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genova e l'assurda storia del mercato all'ingrosso.
- Subject: genova e l'assurda storia del mercato all'ingrosso.
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 29 Nov 2007 06:36:13 +0100
dal secoloxix di domenica 28 ottobre 2007
Genova e l'assurda storia del mercato all'ingrosso Mauro Barberis In una città dell'Absurdistan - ridente repubblica stretta fra Caucaso e Mar Caspio, resa celebre da un esilarante libro di Gary Shteyngart - c'era una volta, in una via chiamata corso Sardegna, un mercato all'ingrosso, che produceva un traffico absurdo (nel senso di tipico dell'Absurdistan): tanto che un giorno si decise di trasferirlo altrove, in un luogo favoloso chiamato Bolzaneto. Dovete sapere che in Absurdistan vige una strana regola che un saggio locale, tal Pierfranco Pellizzetti, chiama "privatizzazione dello spazio pubblico": tradotto in italiano, significa che se si deve intervenire sul territorio, qualcuno deve guadagnarci. Ma si trattava della più ampia zona della città soggetta a riqualificazione urbanistica (per usare il gergo degli urbanisti di là): sicché, una volta tanto, si decise di fare le cose per bene. Con un'iniziativa anomala rispetto ai parametri absurdi, la giunta guidata dal sindaco Adriano Sansa nel 1996 chiese agli abitanti del quartiere a che uso avrebbero dovuto essere destinate le aree dimesse: beninteso, le aree che sarebbero state dimesse, prima o poi, perché ancor oggi, undici anni dopo, il trasferimento del mercato non si è ancora realizzato. Interpellati da un apposito questionario, gli abitanti espressero i loro più riposti desideri e quasi trasecolarono nel vederli accolti nel Piano regolatore generale (Prg), divenuto poi nel 2000 Piano urbanistico comunale (Puc). Nel Puc si stabilì che l'area fosse destinata per il 75% a spazio pubblico, verde e attrezzato: dovevano esserci centri sociali, limiti all'edificabilità e ai parcheggi, esclusione di nuovi centri commerciali, una nuova sala polifunzionale per musica, cinema e teatro da 1.500 posti. Poi cambiò l'amministrazione, e i nuovi gestori della cosa pubblica, dinanzi a espressioni astruse come "Piano regolatore" o "Piano urbanistico" dovettero chiedersi: si tratta forse di nuovi strumenti musicali? Detto fatto, indissero un concorso di idee di urbanistica partecipata - espressione absurda intraducibile nella nostra lingua - puntualmente vinto da un progetto che stravolgeva il Puc: riducendo il verde, aumentando gli insediamenti commerciali, introducendo quattro piani di box auto sotterranei in una zona soggetta a rischio allagamento, almeno secondo il Piano di bacino (altro strumento musicale). Gli stessi amministratori, prima di essere sostituiti dagli attuali, adottarono il sistema absurdo del project financing, altra pittoresca espressione che indica la cessione dell'area ai costruttori per 93 anni, a fronte di un canone irrisorio. Questo sistema è incompatibile con il Puc: il quale, anche in Absurdistan, dovrebbe essere uno strumento urbanistico vincolante. Naturalmente, gli abitanti del quartiere sono sul piede di guerra, e ancora questa settimana si sono fatti sentire in consiglio comunale. Non manca neppure una tipica fazione absurda - i cosiddetti grillini - che soffia sul fuoco della protesta. Ora la questione è sul tavolo degli attuali amministratori: e taluno, incline alle semplificazioni mirabolanti tipiche della letteratura di quel paese, già immagina uno scontro titanico fra l'attuale sindaco, una certa Supermarta, che in un caso simile (l'Acquasola) ha avuto il fegato di bloccare tutto, e il rappresentante della passata amministrazione nella nuova, tal Supermario. Ma queste sono, appunto, solo leggende; nella realtà, cose come queste succedono mai, neppure in Absurdistan. Mauro Barberis è professore ordinario di Filosofia del diritto all'Università di Trieste. |
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