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welfare senza famiglia
- Subject: welfare senza famiglia
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 2 Nov 2007 06:37:28 +0100
da lastampa Martedì
23/10/07 Welfare senza famiglia CHIARA SARACENO C’è ben poco di nuovo nel modello di welfare disegnato dall’accordo di luglio, confermato dal referendum sindacale e ora dal compromesso raggiunto in Consiglio dei ministri. Ancor meno di nuovo s'intravede nelle posizioni di chi a quell’accordo s’è opposto e spera di modificarlo in Parlamento. L’accordo, i suoi oppositori e la stessa proposta di legge finanziaria condividono il modello di welfare all’italiana che rende così squilibrate e poco efficaci la spesa e le politiche sociali orientate a redistribuzioni monetarie, in particolare verso le età più anziane, senza neppure riuscire a contrastare davvero la povertà tra gli anziani perché di fatto privilegiano alcune categorie rispetto ad altre. È significativo che nell’accordo la misura più importante rivolta ai giovani riguarda una promessa a futura memoria che la loro pensione non scenderà sotto il 60% del reddito da lavoro. Si promette (con la fragilità delle promesse in questo campo) una garanzia in vecchiaia, mentre la questione che molti dei giovani devono affrontare è una continuità e adeguatezza del reddito che consenta loro oggi di rendersi autonomi dalle famiglie d’origine e di fare piani per una propria famiglia se lo desiderano. Soprattutto, nel gran conflitto di questi mesi sul welfare, le politiche per le famiglie e di sostegno alle responsabilità famigliari sono state le grandi assenti. Dopo l’ubriacatura ideologica in tema di famiglia della scorsa primavera, dopo il Family day e il Convegno nazionale sulla famiglia promosso dal ministro Bindi, le politiche per la famiglia continuano a mantenere nell’agenda politica italiana una posizione marginale ed estemporanea, anche se più di altre potrebbero essere considerate vere e proprie politiche d’investimento. Assenti del tutto dall’accordo con le parti sociali - che pure assorbe gran parte delle risorse - le politiche per la famiglia sono anche largamente assenti dalla proposta di legge finanziaria. Le misure di maggior rilievo presenti in quest’ultima riguardano certamente una dimensione importante del benessere famigliare, la casa, tramite la maggiorazione della detrazione dall’Ici sulla prima casa per i contribuenti con un reddito individuale non superiore ai 50 mila euro e l’introduzione di una detrazione a favore di chi è in affitto, di nuovo legata al reddito individuale. Queste due misure di fatto assorbono tutte le risorse disponibili. Perciò, sul piano dei trasferimenti monetari, la riforma degli assegni al nucleo familiare per renderli più equi e meno frammentati di fatto è ancora una volta rimandata sine die. E non è chiaro se e quanti fondi rimarranno per i servizi, che ogni ricerca mostra essere essenziali per il benessere delle famiglie, anche perché facilitano l’occupazione delle donne con carichi famigliari. La riduzione dell’Ici, incidendo negativamente sui bilanci dei Comuni sui quali grava in larga misura la responsabilità di fornire i servizi, potrebbe anche avere un effetto negativo in termini di offerta e di costo per le famiglie. Ma le misure per la casa sono almeno eque dal punto di vista redistributivo? A prima vista sembrerebbe di sì, dato che sono legate al reddito. Ma anche qui si sconta il vecchio errore di usare il fisco, che nel nostro Paese è basato sul reddito individuale, per effettuare redistribuzioni tra famiglie. Come già in passato, potranno beneficiare delle detrazioni famiglie in cui entrambi i coniugi, o anche uno solo, hanno un reddito inferiore alla soglia, ma che insieme la superano ampiamente; mentre non potranno beneficiarne le famiglie in cui l’unico percettore di reddito supera la soglia anche solo di un euro. Molte ricerche hanno segnalato che il welfare italiano sostiene poco la conciliazione tra responsabilità familiari e partecipazione al mercato del lavoro ed è anche poco redistributivo, sia perché privilegia i trasferimenti monetari rispetto ai servizi sia perché nei primi privilegia la redistribuzione via imposte rispetto ai trasferimenti diretti. L’accordo tra le parti sociali e la legge finanziaria confermano, ahimè, proprio queste caratteristiche negative. 