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il riciclo ecoefficiente
- Subject: il riciclo ecoefficiente
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 9 May 2006 06:25:09 +0200
Il riciclo
ecoefficiente Il riciclo ecoefficiente potenzialità ambientali, economiche ed energetiche a cura di Istituto Ambiente Italia 2006 - pagine 208 - euro 20,00 - ISBN 88-89014-34-2 L’industria del riciclo non è soltanto un elemento funzionale della gestione dei rifiuti. È, piuttosto, una componente significativa del sistema industriale ed economico nazionale. Il settore del riciclaggio è cresciuto infatti a ritmi ben superiori a quelli dell’industria nel suo insieme. In Italia, tra il 2000 e il 2004, l’indice della produzione industriale ha subito una contrazione del 3,8%, mentre l’indice del riciclaggio è cresciuto del 5%. Le attività di recupero dei rifiuti – urbani e produttivi – e le attività industriali classificate come “riciclaggio” costituiscono una indispensabile fonte di approvvigionamento per una parte significativa del sistema industriale. Nei settori dell’acciaio, alluminio, piombo e carta, oltre il 50% degli input produttivi è costituito da materie seconde, ma la domanda è in crescita anche nel settore vetrario, nella lavorazione del legno e del mobile, nelle materie plastiche. A questo importante ruolo economico, si aggiunge la dimensione ambientale del sistema di recupero e riciclo. Grazie al reimpiego industriale dei materiali e quindi alla sostituzione di cicli produttivi, le operazioni di riciclo comportano un lungo elenco di benefici ambientali: la riduzione del prelievo di risorse non rinnovabili e rinnovabili, la riduzione dei consumi energetici (in primo luogo quelli basati su risorse fossili), la riduzione delle emissioni atmosferiche e delle emissioni idriche connesse ai cicli produttivi sostituiti. Una particolare attenzione merita il tema dei benefici in termini energetici e di emissioni climalteranti. Il riciclo ecoefficiente, integrando le principali fonti del settore, dimostra che la riduzione di consumi energetici associata al riciclo è stimabile tra i 14,7 e i 18,2 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio). Si tratta di un valore di assoluto rilievo rispetto al consumo interno totale di energia (circa 190 milioni di tep) e agli obiettivi di efficienza nazionali (pari a 2,9 milioni di tep). Il riciclo determina inoltre una riduzione delle emissioni climalteranti, sia nei singoli processi sia sull’insieme del ciclo di vita dei materiali. Una riduzione che è stimabile tra i 38 e i 59 milioni di tonnellate di CO2eq, un valore molto significativo sia rispetto al totale delle emissioni generate in Italia (533 milioni di tonnellate, di cui 128 dall’insieme delle attività industriali) sia rispetto agli obiettivi di riduzione. In pratica, ogni incremento del 10% della quota di riciclo equivarrebbe al 12% circa dell’obiettivo di riduzione aggiuntivo dell’Italia (41 milioni di tonnellate) e a circa un terzo dell’obiettivo che si ritiene di conseguire attraverso la direttiva Emission Trading. Una sempre più attenta valorizzazione del riciclo può costituire dunque un fattore determinante per il miglioramento delle politiche energetiche ed economiche in una prospettiva di sostenibilità. estratti dal volume L'economia del riciclo “L’industria del riciclo non è un pezzo del sistema di gestione dei rifiuti. È, piuttosto, una componente del sistema industriale ed economico nazionale. Le attività di recupero dei rifiuti - urbani e produttivi - e le attività industriali classificate come “riciclaggio” (attività di lavorazione - meccaniche o chimiche - di rifiuti, cascami e rottami selezionati o non selezionati per trasformarli in materie prime secondarie idonee al reimpiego in altri processi produttivi) costituiscono una indispensabile fonte di approvvigionamento per una parte significativa del sistema industriale. L’accresciuta rilevanza economica dell’industria del riciclo è testimoniata dalla vivacità del settore. In Italia - e con più evidenza in Europa - il settore del riciclaggio è cresciuto a ritmi ben superiori a quelli dell’industria nel suo