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bioenergia passi falsi e passi giusti
- Subject: bioenergia passi falsi e passi giusti
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 25 Oct 2007 06:52:40 +0200
da aprileit
18 ottobre 2007 Passi falsi e passi giusti nel campo della bioenergia Hermann Scheer*, 17 ottobre 2007 Negli ultimi tempi si tende sempre di più ad avvalorare la possibilità di sostituire energie fossili o nucleari con quelle rinnovabili. L'obiezione avanzata successivamente è che per arrivare alla sostituzione si impiega molto tempo. Alla luce dei fatti, comunque, anche questa affermazione risulta inesatta in quanto non esiste sistema più veloce nella sua installazione, di quello delle energie rinnovabili, presupposto però, che esso sia decentralizzato. Un ruolo fondamentale in questo contesto va attribuito, insieme all'energia solare, eolica ed idrica, a quella biologica, a condizione che venga utilizzata correttamente seguendo una serie di criteri ben precisi Fino a pochi anni fa tra gli esperti nel campo energetico, i "convenzionalisti" sostenevano che fosse generalmente impossibile sostituire energie fossili o nucleari con quelle rinnovabili. Negli ultimi tempi invece si tende sempre di più ad avvalorare questa possibilità. L'obiezione avanzata successivamente è che per arrivare alla sostituzione si impiega molto tempo. Alla luce dei fatti, comunque, anche questa affermazione risulta inesatta in quanto non esiste sistema più veloce nella sua installazione, di quello delle energie rinnovabili, presupposto però, che esso sia decentralizzato. Attualmente l'approvvigionamento con energie fossili e nucleari avviene necessariamente in modo centralizzato. Ciò è dovuto innanzitutto all'ubicazione delle fonti energetiche: sulla terra esistono relativamente pochi siti d'estrazione delle materie prime quali petrolio, gas naturale, carbonio ed uranio, mentre il consumo d'energia sussiste ovunque l'uomo lavori e viva. In questo modo si crea inevitabilmente una lunga catena che, assieme alle infrastrutture per il trasporto, è sinonimo del sistema energetico stesso e, di conseguenza, costituisce il principale impulso verso la globalizzazione economica: le economie di interi popoli sono state così rese dipendenti dai paesi estrattori e dai gruppi energetici transnazionali. Essendo l'energia alla base di tutte le attività della vita, questa dipendenza risulta esistenziale e può essere superata solamente tramite il ricorso alle energie rinnovabili e producibili nel proprio territorio. La grande importanza delle energie rinnovabili si fonda, quindi, sulla possibilità non solo di fornire energia ecologica, ma anche di consentire un'autonomia energetica a livello nazionale, regionale e locale. Affinché ciò possa avvenire, tutte le energie rinnovabili devono essere utilizzate congiuntamente, al fine di creare un sistema energetico misto. Un ruolo fondamentale in questo contesto va attribuito, insieme all'energia solare, eolica ed idrica, a quella biologica, che, comunque, tra tutte le energie rinnovabili rappresenta l'opzione più complessa. Dall'agricoltura e dalla silvicoltura sappiamo che nella coltivazione di piante si può agire correttamente, come si possono commettere gravi errori. Pertanto, il rischio di un utilizzo non corretto della bioenergia esiste e rappresenta un reale pericolo in quanto annullerebbe i vantaggi ecologici ad essa inerenti. La rinnovibilità della bioenergia è garantita solo se viene sempre seminata esattamente la stessa quantità di piante di quelle precedentemente raccolte. Il disboscamento continuo senza la coltivazione di nuovi alberi, ad esempio, comporta, per la zona interessata, danni climatici ed ecologici tanto ingenti quanto quelli provocati dall'utilizzo dell'energia fossile. Pertanto, il primo criterio per la realizzazione del sistema bioenergetico è l'equilibrio tra raccolta e coltivazione. Il secondo criterio consiste nell'evitare che nasca un rapporto concorrenziale tra l'agricoltura destinata alla produzione alimentare e quella finalizzata all'approvvigionamento energetico. Ciò non solo è possibile, ma comporta addirittura dei vantaggi economici: trasformare in energia i numerosi scarti derivanti dalla produzione agro-alimentare fa parte di un concetto integrato. In questo contesto va considerato che la varietà di piante idonee alla trasformazione in energia è di gran lunga maggiore rispetto a quella delle piante utilizzabili per la produzione alimentare. Sul totale di tutte le piante adatte all'uso industriale, meno dell1% possono essere utilizzate nella produzione alimentare, mentre per la trasformazione in energia possono essere sfruttate tutte. Pertanto, con la coltivazione di piante trasformabili in energia, si aprono maggiori prospettive sotto il profilo della biodiversità e cioè della creazione di colture miste al posto delle monocolture. Questa argomentazione presuppone, comunque, che un ruolo centrale all'interno della prospettiva bioenergetica venga attribuito al biogas. Mentre esistono piante che non si prestano alla trasformazione in bioetanolo o olii sostitutivi del petrolio, tutte le specie possono essere utilizzati per la produzione di biogas, considerando inoltre che il ricavo energetico per ettaro di quest'ultimo è maggiore di quello del biogasolio o bioetanolo. Un terzo criterio è rappresentato dall'utilizzo multiplo del suolo. Le piante "alimentari" possono essere raccolte solo