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Articolo da pubblicare
- Subject: Articolo da pubblicare
- From: Gruppo Sociale <grupposocialeprogressista at yahoo.it>
- Date: Mon, 3 Dec 2007 18:40:38 +0100 (CET)
Spett. Redazione,
Vi preghiamo di pubblicare il seguente articolo.
Grazie.
Distinti saluti.
Nestor Viani – Gruppo Sociale Progressista – grupposocialeprogressista at yahoo.it
Referendum costituzionale in Venezuela: analisi di una sconfitta.
La bocciatura del referendum costituzionale in Venezuela non ha mancato di suscitare in Occidente le solite strumentalizzazioni pressappochiste sul fatto che la democrazia in quel paese era stata messa in pericolo da una simile tornata elettorale.
Niente di più falso, in quanto anche in caso di trionfo del sì, la democrazia non sarebbe stata affatto messa in discussione, ma anzi sarebbero stati accelerati alcuni elementi fondamentali di partecipazione diretta dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, primo fra tutti quello di poter destituire attraverso via referendaria in qualsiasi momento il presidente democraticamente eletto.
Questo aspetto di notevole importanza e fortemente innovativo è stato abilmente taciuto sia dai media della opposizione (che guarda caso ne controlla la maggior parte) che da quelli occidentali.
Allora come mai una simile sconfitta?
Premettendo che vi è stata una adesione molto alta, pari al 45% dell’elettorato, la vittoria della opposizione al referendum è stata di poco più del 50%., il che significa che solo un elettore su quattro l’ha effettivamente respinto.
Inoltre, non è affatto vero che fra coloro che hanno operato tale scelta, tutti siano profondamente contrari alla politica di Chavez.
Detto questo, quindi, l’opposizione può effettivamente contare su non più del 20% del corpo elettorale, il che corrisponde proprio alla percentuale di popolazione che continua a vivere nella bambagia a scapito della stragrande maggioranza del popolo venezuelano.
La bocciatura del referendum è probabilmente dovuta al fatto che il messaggio rivoluzionario di Chavez è stato troppo incentrato sulla sua persona, ed in particolare il fatto di potersi presentae ed essere potenzialmente rieletto ad ogni tornata elettorale, ha spaventato anche diversi sostenitori della sua politica, i quali più che di una dittatura hanno avuto il timore di vedere troppo personalizzata la rivoluzione bolivariana promossa sì da Chavez, ma fortemente voluta e sostenuta dalla
maggioranza dei Venezuelani. E’ questo anche se era prevista una possibilità di destituzione diretta del popolo (come descritto sopra) e che comunque una rielezione dello stesso Chavez non appariva comunque scontata. L’evoluzione della rivoluzione bolivariana deve andare ben oltre la figura di Chavez ed essere promossa e garantita dall’insieme del popolo che esso è chiamato a rappresentare. Soltanto così, senza personalismi e culti della personalità, condividendo in modo costante il potere direttamente con la base dell’elettorato, questa svolta epocale potrà effettivamente dare i suoi frutti e fare intravedere un futuro veramente migliore per la massa imponente di disperati presente oggi in Venezuela.
Però, l’influenza della Chiesa rimane troppo forte in un paese ancora in larga parte di confessione cattolica ed in particolare fra i ceti meno istruiti (la maggioranza dei Venezuelani). Questa entità è quindi riuscita ad avere buon gioco nel diffondere questo timore assolutamente assurdo e fuori luogo.
Dalla bocciatura di questo
referendum si possono tuttavia trarre alcuni aspetti positivi. Primo fra tutti, è stato dimostrato che Chavez non è affatto un dittatore, né che intende esserlo e che la democrazia (di cui tutti gli oppositori e l’Occidente con loro!) non è mai stata messa in pericolo dalla rivoluzione bolivariana. Lo stesso Chavez ha riconosciuto subito la sconfitta, accettandola e prendendola come stimolo per operare ancora meglio ed in modo più radicale e deciso sulla via di quelle riforme che dovrebbero finalmente ridare completamente dignità alla stragrande maggioranza dei Venezuelani, facendoli uscire definitivamente dallo stato di miseria e di privazioni in cui erano sprofondati grazie alle sciagurate politiche neoliberiste del secolo scorso.
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