insieme. In Italia, tra il 2000 e il 2004, l’indice della produzione industriale ha subito una contrazione del 3,8%, mentre l’indice del riciclaggio è cresciuto del 5%. Tra il 1997 e il 2002 il valore della produzione del settore riciclaggio (come definito nella classificazione Nace) è passato da 1.092 milioni di euro a 2.583 milioni di euro. All’interno del settore del riciclaggio rimane dominante il recupero dei metalli. Il riciclo dei metalli valeva, nel 2002, 1.175 milioni di euro, circa il 45% della produzione del settore. L’insieme degli altri settori di riciclo ha però conosciuto una crescita più accelerata, passando nello stesso periodo da un valore di 435 milioni di euro a 1.408 (cioè dal 40% al 55% del valore dell’intero settore). La matrice input/output dell’economia italiana (la cui ultima annualità disponibile è il 2001) mostra la pervasività degli impieghi dei prodotti di recupero nel sistema industriale. Nelle branche della produzione di “metalli e leghe”, “carta e cartotecnica”, “industrie tessili”, “fabbricazione di mobili”, “industria del legno”, “minerali non metalliferi” e “fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche” l’acquisto di prodotti di recupero superava nel 2001 il valore di 100 milioni di euro. Il valore assoluto degli impieghi di materiale di recupero ai prezzi d’acquisto è cresciuto nel periodo 1995-2001, raggiungendo il valore di circa 6.000 milioni di euro. La percentuale degli impieghi di tali materiali sul totale delle materie prime e dei prodotti intermedi (escluso acqua, energia, servizi e commercio) nei settori interessati si aggira attorno all’1,5% sull’insieme dell’economia nazionale, ma sale al 2,4% sulle sole attività industriali. (…) La disponibilità di materie prime secondarie è oggi fondamentale per una pluralità di settori industriali. Oltre al settore dell’acciaio e dell’alluminio - dove i volumi produttivi sono sempre più determinati dalla produzione secondaria e che richiedono importanti flussi di materiali importati - vi è una forte dipendenza dalla disponibilità di materia seconda anche in altri comparti della produzione metallurgica, nel settore cartario, nel settore vetrario, nella lavorazione del legno e nella produzione di mobilio, nel tessile laniero, nelle materie plastiche. Per la produzione di acciaio, di alluminio, di piombo e di carta in Italia oltre il 50% degli input produttivi principali è costituito da materie seconde, derivanti sia dagli scarti di produzione sia da attività di selezione e recupero dei rifiuti. Nel corso dell’ultimo decennio, la concomitanza tra nuove politiche di recupero dei rifiuti e l’evoluzione delle produzioni industriali ha ridefinito, almeno in parte, il volto del riciclo in Italia. Accanto al recupero dei rottami metallici, che era e rimane la componente più rilevante dell’economia del riciclo, sono comparsi o si sono consolidati nuovi attori nel settore cartario, delle materie plastiche, del legno, degli oli, delle batterie. Alcuni attori - come i recuperatori di stracci per il riciclo nella filatura cardata - si sono marginalizzati seguendo la crisi del settore industriale di riferimento. La non omogeneità dei dati disponibili, le variazioni nei quantitativi registrati attribuibili a innovazioni normative e le incertezze relative ad alcuni flussi non consentono una rappresentazione esaustiva e affidabile delle dinamiche del recupero dei materiali. Complessivamente, però, sia la raccolta sia il riciclo interno hanno mostrato una costante e quasi generalizzata crescita. All’incremento della raccolta interna non ha però sempre fatto riscontro un corrispondente incremento della capacità di riciclo. Per alcuni materiali, lo sviluppo della raccolta interna si è associata più a una flessione delle importazioni dall’estero che a uno sviluppo delle capacità di riciclo interno. Le capacità nazionali di riciclo presentano una struttura molto variabile a seconda del settore industriale. Nell’industria metallurgica, l’impiego di rottami e la produzione di metalli secondari è ben consolidata e in crescita. L’Italia presenta, sia per l’acciaio sia per l’alluminio, una forte produzione