25/10/2007 Welfare e famiglia i passi irrinunciabili Non è giusto minimizzare le misure sulla casa. Ma non archivio la proposta di un assegno destinato a tutti i bambini né a quella di completare la rete degli asili nido ROSY BINDI* Condivido molte delle osservazioni della professoressa Chiara Saraceno sulle lacune e i ritardi del nostro welfare(«Welfare senza famiglia» su La Stampa di martedì). Ed è vero che il Protocollo, approvato dal referendum sindacale e ora all’esame del Parlamento, e la Finanziaria 2008 non rappresentano, sul fronte delle politiche per la famiglia, quel cambio di passo delineato con la Conferenza nazionale di Firenze. In entrambi i provvedimenti, ha ragione la Saraceno, gli aiuti si concentrano sul domani e non si è avuto il coraggio di intervenire sulle difficoltà che oggi vivono milioni di giovani e di famiglie con figli. Penso in primo luogo alla precarietà del lavoro, su cui occorre un’azione di governo più incisiva e un richiamo più stringente alle responsabilità degli imprenditori. E penso alla certezza di un sostegno economico duraturo alle responsabilità genitoriali. Anch’io, non ho difficoltà ad ammetterlo, avevo altre attese. In Finanziaria avevo presentato una riforma degli assegni familiari che tiene insieme l’esigenza di aiutare subito le famiglie con figli e di accantonare un «capitale» per il futuro dei giovani. Per quanto mi riguarda la proposta di un assegno unico destinato a tutti i bambini, che gradualmente rafforza l’entità dei trasferimenti monetari alle famiglie e li estende anche ai lavoratori autonomi, non è affatto archiviata. Più in generale non è archiviato il tema di un accesso alla rete dei servizi e al loro costo, che tenga conto sia del reddito individuale che della composizione del nucleo familiare. Ma non credo sia giusto minimizzare le misure sulla casa, un bene che incide fino al 50% sulla disponibilità economica delle famiglie. Anche il bonus ai cosiddetti «incapienti» non può essere ignorato, soprattutto da chi conosce bene i problemi delle famiglie più povere. Si tratta di un primo risarcimento a chi era stato escluso dai benefici della Finanziaria 2007. Secondo l’Istat, la riduzione dell’Ici, le detrazioni fiscali per chi vive in affitto e il bonus per le famiglie più povere, garantiscono a 18 milioni di famiglie un incremento medio di circa 155 euro del reddito disponibile, con una riduzione del tasso di povertà di circa un punto percentuale. Si poteva fare meglio e di più? Può darsi che un contesto di finanza pubblica meno oneroso avrebbe offerto margini d’azione più ampi. Eppure, tra molte difficoltà e qualche lentezza di troppo, stiamo cercando di affrancare il nostro welfare da un sistema di garanzie ormai troppo rigido, riservato prevalentemente a chi ha un posto fisso e che affida alla famiglia un ruolo di ammortizzatore sociale ormai insostenibile. Vanno in questa direzione le prime misure per riconoscere il diritto alla maternità per le lavoratrici precarie. E soprattutto il progetto di riforma della legge 53 del 2000, sulla conciliazione dei tempi della famiglia e di lavoro e sui congedi parentali a cui stiamo lavorando. Uno strumento essenziale per affermare politiche di effettiva parità per le donne e di condivisione delle responsabilità e dei carichi familiari in un mercato del lavoro flessibile. Non intendo, inoltre, rinunciare ad un ulteriore finanziamento per completare la rete degli asili nido, che finalmente per i prossimi tre anni prevede uno stanziamento di circa 700 milioni di euro. Sono consapevole che occorrono tempo e risorse per superare le logiche di un vecchio modello di welfare e orientare tutte le politiche a favore della famiglia, come punto di forza per risolvere problemi di lunga data. Ma forse è anche giusto riconoscere che la strada è intrapresa. * ministro delle Politiche per la famiglia |
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