meno pesticidi nel piatto



 da lanuovaecologia.it Mercoledì 24 Maggio 2006

ALIMENTAZIONE|

Meno pesticidi nel piatto

Qualità made in ItalyDal rapporto annuale di Legambiente sui prodotti ortofrutticoli italiani arriva un lieve miglioramento generale. Anche se almeno il 40% della frutta risulta ancora contaminata. Più controlli ma criteri non omogenei 

Aumentano i campioni regolari senza residui di quasi il 5% rispetto allo scorso anno e diminuiscono, quelli irregolari. La situazione non migliora, però, per il 46% dei campioni di frutta esaminata: permangono alcuni casi eclatanti di prodotti con presenza contemporanea di numerosi principi attivi, laboratori “pigri” che effettuano controlli

Pesticidi
esigui e casi di presenza di sostanze vietate da molti anni. Questi, in sintesi, i dati del rapporto “Pesticidi nel Piatto 2006” di Legambiente, l’indagine annuale che raccoglie ed elabora i risultati delle analisi realizzate dai laboratori pubblici di Asl, Arpa e Istituti Zooprofilattici italiani, sui residui di pesticidi nei prodotti ortofrutticoli
«Il miglioramento, anche se lieve, delle analisi – afferma Francesco Ferrante, direttore di Legambiente - dimostra come anche grazie alle nostre insistenti denunce, sia aumentata negli anni la sensibilità delle istituzioni e dei consumatori, ma soprattutto degli operatori del settore e delle associazioni agricole che hanno fortemente contribuito a ridurre l’uso della chimica in agricoltura». Molto però rimane da fare: «Permane – riprende Ferrante – un grave buco normativo per il quale chiederemo alle associazioni agricole e dei consumatori di contribuire ad un nuovo testo di legge che consideri i multiresidui e i loro effetti sull’organismo umano a partire da quello dei bambini, visto che anche nuovi e rigorosi studi dimostrano la loro maggiore sensibilità agli effetti sanitari dei pesticidi».
A questo proposito bisogna citare uno studio recente condotto dal gruppo di lavoro Arpa-Apat-Appa Fitofarmaci, insieme ad altri 16 laboratori in tutta Italia, sul contenuto di pesticidi in un pranzo-tipo, dal quale emerge che 39 pranzi sui 50 analizzati contengono da un minimo di 2 a un massimo di 10 residui. Dai calcoli sulla quantità dell'ingestione giornaliera di fitofarmaci da parte dell'uomo, del ragazzo e del bambino, è risultato che nei casi peggiori un bambino assume fino al doppio della dose giornaliera accettabile stabilita dall'Unione Europea.
Quasi 10.000 i campioni analizzati nel corso del 2005, ben 697 in più rispetto al 2004, nonostante sia la Calabria che il Molise abbiano dichiarato di non aver svolto analisi. Corrisponde poi al 32,3% il totale dei campioni contaminati da uno o più residui nel 2005,  mentre è 28% il nuovo dato. Contaminazioni maggiori nella frutta, come detto, piuttosto che nella verdura, mentre aumentano i rilevamenti di sostanze chimiche nei derivati. «E’ bene ricordare che l'Italia non si è ancora dotata di un piano di riduzione dell'uso di pesticidi - sottolinea Sofia Parente, coordinatrice del Pesticide Action Network Europe di Londra - E' questo uno degli obiettivi del PAN Europe, di cui Legambiente è membro effettivo, e con la quale cercheremo di mettere in atto delle azioni in questo senso, come già accade in molti paesi europei».

Tra i casi più eclatanti spiccano alcuni dati forniti dall’Arpa della Campania tra cui un’arancia con ben dieci principi attivi contemporaneamente, due mele rispettivamente con otto e sette residui e due campioni di pere con sei e sette residui. Tra le verdure spicca il caso di un peperone con sette residui e di una zucchina con tre principi attivi tra cui un componente del Ddt, sostanza vietata da molti anni. Tra i campioni dichiaratamente “fuori legge” invece, sono stati individuati sette loti tutti irregolari per superamento del limite ammesso di un pesticida, il Dimetoato, possibile cancerogeno per l’uomo, responsabile anche delle irregolarità rilevate dai laboratori del Lazio.

«Da questi dati emerge anche una grande differenza di metodi di prelievo e analisi condotte nelle diverse regioni – conferma Rina Guadagnino, responsabile scientifica agricoltura di Legambiente - Questo indica la necessità di far adottare a tutte le istituzioni addette il medesimo protocollo, come peraltro già previsto dal un decreto del 1992, affinché la fonte diventi sempre più affidabile e diminuiscano le disparità tra laboratori». Da segnalare, per finire, l’aumento dei controlli sui prodotti biologici e i relativi risultati positivi, anche se sono ancora pochissime le regioni che effettuano queste analisi in maniera utile e significativa come fanno soprattutto l’Emilia Romagna e il Piemonte.