secondaria che richiede ancora consistenti importazioni dall’estero. In altri settori - il più rilevante è il cartario - il tasso di utilizzo del macero è rimasto sostanzialmente stazionario e l’incremento dei recuperi interni ha addirittura superato la capacità interna di riciclo, trasformando l’Italia (storico importatore di carta da macero) in un esportatore netto. (…) Nelle materie plastiche si è registrata una crescita sia della raccolta sia della capacità di riciclo (con una marcata riduzione dell’incidenza delle importazioni), che però incontra oggi difficoltà di mercato. Le difficoltà incontrate dal settore potrebbero non essere congiunturali. L’evoluzione dei mercati e della struttura della produzione industriale italiana, con una progressiva contrazione della produzione manifatturiera a più basso valore aggiunto, potrebbero - “business as usual” - determinare anche una contrazione (o una stagnazione) della capacità di riciclo interno. In questo scenario si potrebbe determinare una asimmetria tra andamento dei recuperi e andamenti dei ricicli. Da paese tradizionalmente “importatore” di cascami e rifiuti, l’Italia si trasformerebbe (come già avviene in altri paesi europei) in paese esportatore. D’altra parte - e anche questa costituisce in parte una novità - il mercato dei prodotti di recupero è sempre più un mercato globale e sempre meno un mercato nazionale o addirittura regionale. In assenza di appropriati interventi, l’indebolimento dell’industria nazionale di riciclo, però, si rifletterebbe anche sull’efficienza dell’intera filiera di raccolta e di gestione dei rifiuti - sia urbani che industriali. Il recupero della carta “Secondo quanto riportato dalla Confederazione Europea delle Industrie Cartarie (CEPI), il consumo di carta e cartone in Europa è cresciuto, tra il 1991 e il 2004, del 39,9%, passando da 63 a 88,2 milioni di tonnellate. La produzione nei paesi CEPI (15 UE + Svizzera, Norvegia, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia) risulta superiore al consumo, nel 2004 sono state infatti esportate 14,7 milioni di tonnellate, mentre si è registrata un’importazione di 4,2 milioni di tonnellate da paesi extraeuropei. A partire dai primi anni 90, si è assistito a una analoga crescita dei rifiuti cartacei (da 58,3 a 81,6 milioni di tonnellate nel periodo 1990-2002, di cui una quota pari a circa 1/3 costituita da imballaggi). La gestione dei rifiuti cartacei è migliorata notevolmente negli ultimi anni, il tasso di raccolta di carta di recupero (cioè il rapporto tra la raccolta e il consumo complessivo di carta e cartone) è passato dal 40,8% del 1991 al 59,9% del 2004, così come il tasso di utilizzo (percentuale di carta recuperata utilizzata nella produzione di carta e cartone), passato dal 39,4% al 46,7%, e il tasso di riciclo (rapporto tra carta recuperata utilizzata nella produzione e consumo complessivo di carta e cartone), dal 41,5 al 53,7%. In molti paesi, tra cui l’Italia, il tasso di raccolta è cresciuto fortemente negli ultimi anni (49,2% nel 2004), in altri, quali Finlandia, Germania, Svezia e Olanda ha già raggiunto e talvolta superato il 70%, percentuale oltre la quale non sono prevedibili ulteriori variazioni significative (…). L’analisi del tasso di utilizzo mette in evidenza l’esistenza di un gruppo di paesi caratterizzati da un alto utilizzo di fibra vergine, in cui la produzione cartaria è generalmente legata al consumo di legno (Finlandia, Svezia e Norvegia in primo luogo), un secondo caratterizzato da un elevato utilizzo di macero, sia per il forte impulso dato alla raccolta nazionale (Olanda e Germania) sia per le tipologie produttive, ad esempio legate alla produzione di imballaggi (Spagna). Un terzo in posizione intermedia (attorno al 50%), comprendente l’Italia. Per quanto riguarda il mercato e gli utilizzi del macero, il maggiore importatore a livello mondiale è la Cina, grazie a ingenti investimenti effettuati da questo paese per aumentare le proprie capacità di riciclaggio. In Europa la situazione appare molto diversificata, la Gran Bretagna è il maggiore esportatore, prima della Germania, che ha incrementato l’utilizzo