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ambiente tecnica etica, verso la cultura della responsabilità
- Subject: ambiente tecnica etica, verso la cultura della responsabilità
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 20 Sep 2007 06:28:13 +0200
da edizioni ambiente
Verso la cultura della responsabilità Ambiente, tecnica, etica di Piero Pozzati, Felice Palmeri 2007 - pagine: 320 - euro 20,00 - ISBN 978-88-89014-67-7 All'alba del terzo millennio, in piena epoca tecnico-scientifica, si fanno sempre più frequenti gli interrogativi del tipo: quale futuro si prospetta per gli assetti demografici del pianeta? Per la copertura del fabbisogno energetico mondiale? Per il clima globale? E così per la fascia di ozono, la disponibilità di acqua dolce, la biodiversità, le foreste... In sintesi l'interrogativo dominante del nostro tempo è: quale futuro si prospetta per la biosfera e la specie umana, che hanno destini inscindibili? Un interrogativo scaturito dal profilarsi di una crisi ambientale di proporzioni vastissime, che si configura sì come un problema politico e tecnico-scientifico (poiché impone interventi riparatori o preventivi) ma anche, e non in grado minore, come un problema etico-culturale. Ossia come un problema che riguarda il nostro modo di operare nel mondo e per il mondo, sempre più chiamato a misurarsi con un'inedita responsabilità: consegnare alle generazioni future un pianeta in condizioni tali da poter assicurare loro una qualità di vita degna di essere vissuta. Sono questi i presupposti che, per le generazioni di oggi, chiamano direttamente in causa la cultura della responsabilità. Questo volume rende conto dell'ormai vasto processo reattivo che, per contrastare i gravi dissesti dell'ambiente, si è nel tempo strutturato per stimolare un generale ripensamento delle prassi di ordine sociale, giuridico, politico, economico e, in ultima istanza, degli aspetti fondamentali della stessa cultura occidentale. Piero Pozzati è Professore Emerito di Tecnica delle costruzioni all'Università di Bologna. Progettista di strutture, è stato membro di Commissioni CNR per le normative sulle costruzioni. Da molti anni studia il tema delle responsabilità etiche della tecnica e dei riflessi sulla formazione culturale dei giovani. Felice Palmeri è responsabile esecutivo del Centro DIEA (Documentazione su Ingegneria ed Etica Ambientale) della Facoltà di Ingegneria di Bologna e docente di Etica ambientale presso le Facoltà di ingegneria di Bologna e Pavia. Evoluzione del rapporto tra etica e diritto Può essere opportuno sottolineare che in materia di emergenze ambientali e biosferiche il dibattito giuridico si trova esposto a difficoltà non molto diverse da quelle che riguardano il dibattito etico-culturale, sia sul piano di oggettive trasformazioni della natura dei problemi da trattare, sia sul piano di nuovi difficili iter da intraprendere per favorire una convergenza costruttiva di idee e di posizioni spesso tra loro molto diverse. Fra queste difficoltà rientra in primo luogo il fatto che le problematiche emergenti nelle nostre "società del rischio" si moltiplicano e ingigantiscono a velocità crescente, dettata dagli inarrestabili avanzamenti tecnico-scientifici (§7.12); per cui, analogamente a quanto avviene nell'ambito del dibattito etico, anche nel dibattito giuridico gli operatori si trovano a seguire l'evolvere dei problemi con un certo ritardo, anzi con un ritardo ancora più grave a causa del suo "maggiore livello di formalizzazione, che esige fonti qualificate di produzione delle norme" [Eusebi 1998, p. 274]. In secondo luogo va tenuto presente che anche il diritto (come l'etica) si trova a fare i conti con il "pluralismo etico e culturale" che contraddistingue le società contemporanee, con la conseguente difficoltà di dover elaborare "regole condivise" – e calibrate in modo da ottenere il massimo di adesione spontanea – da parte di una moltitudine di soggetti che, nei fatti, è portatrice di molteplici e differenti ottiche e convinzioni etico-culturali. Per cui "risulta sempre più difficile ricorrere al diritto per imporre valori non condivisi" [Rodotà 1997, p. VIII]. Tuttavia le obiettive difficoltà di definire negli attuali "contesti pluralistici" valori condivisi da tutelare non ci sottraggono dall'obbligo, per molti versi categorico, di ricercare possibili convergenze. Infatti va tenuto ben presente che il "pluralismo" non rappresenta un fenomeno transitorio che potrà essere superato nel tempo, ma una irreversibile caratteristica strutturale acquisita dalle nostre società, con