legambiente: la sfida energetica senza atomo e barile. Si può, si deve, conviene
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- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 10 Jul 2006 06:31:43 +0200
LEGAMBIENTE:
LA SFIDA ENERGETICA SENZA ATOMO E BARILE. SI PUO', SI DEVE, CONVIENE in attesa del vertice dei potenti in Russia. Strategie e improvvisazioni per un'idea di sviluppo Esiste un brusco cambiamento nel Vertice di San
Pietroburgo rispetto ai precedenti, e che segna una forte discontinuità con le
tematiche e gli impegni precedentemente assunti, questa volta il tema dello
sviluppo risulta assente dall’Agenda G8. E penso sia complicato oltre che grave
e ingiusto per i Paesi G8, gli stessi che nel 2000 hanno firmato Come hanno ben sottolineato con un documento congiunto, proprio in occasione di questo G8, le Accademie delle Scienze di alcuni grandi paesi sia sviluppati che in via di sviluppo, “Un largo consenso internazionale riconosce tre, principali e correlate componenti dello sviluppo sostenibile: prosperità economica, sviluppo sociale e protezione dell’ambiente”. Ma lo sviluppo su cui ci siamo fino ad oggi orientati è insostenibile da un punto di vista ambientale, sociale ed economico. Un mondo diverso è possibile allora, se si
saprà costruire un altro modello energetico equo e democratico, non più
alimentato dai combustibili fossili e dal nucleare, ma basato sul risparmio
dell’energia e sull’uso distribuito e sostenibile delle risorse rinnovabili
quali sole, vento, biomasse, geotermia, mini idroelettrico e maree. La
transizione ad un’economia “leggera” nell’uso delle risorse energetiche richiede
una duplice strategia: la reinvenzione dei mezzi (efficienza) e una prudente
moderazione dei fini (sufficienza). E’ necessario uscire dall’utilizzo di
combustibili fossili in quanto si tratta di risorse non rinnovabili, destinate
ad un rapido esaurimento. Le principali compagnie petrolifere prevedono che, dal
2020, l’offerta di petrolio non potrà più coprire la crescita della domanda, lo
stesso fenomeno è destinato a presentarsi per il gas, nella migliore delle
ipotesi, un decennio dopo, ed Al tempo stesso però va rigettata qualunque
proposta di uscita dai fossili rilanciando il nucleare, cosa tra l’altro molto
attuale proprio nell’appuntamento di San Pietroburgo, perché l’energia nucleare
comporta un modello di generazione centralizzato, basato su centrali di elevata
potenza, del tutto inaccettabile dal punto di vista della sicurezza e della
gestione delle scorie. Un modello che richiede sistemi di gestione
monopolistici, autoritari ed antidemocratici spesso in opposizione alle comunità
locali, il nucleare espone il mondo a rischi di proliferazione delle armi
nucleari e al terrorismo e non è in grado di risolvere né il problema energetico
né quello del cambiamento climatico. L'energia nucleare rappresenta nel mondo una
fonte di produzione energetica che si aggira, secondo gli ultimi dati
dell'Agenzia Mondiale per l'Energia Atomica (AIEA) sul 16% dell'elettricità
prodotta per il pianeta e di questa molta riguarda gli ex Paesi dell’Est.
D’altra parte i numeri parlano chiaro e in questi Paesi sono attivi 26 impianti
nucleari per un totale di 79 reattori, di cui 39 con un tempo di vita che va dai
20 ai 33 anni, realizzati con le obsolete tecnologie sovietiche (Rbmk e Vver), e
altri
Un’Europa diversa è possibile quindi solo
con un sistema energetico
alternativo. Povera di risorse
fossili, più attenta degli Stati Uniti ai bisogni sociali e agli obiettivi di
tutela ambientale, l’Europa ha tutto l’interesse di porsi all’avanguardia della
battaglia per un nuovo modello energetico. Ma l’attuale liberalizzazione selvaggia
del mercato ha ulteriormente allontanato la gestione del sistema energetico da
criteri accettabili di equità sociale, di tutela ambientale, di prevenzione del
rischio climatico e sicurezza del servizio. Le tariffe sono le stesse di ieri, e
nel frattempo sono peggiorati lo stato di manutenzione della rete e la qualità
del servizio. Di fronte all’ormai conclamata insostenibilità sociale ed
ambientale dell’attuale sistema energetico (basti pensare alle migliaia di
vecchi lasciati morire nelle settimane del “gran caldo”), un’Europa, sempre più
indipendente dal petrolio, non solo è possibile, ma è quanto mai necessaria.
I terreni su cui costruire una svolta
radicale nelle politiche energetiche dell’Europa riguardano il rifiuto della
logica della guerra preventiva, della guerra per il petrolio, del riarmo. La
costruzione delle condizioni, ovunque, per una fuoriuscita dal nucleare sia
civile che militare, riducendo i consumi energetici, intervenendo sui modelli
di produzione e di consumo, raggiungendo, nei tempi previsti e anche su base
unilaterale, gli obiettivi di riduzione dei gas climalteranti stabiliti nel
Protocollo di Kyoto. Ciò andrà fatto senza un utilizzo massiccio dei meccanismi
flessibili (in particolare la “truffa” dei crediti di emissione) previsti dal
trattato, e cercando anche di andare oltre lo stesso Kyoto. La stessa comunità
scientifica mondiale richiede, infatti, impegni di riduzione dei gas serra del
70%. L’obiettivo che l’Europa deve realizzare è di ridurre le emissioni di CO2
del 35% entro il 2020, rispetto al 1990.
Il favorire lo sviluppo di cicli produttivi a minore impiego di materie
prime e di energia e a più basso impatto inquinante, disincentivando i fenomeni
di delocalizzazione delle attività produttive che approfittano dell’assenza nei
Paesi poveri di regole per la tutela del lavoro e dell’ambiente. Facendo una
forte programmazione pubblica degli interventi in campo energetico, basata su
criteri di trasparenza, sostenibilità ambientale e controllo democratico, che si
realizzi attraverso impegni di collaborazione fra le diverse istituzioni locali
e le imprese.
Per tutte queste ragioni proprio le realtà promotrici del Contratto
mondiale per l’energia e il clima, che tra l’altro si pone l’obiettivo
strategico e di lungo periodo che entro il 2050, i consumi non rinnovabili,
pro-capite, si attestino in ogni Paese del mondo entro la soglia di 1 tep
fossile, sfida non banale considerando che oggi un europeo consuma mediamente 3
tep d’energia l’anno, e un americano arriva quasi agli 8, organizzeranno il 15 luglio, insieme ai
parlamentari europei della Gue, Coordinatore Responsabile Dipartimento Internazionale
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