario e l'assistenza
sociale.
Maurizio Pallante
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