interno grazie all’aumento della capacità produttiva. In Spagna, Austria e Svezia l’import di carta da macero è in crescita. L’Italia, come evidenziato più avanti, è divenuta nel 2004 per la prima volta esportatore netto di carta da macero. Nonostante l’andamento complessivo dei tassi di raccolta e utilizzo, la crescita dei consumi e della conseguente produzione complessiva di rifiuti ha fatto sì che, nel complesso, le quantità avviate a smaltimento (discarica o termodistruzione) in Europa siano rimaste pressoché invariate (circa 35 milioni di tonnellate). Passando a un’analisi di dettaglio della situazione nazionale, si registra una continua crescita dei livelli di produzione cartaria (+6% nel periodo 2000-2004, anno in cui la produzione è stata pari a 9.667.000 tonnellate) e dei consumi, anche se nell’ultimo biennio si sono evidenziati tassi di crescita generalmente inferiori a quelli degli anni precedenti, conseguenza di una generale assenza di dinamismo dell’attività economica. Il recupero dei componenti elettrici ed elettronici “I rifiuti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) rappresentano uno dei flussi di rifiuti prioritari individuati dalla politiche dell’Unione Europea, sia per la loro complessa composizione, spesso caratterizzata dalla presenza di sostanze pericolose, sia per la loro quantità, crescente a ritmi notevoli negli ultimi anni e con previsioni di un ulteriore significativo aumento nei prossimi anni. L’industria elettrica ed elettronica rappresenta infatti uno dei maggiori settori produttivi d’Europa, caratterizzato dalla produzione di una vasta gamma di prodotti in continua crescita e che coinvolgono sempre maggiori aree di produzione. Secondo quanto riportato dall’Associazione delle Città e Regioni per il Riciclaggio (ACRR), nel 1998 sono state prodotte in Europa sei milioni di tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), che equivale al 4% del flusso dei rifiuti urbani. Si prevede che questo volume aumenti dal 3% al 5% l’anno, il che significa che praticamente raddoppierà ogni 12 anni. Tali stime sono confermate anche dagli studi condotti dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (Waste from electrical and electronic equipment, EEA, 2002). I grandi elettrodomestici (come frigoriferi, congelatori, lavatrici ecc.) costituiscono la parte più importante (40% circa) del totale dei prodotti utilizzati. Seguono le apparecchiature per ufficio (soprattutto apparecchiature informatiche), le apparecchiature da illuminazione e il materiale audiovisivo. Di qui la necessità di favorire forme di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti. Attualmente il sistema di gestione dei RAEE è basato sulla raccolta nell’ambito del sistema di gestione dei rifiuti urbani. Ciò determina forti disomogeneità a livello territoriale, in ragione della diversa organizzazione ed efficacia della raccolta, nonché delle risorse finanziarie disponibili. Secondo quanto previsto dal Decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151 “Attuazione delle direttive 2002/95/Ce, 2002/96/Ce e 2003/108/Ce, relative alla riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti”, a partire dall’agosto 2006 dovrà essere avviata la raccolta differenziata e la gestione finalizzata al recupero degli apparecchi giunti a fine vita. L'obbligo di avviare il nuovo sistema di gestione dei rifiuti (insieme a quello di evitare in fase di costruzione l'utilizzo di determinate sostanze pericolose) graverà sui produttori; su distributori e venditori, invece, l'obbligo di assicurare il ritiro dei prodotti a fine vita all'atto di acquisto dei nuovi. (…) Il quantitativo totale di RAEE di provenienza urbana recuperati nell’anno 2002 è pari a 89.738 tonnellate, delle quali il 58% è costituito dai rifiuti pericolosi (pari a circa 53.000 tonnellate) e il 42% (pari a circa 37.000 tonnellate) da rifiuti non pericolosi. Le operazioni di riciclo/recupero dei metalli o dei componenti metallici (R4) sono quelle largamente prevalenti, sia per i rifiuti pericolosi che non pericolosi (80% della quantità complessiva). Non sono disponibili dati e statistiche di maggiore dettaglio