le borse e le ragioni del crollo



da aprileonline
Quotidiano per la sinistra
22 gennaio 2008 -
 
Le Borse e le ragioni del crollo
 Alfiero Grandi*,  21 gennaio 2008

Economia      Sui mercati pesa la paura della recessione Usa. Giù le piazze asiatiche poi il panico travolge l'Europa. Che fare? Non si possono più lasciare le briglie sul collo e lamentarsi poi delle conseguenze. Occorre un governo dei processi, quelli finanziari in particolare, a livello europeo e mondiale

Anzitutto, qualche breve considerazione: l'economia Usa ha iniziato un periodo di forte rallentamento e c'è chi parla apertamente di recessione. Sono state spese molte parole sul ruolo di traino che, in alternativa, potrebbero svolgere le economie dei paesi emergenti, come la Cina e l'India, che certamente, un ruolo importante lo svolgono e continueranno a svolgerlo, infatti le previsioni di rallentamento economico per questi due Paesi sono modeste.
In particolare la Cina, forse per la prima volta, eviterà nel 2008 di andare "troppo forte". Basta pensare che negli ultimi due anni il Governo di Pechino ha cercato, senza riuscirci, di rallentare una crescita troppo veloce, con relative conseguenze su materie prime, energia, ambiente, ecc. Tuttavia, pur economicamente in crescita, questi Paesi, non sembrano essere in grado di svolgere un ruolo pienamente autonomo, in grado di riequilibrare le difficoltà Usa. Primo perché questi paesi e soprattutto la Cina, sono detentori dell'enorme debito pubblico statunitense, e secondo perchè sono esportatori indispensabili in America, contribuendo così a aumentarne il deficit commerciale, senza il quale, però, non potrebbero esportare tanta parte della loro produzione. Quindi, c'è un legame stretto tra i paesi emergenti e gli Stati Uniti d'America. Certo l'Europa potrebbe fare tanto, riequilibrare e diventare il terzo "incomodo". Però, sul suo cammino ci sono ostacoli. Il primo è che ogni grande paese europeo sembra muoversi per proprio conto e l'unico orizzonte europeo resta la Bce che, in assenza di un ministro dell'Economia europeo, non sa fare di meglio che imitare la Bundesbank che, all'epoca, aveva di fronte, però, il ministro e il Governo della Germania, cosa che a livello europeo non c'è. La Bce non basta e quello che fa è sostanzialmente restrittivo, quindi non aiuta ad affrontare la crisi attuale.
Il secondo ostacolo è che l'Europa non sembra porsi il problema di svolgere un ruolo da "player" mondiale e questo spazio, quindi, è riempito dall'attivismo dei singoli Governi. Del resto basta guardare a Sarkozy che somiglia tanto ad un commesso viaggiatore dell'industria francese. Eppure l'Europa avrebbe l'ampiezza necessaria per svolgere questo ruolo, ma non c'è riuscita durante la rincorsa del petrolio verso i 100 dollari e non ci riesce neppure ora. Si ha un bel dire che le nuove formule finanziarie servono a ripartire i rischi su platee più ampie, resta il fatto che la crisi dei subprime ha colpito oltre gli Usa anche l'Europa e le stesse banche dei paesi in crescita come la Bank of China.
Che fare? Sicuramente è importante raffreddare la crisi perché se le azioni crollano anche i fondi ne risentiranno e le banche e le strutture finanziarie, entrando in sofferenza, alzeranno il costo del denaro. Tuttavia, la cura deve essere più robusta di quella che si profila. Si tratta cioè di riequilibrare il rapporto tra finanza ed economia reale, a favore di quest'ultima, uscendo dalla sbornia neoliberista che afferma che al mercato non debbono essere posti vincoli e, quindi, affrontare il grande problema delle regole a livello mondiale, cominciando dal mercato finanziario.
Non si possono più lasciare le briglie sul collo e lamentarsi poi delle conseguenze. Occorre un governo dei processi, quelli finanziari in particolare, a livello europeo e mondiale.
Tra questi strumenti di governo della finanza mondiale, può tornare utile anche la "vecchia" Tobin Tax ed è giunto il momento di porsi seriamente il problema di un governo mondiale dell'economia, in grado di affrontare le politiche ambientali e la qualità dello sviluppo. Occorre una svolta politica. Bush non è credibile, ha fatto promesse che non hanno convinto, ora tutti guardano con ansia all'esito delle prossime elezioni Usa, sperando che dopo "l'anatra zoppa" arrivi un nuovo modo di guardare all'economia e al mondo.
*Sottosegretario Ministero dell'Economia e delle Finanze