la conseguenza che "la salvaguardia del confronto continuo e della molteplicità degli approcci diventa un valore in sé" [Braidotti, Rodotà, Nespor, Maffettone 1995, p. 16]. (...) Il problema dell'urgenza e della globalizzazione dell'agire ecologico ha quindi finito per dar vita a diversi tentativi di messa a punto di "iter" non scevri di difficoltà, che in qualche misura implicano anche la traduzione in disegni giuridici di molte delle idee dibattute e maturate nell'ambito dell'etica ambientale e dell'eco-filosofia; finendo così il diritto per svolgere l'importante funzione di "traghettare" dall'ambito etico-culturale a quello giuridico la tutela di diritti riguardanti cose e persone (la biosfera e le generazioni future, ad esempio) un tempo estranei al campo di interesse della cultura giuridica. Si rende così possibile, in definitiva, il passaggio dalla dimensione etica (imperativa per la coscienza del singolo o di ristretti insiemi di persone) alla dimensione politico-giuridica (prescrittiva per tutti i cittadini) sulla base di una riflessione giuridica costantemente sollecitata da "fondamentali intuizioni etiche" che, in genere, si pongono alla base di ogni indispensabile aggiornamento del diritto. Sotto questo punto di vista, quindi, l'odierna etica applicata si configura come un vero e proprio "stadio pre-giuridico", ovvero come un ambito in cui in via preliminare si analizzano e si mettono a fuoco "possibili e condivisibili" interpretazioni, ipotesi e soluzioni. E di questa importante valenza pre-giuridica dell'etica applicata è testimonianza l'evoluzione istituzionale di cui parleremo nel paragrafo 10.3. (...) (da Capitolo 9) [pp. 263, 264] Principio e cultura della responsabilità Nel 1993 viene data alle stampe in Germania una pregevole pubblicazione dal titolo Sull'orlo dell'abisso, che raccoglie varie conversazioni sul rapporto uomo-natura precedentemente pubblicate dall'importante settimanale tedesco Der Spiegel e sviluppate da Hans Jonas, il filosofo contemporaneo di un'etica per la civiltà tecnologica più volte ricordato nei precedenti capitoli. Pochi mesi dopo Jonas muore. Quindi quella pubblicazione ha acquistato quasi il valore di un testamento spirituale, sorretto da una preoccupazione tanto viva da favorire la presa di coscienza su problematiche che si rivelano decisive per il destino dell'umanità. (...) Tuttavia il tono drammatico del titolo dell'opera non deve far pensare a un giudizio che ritenga la situazione senza rimedio e possibili vie di uscita. Tutt'altro: e infatti lo stesso Jonas, pur nel quadro dei riconosciuti pericoli, a proposito dei problemi ambientali afferma con determinazione nella prima delle interviste riportate nel citato volume che "l'ultima cosa che ci si può permettere è di darsi per vinti" [Ibidem, p. 17]. Affermazione tanto importante quanto necessaria, tenendo anche conto – per chi ostentasse ancora noncuranza e atteggiamenti scettici – del mare di attendibili documenti pressoché tutti concordi nel denunciare la gravità di numerose emergenze planetarie che, nel loro insieme, dimostrano la necessità di un radicale cambiamento di rotta rispetto ai vigenti modelli economici e stili di vita, e richiedono una concordata strategia generale di interventi. Interventi di norma complessi e delicati che tuttavia possono trovare un vincolo salutare e unificante nei principi di "responsabilità" e di "precauzione", per loro intrinseca definizione volti a tener conto – lo ribadiamo ancora – di una inedita dilatazione della sfera di influenza delle attività antropiche (sia nello spazio sia nel tempo) oggi arrivate a "mettere a rischio le basi fondamentali delle dinamiche naturali che garantiscono la nostra sopravvivenza sulla Terra" [Bologna 2005, p. 24]. (...) Per cui appare ben pertinente la proposta – formulata da Paul Crutzen e già da noi ricordata (§7.11) – di battezzare con il termine "Antropocene" l'attuale era geologica; e pertinente anche il netto giudizio di Jonas di mettere il principio responsabilità "in testa a tutti i valori, dal momento che il suo oggetto diventa il più grande pensabile (...), ossia il futuro dell'umanità" [Jonas 1985; tr. it. 1997, p. 47]. Ma la riflessione sulla responsabilità deve sapere comprendere, oltre alle istanze interne, anche i problemi e le necessità del mondo esterno; portando così il pensiero fuori dai recinti sicuri delle astrazioni filosofiche, verso il mondo complesso dei rapporti dell'uomo con gli altri uomini e con la natura. Quindi – lo abbiamo più volte accennato – affinché il concetto di responsabilità