sulla tipologia di materiali recuperati. Come già evidenziato, l’importanza del recupero dei RAEE è dovuta anche al fatto che essi possono contenere sostanze quali metalli pesanti, ritardanti di fiamma bromurati, sostanze alogenate ecc. Molte di queste sostanze rappresentano un potenziale pericolo per l’ambiente se non vengono trattate o smaltite in modo adeguato. Prima di procedere con lo smontaggio, la frantumazione, il taglio, la compressione ecc. delle apparecchiature, e quindi prima del riciclaggio delle parti metalliche, plastiche e vetrose delle unità, è necessario rimuovere tutte le componenti e le sostanze nocive per l’ambiente o per la salute quali: condensatori (PCB – bifenili policlorurati), tubi catodici (CRT), batterie e sostanze come mercurio (per esempio gli interruttori nelle macchine per il caffè) o CFC nelle apparecchiature di refrigerazione ecc. Le materie plastiche sono utilizzate nei RAEE soprattutto nell’involucro; alcuni prodotti a prevalente contenuto di plastica trovano pertanto minori sbocchi di riciclaggio rispetto ai prodotti metallici. In realtà, riciclare le materie plastiche non presenta difficoltà maggiori rispetto al riciclaggio di altri materiali: il problema sta nell’identificare chiaramente i polimeri e nel separarli dai materiali, per esempio filtri, stabilizzatori, additivi ritardanti di fiamma e pigmenti utilizzati per modificare le proprietà del materiale polimerico di base. La procedura è complicata dagli elementi attaccati agli involucri: etichette, feltrini, imbottiture antiurto ecc. (…) I prodotti a prevalente contenuto di metalli possono essere ferrosi (ferro, acciaio) o non ferrosi (alluminio, rame, metallo prezioso). Si tratta essenzialmente di grandi elettrodomestici bianchi (lavatrici, lavastoviglie ecc.) e di piccoli elettrodomestici, ma anche di componenti di PC e telefoni cellulari. I metalli possono essere riciclati quasi all’infinito. Separare i materiali ferromagnetici, con metodi magnetici, è abbastanza semplice. Studi recenti hanno dimostrato che è possibile combinare l’uso di sistemi di visione “true color” e di calcoli ad alte prestazioni, ottenendo così operazioni di selezione e frantumazione accurate, efficienti ed economiche dei metalli non ferromagnetici (alluminio, rame, ottone, bronzo, ottone patinato, piombo, zinco, acciaio inossidabile). Il recupero dei metalli può avvenire tramite frantumazione, incenerimento o raffreddamento (applicazioni con circuiti stampati). I metalli preziosi, quali oro e argento, possono essere rimossi da componenti e circuiti stampati tramite processi chimici. Al momento, l’identificazione e la separazione dei prodotti a prevalente contenuto di vetro (come televisori e monitor) è tra le più problematiche. Il tubo catodico che costituisce il 50- 55% di un televisore, deve essere diviso in vetro dello schermo (o pannello) e vetro conico (imbuto). Il primo è costituito da bario e stronzio mentre il secondo contiene soprattutto piombo. La separazione dei due vetri è l’operazione più critica nel riciclaggio dei CRT. Sono stati testati vari metodi meccanici (getto al plasma, getto d’acqua, taglio a laser) o termici (con resistenza elettrica) per separare e riciclare i tubi catodici. Vari metodi meccanici o chimici vengono utilizzati per pulire i vetri dei pannelli CRT dalle pellicole di rivestimento. (…) Nelle applicazioni di mercato va anche considerata la riparazione e il reimpiego di vecchie apparecchiature, incoraggiata direttamente dalla direttiva europea. La riparazione e il reimpiego di prodotti permette non soltanto di risparmiare i costi di trattamento e riciclaggio, ma assicura anche vantaggi economici grazie alla rivendita dei prodotti usati a un prezzo inferiore. Queste attività costituiscono un nuovo settore economico (con scarse interferenze con le attività esistenti) in cui un nuovo tipo di industria (piccole imprese e associazioni di beneficenza) può trovare grosse opportunità, ad esempio per rimettere in commercio gli elettrodomestici. Uno sbocco particolarmente adatto alle imprese sociali impegnate in attività di reimpiego, che offrono lavoro, formazione e competenze