[tradenews] WTO: Arrivano i ministri



Arrivano i ministri

Secondo gli auspici di Pascal Lamy, a partire da mercoledì prossimo, 28
giugno, la sede dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC-WTO) di
Ginevra dovrebbe animarsi con l'arrivo di un nutrito gruppo di ministri, si
parla di una sessantina, per tentare l'impossibile missione di salvare il
nono ciclo negoziale della serie GATT/WTO, lanciato nella capitale del
Qatar, Doha, nel 2001.
Dal 20 giugno al 2 luglio è infatti prevista una maratona negoziale con
l'obiettivo dichiarato di concordare le cosiddette modalità in agricoltura e
prodotti industriali (NAMA). Questi negoziati saranno probabilmente condotti
con lo stesso sistema utilizzato ad Hong Kong, ovvero attraverso una serie
di incontri informali fra i capi delegazione e "green room" ristrette, ad
accesso risevato (cioè solo su invito). L'eventuale accordo sarebbe sancito
da una sessione del  Trade Negotiations Commette (Consiglio generale nelle
vesti di regolatore dei negoziati del Doha Round), pronto a riunirsi in ogni
momento a partire proprio dal 28 giugno.
Ma quante possibilità ci sono per un accordo?
Nessuna se a Ginevra davvero ciascuno dei 149 paesi aderenti al WTO contasse
come tutti gli altri e se il sistema decisionale fosse per consenso.
Ma siccome tutti sanno che questa è solo teoria,  nei prossimi dieci giorni
può accadere di tutto, accordo compreso.
Per trovare un accordo occorrerebbe che gli USA riducessero le loro
ambiizioni nel pilastro dell'accesso al mercato, cioè meno tagli sui dazi
doganali dei prodotti agricoli ma contemporaeamente fossero disponibili a
maggiori tagli sui sussidi agricoli, visto che la loro attuale proposta
proprio non ne taglia nessuno.
L'UE dovrebbe invece aumentare un po la sua offerta di tagli tariffari per
arrivare a collimare con le richieste del G20, il quale da parte sue
dovrebbe chiudere la triangolazione facendosi più malleabile nel negoziato
sui prodotti industriali perché UE/USA non vogliono più vedere dazi altrui
in un mercato che li vede in crescente difficoltà.
Sinora però la nuova responsabile per il commercio estero americano, Susan
Schwab, non ha mai mostrato disponibilità a modificare la posizione
ufficiale americana in agricoltura, ma potrebbe farlo e rinunciare alla
richiesta di un taglio delle tariffe europee del 67% per accontentarsi di
una cifra di poco superiore al 50% (il G20 ha chiesto 54%, l'UE ha sinora
offerto un 39%). In cambio magari del ristabilimento di una clausola di pace
che sino al 2003 ha difeso i suoi sussidi (e quelli europei) da cause legali
da parte degli altri membri del WTO, (come quella brasiliana sul cotone)
così da evitare le numerose cause che diversi PVS stanno preparando.

Anche perché nelle ultime settimana sul fronte dazi gli USA appaiono
isolati, non solo i paesi ACP, il blocco dei paesi meno sviluppati e quello
dei paesi africani, il 16 giugno hanno ribadito di voler applicare riduzioni
inferiori alla proposta dello stesso G20, ma la stessa India, membro
autorevole del gruppo, ha concordato per voce del suo capo negoziatore Gopal
Pillai (15 giugno) che "il resto del mondo [al di fuori degli USA ndr]
potrebbe accordarsi per un risultato meno ambizioso" in materia di tagli
tariffari.

Ma non è certamente un accordo negoziato su queste basi che favorirebbe
contadini.
Per rimanere in agricoltura, è l'impianto strutturale dell'Accordo agricolo
a minare alla radice ogni possibilità di miglioramento ed anche quando negli
stessi testi WTO esistono possibilità di manovra manca la volontà politica.
E' il caso del problema dei prodotti agricoli di base, le cosiddette
commodity (grano, mais, cotone, soia, caffè, cacao, eccetera), cronicamente
affette da prezzi troppo basi inferiori ai costi di produzione che stringono
i contadini in una spirale di indebitamento e di miseria. Il GATT sancisce
la possibilità di accordi internazionali "per assicurare prezzi stabili e
renumerativi" (Art. XXXVIII) ma nonostante tutti i big parlino di commercio
come di motore per lo sviluppo e di benessere, non hanno mai mosso un dito
per sfruttare questo articolo. E lo hanno ricordato i paesi africani
presentando un bel documento  il 7 giugno.
I Paesi africani propongono di negoziare un accordo per stabilizzare i
prezzi agricoli coinvolgendo l'UNCTAD (la Conferenza ONU per il commercio e
lo sviluppo)   e l'International Commodity Organizations e di risolvere il
problema dell'escalation tariffaria che inibisce lo sviluppo di attività
industriali agricole di trasformazione (in sostanza la materia prima paga un
dazio nullo o bassissimo mentre la tavoletta di cioccolato paga un dazio
elevato quando entra in un mercato occidentale).
Due proposte che aiuterebbero davvero chi coltiva la terra, al contrario del
tanto sbandierato accesso al mercato.
Parleranno anche di questo i ministri nel prossimo conclave di Ginevra?
Al termine del vertice euroamericano del 21 giugno le dichiarazioni relative
al Doha round venivano da un altro pianeta, "Voi europei avete problemi con
la nostra posizione, noi abbiamo difficoltà con la posizione europea,
entrambi abbiamo difficoltà con quella del G20, ma siamo tutti concordi nel
volere un accordo", ha detto il Presidente Bush.
La dichiarazione finale del summit riafferma la logora litania della
necessità di un accordo utile agli interessi euroamericani spacciato come
opportunità per "rafforzare la crescita economica, aumentare gli standard di
vita e ridurre la povertà".
Su queste basi ogni accordo sarà un brutto ed illegittimo accordo.

Roberto Meregalli
Beati i costruttori di pace
www.beati.org/wto