la casa tra tassazione e riscatto sociale



da aprile.it 17 ottobre 2006, 15:35 -
 
La casa, tra tassazione e riscatto sociale
 Luciano Gallino,  13 ottobre 2006
Per la maggior parte delle famiglie, la proprietà delle "quattro mura" è anche l'unica ricchezza di cui si dispone

L'80% delle famiglie italiane, quasi 18 milioni su 22, sono proprietarie dell'abitazione in cui risiedono. Si tratta d'una percentuale superiore a quella di ogni altro paese europeo. Ciò implica che qualsiasi formazione politica, o governo, che intenda toccare le tasse sulla casa, si tratti di ICI, di imposta sul reddito catastale, o di tassa di successione, dovrebbe farlo con grande cautela. Oltre che con la massima chiarezza di annuncio, in modo da fare capire sin dalle prime battute quali fasce di contribuenti sarebbero colpiti, e in che misura. Dopodiché dovrebbe evitare di dar l'impressione di aver cambiato idea, magari ripetutamente. Finora l'Unione non ha dato particolare prova di volere o sapere esercitare queste tre virtù, specialmente in tema di tassa di successione.
Durante la campagna elettorale vari suoi esponenti parlarono genericamente di ritorno della tassa in questione, abolita dal governo Berlusconi, dopo che il precedente governo di centrosinistra l'aveva ridotta esentando da essa i primi 350 milioni di lire, un po' meno di 175.000 euro di oggi. Dopo una o due settimane il tiro fu corretto. Non più i patrimoni superiori a 350 milioni o 175.000 euro sarebbero stati colpiti, ma soltanto i "grandi patrimoni", non altrimenti precisati. Forse quelli, si può supporre - per limitarsi alla casa - che consistono in un attico di 400 metri quadrati a Piazza di Spagna a Roma o in via Manzoni a Milano. Finalmente arrivò il governo del centrosinistra, pronto a metter mano ad una legge finanziaria che tra i suoi infiniti provvedimenti prevede il ritorno della tassa di successione, sia pure chiamandola con un altro nome - aumento dell'imposta di registro e simili - e assicurando che essa non supererà il 3% del valore dei beni da trasmettere agli eredi. E 18 milioni di famiglie proprietarie di casa si sono rimesse da capo in agitazione.
Ora va detto che i politici di sinistra - almeno quelli che non temono di riconoscersi ancora in essa - dovrebbero pur trovare la forza per far sapere alle famiglie italiane, e far capire, due o tre cose in merito alle tasse sulla casa. Ad esempio, che esse hanno una loro specifica razionalità economica e legittimità sociale; che esistono in tutti i paesi avanzati; che nel nostro paese esse sono al presente più basse, nell'insieme, che negli altri grandi paesi europei. Una famiglia francese, ad esempio, sarebbe ben lieta di scambiare con le nostre, presenti e probabili, le sue tasse sulla casa. Infatti essa deve pagare: la tassa d'abitazione, che è strutturalmente simile all'ICI ma è assai più onerosa perché sull'ammontare del prelievo incidono il comune, il dipartimento (la loro provincia), e gli enti di coordinamento intercomunale di recente istituzione; l'imposta fondiaria che prende a riferimento il valore locativo, partendo dai parametri catastali, ma che, diversamente dalla nostra imposta sul reddito, viene pagata a parte ed è piuttosto salata; l'Invim, l'imposta sull'aumento del valore dell'immobile (da noi abolita nel 2002) che comporta un onere di almeno il 20% al momento della vendita dell'alloggio qualora non siano passati almeno 15 anni dall'acquisto; nonché la tassa di successione, che vuol dire lasciare al fisco dal 20% in su del valore dell'immobile (e, ovviamente, di eventuali altri beni lasciati agli eredi).
Si potrebbe quindi affermare che nel quadro di una decente civiltà fiscale, quali sono tutto sommato gli altri grandi paesi europei, le famiglie italiane che sono proprietarie di casa non hanno troppi motivi per lamentarsi. Le tasse sulla casa sono quelle che permettono di disporre di asili nido e scuole materne che non chiedano ai genitori di portare loro sapone, carta igienica e gessetti per i figli, perché con il loro bilancio non possono più fornirli; di trasporti pubblici efficienti; di parchi urbani ben tenuti. E sarebbe un dovere della sinistra farglielo capire, dinanzi alla indecente campagna della destra che dipinge tutte le tasse come un furto; un tipo di propaganda politica che in un paese avente un governo che più a destra non si può, gli Stati Uniti, porterebbe chi la pratica diritto davanti a un procuratore federale.
Però qualche giusto motivo di scontento alle suddette famiglie bisogna pur riconoscerlo. In primo luogo esse hanno il diritto di sapere con ragionevole certezza quali tasse graveranno nel prossimo futuro sulla loro casa, tra ICI, imposta sul valore catastale (quella che si paga con la dichiarazione dei redditi), tassa di successione e addizionali varie. Mentre è dall'inizio della campagna elettorale, cioè dal gennaio 2006 se non da prima, che ogni giorno esse leggono sui giornali che il governo di centrosinistra e con esso gli enti territoriali ritoccheranno l'una o l'altra delle varie imposte e tasse sulla casa, ma nessuno è in grado di comprendere in che modo, e in quale misura, con quale reale incidenza complessiva.
In secondo luogo va tenuto conto che la proprietà della casa, per tre quarti delle famiglie, rappresenta in Italia gran parte della ricchezza totale che hanno. Soltanto il quarto rimanente di famiglie ricche e ricchissime dispone di una ricchezza finanziaria grosso modo pari o superiore a quella immobiliare. Questo significa che, diversamente da quanto si osserva in altri paesi europei, aumentare le tasse sulla casa, anche di poco, equivale a tassare quasi tutto quello che una famiglia possiede. Forse non è una buona formula per accrescere il numero degli elettori soddisfatti dell'operato del governo in carica.
* Preside del corso di laurea in scienze dell'educazione