a disoccupati di lunga durata e portatori di handicap (ACRR, 2003). Il recupero dei rifiuti urbani “La produzione di rifiuti urbani in Italia ha fatto registrare, tra il 2000 e il 2003, una decisa riduzione dei tassi complessivi di crescita, dopo gli incrementi più consistenti evidenziati negli anni precedenti. A fronte di una crescita media annua pari al 3% nel periodo 1995-2000 si assiste infatti a un tasso medio dell’1,3% circa tra il 2000 e il 2003. In tale anno sono state prodotte circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti, con un incremento intorno allo 0,6% rispetto al 2002. Tale andamento risulta concorde con quello dei principali indicatori economici, come prodotto interno lordo e consumi delle famiglie a cui la produzione rifiuti è legata e che nello stesso periodo hanno fatto registrare trend di crescita ridotti. La produzione pro capite italiana, seppur in crescita, risulta in ogni caso ancora ampiamente al di sotto del media dell’Unione Europea (EU 15): 516 kg/ab.anno contro circa 550 dell’Europa nel 2001. Complessivamente l’Italia si colloca al decimo posto per produzione pro capite. La capacità di recupero e riciclo sia di materia che dal punto di vista energetico è cresciuta notevolmente negli ultimi anni, anche se la discarica rimane la principale forma di smaltimento. La raccolta differenziata degli urbani nel 2003 ha raggiunto a livello nazionale il 21% della produzione di rifiuti (quasi 6,5 milioni di tonnellate raccolte), supportando il mercato e le attività di riciclo di diversi materiali quali carta, vetro, metalli e plastica o trovando uno sbocco mediante recupero energetico. In particolare, sono state raccolte circa 1,9 milioni di tonnellate di carta e altrettante di rifiuti organici/verde. Ciascuna di queste frazioni costituisce il 30% circa della raccolta differenziata totale, con una forte crescita dei quantitativi raccolti nel periodo considerato (+72% per l’organico, +61% per la carta). Un ulteriore 15% è costituito da vetro e il 4% da metalli (acciaio, alluminio). Nel periodo 1999-2003 sono inoltre cresciuti gli impianti di compostaggio da frazioni selezionate, gli impianti per la biostabilizzazione del rifiuto indifferenziato e la produzione di CDR e gli impianti di incenerimento con recupero di energia. Tale evoluzione ha consentito una forte riduzione dello smaltimento in discarica, passato dal 74,4% al 53,5%. Il trattamento meccanico biologico dell’indifferenziato, con produzione di CDR, è passato dall’8,1% al 22,2%. Significativa la crescita del compostaggio da matrici selezionate (dal 2,9% al 8,1%), mentre resta stabile la voce relativa all’avvio verso il riciclo di materia (computata nella voce “altro”). Nel complesso, il mercato del recupero dei rifiuti urbani è costituito da materiale secco differenziato da conferire al riciclo, dal compost ricavato dai rifiuti organici e verde e dal combustibile ricavato dai rifiuti (CDR). Quello degli impianti dedicati alla produzione di CDR rappresenta tra i diversi sistemi di recupero quello in fase di maggiore espansione (si veda a questo proposito lo studio Light My Fire, Il Mercato dei Rifiuti in Italia, MCC Capitalia Gruppo Bancario, 2004). Tra il 2001 e il 2002 si è riscontrato infatti un aumento notevole in termini impiantistici (da 65 a 90 unità) e di quantità complessivamente trattate (da 3,8 milioni di tonnellate di RSU a più di 5 milioni). Ad oggi tuttavia lo sbocco per il CDR rimane ancora al di sotto delle potenzialità tecnologiche e di mercato. Se la maggior parte del combustibile attualmente prodotto è ancora smaltito in discarica, è tuttavia evidente una significativa inversione di tendenza: da un lato si sono registrate le prime importanti esperienze di utilizzo di CDR su scala industriale su impianti esistenti; dall’altro, si prevede entro il 2006/2007 la realizzazione nel Sud Italia di 11 nuovi impianti per il trattamento termico di rifiuti e CDR. Un’ulteriore spinta all’utilizzo di CDR proviene infine dal divieto di smaltire in discarica rifiuti combustibili con PCI superiore a 13.000 KJ/Kg, a partire dal 2007. La dimensione ambientale del riciclo “Di particolare