allo stato maturo, condizione che non riguarda le piante "energetiche" da trasformare in bioetanolo o biogas. Ciò significa che nella stessa stagione agricola si possono effettuare due o addirittura tre raccolte. Si può e si deve immaginare una prima semina finalizzata alla produzione di un genere alimentare, con successivo riciclo degli scarti. Dopo la raccolta seguirà una seconda semina mirata esclusivamente alla produzione energetica, i cui frutti potranno essere raccolti entro breve tempo. Quella della seconda semina è una pianta intercalare e consente anche di effettuare la rotazione delle colture, un procedimento vantaggioso sotto il profilo ecologico. Un quarto criterio consiste nell'impiego multiplo degli scarti derivanti dalla produzione di bioenergia: il pannello di semi oleosi, scarto della produzione d'olio vegetale, può essere utilizzato come mangime e sostituisce l'importazione di soia in Europa; un altro residuo, la glicerina, può essere impiegato nell'industria chimica, alzandone lo standard ecologico; negli impianti di cogenerazione calorica ed elettrica trova impiego la vinaccia, sostanza che avanza nella produzione del bioetanolo, mentre uno scarto della produzione di biogas è un fertilizzante con qualità protettive per le falde acquifere del sottosuolo. Considerando tutti i criteri sopra illustrati, possiamo giungere alla conclusione che lo scopo ecologico dell'agricoltura integrata può essere raggiunto proprio tramite un sistema agricolo che funga, contemporaneamente, da produttore di generi alimentari e di materie prime per il ricavo di energia. Tuttavia, per poter garantire, sotto il profilo organizzativo, che gli scarti della produzione bioenergetica vengano riciclati nell'agricoltura, quest'ultima deve essere parte integrante della stessa catena produttiva dell'energia. Questo a sua volta significa che la realizzazione dell'opzione bioenergetica, al fine di avvalersi dei vantaggi sopraccitati e di mantenere le sue qualità ecologiche, deve necessariamente essere organizzata sulla base di circuiti regionali. In altre parole: la bioenergia non può rappresentare un prodotto compatibile con le strutture dei mercati energetici mondiali come quello globale del petrolio, del gas naturale, del carbonio o dell'uranio, bensì deve essere organizzata a livello regionale. Negare questa premessa conduce in un vicolo cieco, in quanto significherebbe semplicemente creare con i prodotti bioenergetici una fotocopia dell'attuale mercato energetico mondiale. Far diventare la bioenergia un normale prodotto del commercio globale come il petrolio, è diametralmente opposto al principio dell'utilizzo integrato. Ciò comporta dei fenomeni che annullano, in brevissimo tempo, qualsiasi credibilità ecologica e ai quali, già oggi, siamo frequentemente costretti ad assistere, come ad esempio, il disboscamento delle foreste fluviali tropicali - insostituibili nella loro funzione ecologica - per fare spazio a piantagioni di palme con l'obiettivo di collocare l'olio di palma sul mercato mondiale dei carburanti per autoveicoli. Dipenderà soprattutto dai concetti politici se l'evoluzione, in questo settore, seguirà la direzione giusta o quella sbagliata. Il rischio maggiore di commettere passi falsi, si nasconde in una legge sull'introduzione della bioenergia, che impone ai gruppi petroliferi di miscelare i loro prodotti con quelli bioenergetici. Il vincolo di aggiungere al carburante fossile solo una determinata percentuale di bioenergia - inizialmente forse il 5%, con un eventuale successivo aumento - significa dare ai grandi gruppi petroliferi la possibilità di detenere il monopolio d'acquisto nei confronti dei produttori agricoli. In questo modo non solo riusciranno a dettare i prezzi agli agricoltori, ma tenderanno anche ad acquisire i prodotti più convenienti sul mercato mondiale, non curandosi di rispettare i concetti e le norme di coltivazione che ne sono all'origine. Pertanto, questo tipo di regolamento "quantitativo" risulta controproducente, sia per quanto riguarda gli obiettivi ecologici, sia sotto l'aspetto dello sviluppo agricolo. Il giusto inizio per consentire la nascita di mercati regionali di combustibili consiste nell'incentivare, tramite sgravi fiscali, la produzione di biocarburanti puri. In questo modo possono nascere numerosi nuovi produttori a livello regionale che rappresentano una valida concorrenza ai grandi gruppi petroliferi e che, ricavando profitti economici multipli tramite la realizzazione della produzione integrata sopra descritta, possono essere realmente competitivi. Se dunque la bioenergia venisse adottata in sostituzione del petrolio nell'ambito delle strategie nazionali - come avviene peraltro in Brasile - questo potrebbe rappresentare la via giusta verso l'indipendenza energetica. Per assicurarsi questa indipendenza occorre però necessariamente attenersi ai criteri sopra citati. Solo così la bioenergia risponderebbe alla necessità di durare nel tempo. Al contrario risulterebbe la strada sbagliata qualora venisse pensata come fattore economico per il mercato mondiale, come clone dell'attuale mercato petrolifero. Ciò vale per il Brasile come per qualunque altro paese. La bioenergia appartiene al mercato locale non a quello globale. Come prodotto della natura non può essere considerata alla stregua di una qualsiasi merce di scambio. *Deputato al Bundestag e Presidente europeo
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