possa acquisire l'auspicato ruolo di primo piano nella scala dei valori, deve calarsi tra la gente, acquistare peso mediatico e, in definitiva, "umanizzarsi" e farsi cultura della responsabilità (da qui la ragione del titolo di questo libro) per divenire così elemento portante tanto nell'elaborazione collettiva del pensiero, quanto nell'espletamento delle azioni, investendo quindi l'intero campo della tecnica e non secondariamente anche dell'economia e della politica. E deve farsi soprattutto – lo ribadiamo – cultura animi, dovendo essa non soltanto ampliare la conoscenza, ma anche e soprattutto educare il nostro comportamento e il nostro spirito. (...) [p. 295, 296] Rinascita dell'etica e responsabilità ambientale Nel corso dei due precedenti capitoli abbiamo più volte accennato al fatto che si deve soprattutto al panorama culturale estero la produzione, negli ultimi tre decenni, di una vastissima letteratura secondo la quale le emergenze ambientali e biosferiche aprono un nuovo e fondamentale capitolo dedicato a una riflessione critica sulla nostra cosiddetta post-modernità e, più in particolare, a una profonda rivisitazione dei fondamenti etico-culturali alla base del pensiero e dell'azione umana. Infatti – rileva fra altri Kristin Shrader-Frechette [1993, p. 151], nome ben noto nella trattazione dei problemi del rischio – uno degli aspetti più controversi dell'odierna questione ecologica riguarda la circostanza che essa si configura sì come un problema tecnico-scientifico (esigendo interventi riparatori o preventivi) ma anche, e non secondariamente, come un problema etico. Dunque, come un problema che riguarda il nostro modo di agire nel mondo e per il mondo, sempre più chiamato a misurarsi con una inedita responsabilità: consegnare alle generazioni future un pianeta in condizioni tali da poter assicurare loro una qualità della vita degna di essere vissuta. È questa, in estrema sintesi, l'essenza della cosiddetta questione etico-scientifica,segnata dalle più svariate implicazioni ed estesamente considerata come la questione del terzo millennio. Entriamo così nel vivo del tema del volume, cominciando con il sottolineare che la sempre maggiore attenzione destata dalla "questione" ha finito per generare delle nuove direttrici culturali orientate a promuovere e ad affiancare alla rivoluzione tecnico-scientifica, ossia alla rivoluzione dell'azione, una parallela rivoluzione dell'etica, ossia una parallela rivoluzione della coscienza (§7.12); e ciò dal momento che nel nostro tempo si moltiplicano e si sovrappongono le problematiche ambientali e biosferiche dirette a evocare, per la dominante razionalità tecnico-scientifica, antichi interrogativi su questioni assolutamente generali e per gran parte attinenti ai temi della responsabilità. È un fenomeno questo rivelatore di una sorta di percorso storico che nella nostra "epoca di transizione" porta – ovviamente in termini assai rinnovati – a riavvicinare scienza ed etica, dando così corso alla chiusura di un ciclo dettata dall'esigenza di ritrovare, nel tortuoso cammino della conoscenza, riferimenti perduti nella frammentazione della cultura, nella reciproca estraneità dei diversi saperi, nell'esasperata specializzazione. Per cui, come con acutezza rilevato dal filosofo Carlo Sini [1992, pag. 25], "Con la domanda etica le scienze, nella figura ultimativa della tecnica, tornano a casa, cioè tornano al problema della filosofia donde erano nate. La tecnica segna così il ritorno della filosofia, cui è presumibile che sempre più assisteremo in futuro." Coerentemente con queste premesse, il proposito di questo capitolo sarà quello di tracciare un sommario inquadramento delle tre fasi fondamentali che scandiscono, abbracciando tutto l'arco del Novecento, il lento processo di riaffermazione della riflessione etica e, più nello specifico, di sviluppo del "senso di responsabilità ambientale". Processo che a metà Ottocento parte con il progressivo affermarsi di "un nuovo modo di guardare alla natura" (prima fase), si raccorda negli anni Cinquanta con una "riflessione sulla potenza della tecnica" (seconda fase), per approdare infine all'attuale "riflessione sulle responsabilità intergenerazionali" (terza fase). A proposito di quest'ultima, oltre al fondamentale contributo del pensiero laico che emergerà dai successivi paragrafi, riteniamo non meno fondamentale anche il ripetuto e spesso misconosciuto apporto del pensiero cristiano, cui faremo un cenno nel paragrafo 9.13. (...) (da Capitolo 9) [pp. 227-229] |
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