rilievo è la dimensione ambientale del recupero e riciclo. Finora questa dimensione è stata confinata alla gestione dei rifiuti. È questo - ovviamente - l’aspetto dominante e, in parte, anche il motore delle stesse attività industriali. Ma gli effetti ambientali dell’economia del riciclo vanno ben oltre. Attraverso il recupero e il riciclo dei materiali, l’economia del riciclo contribuisce in maniera sostanziale all’ecoefficienza generale del sistema, determina significativi risparmi energetici e di uso di risorse non rinnovabili, consente apprezzabili riduzioni delle emissioni sia nella produzione sia nello smaltimento finale. In Italia, secondo i dati aggregati disponibili, le operazioni di riciclo dei rifiuti urbani, nel 2003, hanno consentito la valorizzazione di circa 6,5 milioni di tonnellate di materiali (3,4 milioni di tonnellate escludendo la frazione organica). Questi flussi sono stati oggetto di effettivo riutilizzo industriale in maniera variabile a seconda della tipologia di materiale, ma comunque per una quota che complessivamente può essere valutata non inferiore al 75%. Nella gestione dei rifiuti urbani la raccolta differenziata e il riciclo hanno rappresentato la principale innovazione gestionale e la più significativa forma di trattamento alternativa alla discarica, con una incidenza circa doppia rispetto all’incenerimento (considerando, tra l’altro, che i trattamenti meccanico-biologici generano oggi importanti quantità di residui soggette comunque allo smaltimento in discarica). Nel settore dei rifiuti industriali - dove la contabilità è più incerta - le operazioni di riciclo hanno apparentemente riguardato circa 44 milioni di tonnellate di materiali (di cui 1,4 milioni costituiti da rifiuti pericolosi). Per i rifiuti non pericolosi, le quantità avviate al recupero/riciclo delle sostanze inorganiche subiscono un incremento notevole arrivando a circa 21 milioni di tonnellate. Nella maggior parte dei casi si tratta di recuperi di inerti da demolizione e costruzione effettuata attraverso l’impiego in rilevati e sottofondi stradali, rimodellamenti morfologici, riempimenti di cave, ricopertura delle discariche. Ampiamente diffuso risulta anche il riciclo /recupero di metalli o di composti metallici, pari a circa 8,83 milioni di tonnellate, di cui oltre 2 milioni trattati dagli impianti di frantumazione di rottami (circa il 64% provenienti dal settore dell’autodemolizione). A ciò si aggiungono i recuperi di metalli o composti metallici pericolosi per circa 635.000 tonnellate che comprendono anche la quota di rifiuti trattata negli impianti di recupero delle batterie esauste e negli impianti di recupero dell’alluminio secondario. Importante anche la quota di riciclo di sostanze organiche, per circa 7 milioni di tonnellate. Un flusso significativo è anche il recupero e la rigenerazione di solventi, pari a circa 255.000 tonnellate. Tra i recuperi di rifiuti speciali vengono infine contabilizzati anche il recupero attraverso spandimento sul suolo - caratteristico dei fanghi di depurazione - per circa 3,6 milioni di tonnellate e il recupero energetico che riguarda 2.335.000 tonnellate di rifiuti speciali. La riduzione dei rifiuti - e di conseguenza dei fabbisogni di smaltimento e deposito nel suolo delle emissioni atmosferiche e idriche connesse a trattamenti e smaltimenti - costituisce solo uno dei benefici ambientali, anche se il più evidente e immediato. Le operazioni di riciclo comportano, come effetto del reimpiego industriale dei materiali e quindi della sostituzione di cicli produttivi basati su materie prime, ulteriori benefici ambientali: - una riduzione dell’estrazione di risorse non rinnovabili (quelle direttamente sostituite e quelle indirettamente sostituite come ausiliari); - una riduzione dell’estrazione di risorse rinnovabili che - ad esempio nel caso di prodotti forestali - su scala globale implica una riduzione della perdita di biodiversità (anche se su scala regionale europea l’incremento di consumi forestali è bilanciato invece da una espansione delle superfici forestate); - la riduzione dei consumi energetici, in primo luogo di quelli basati su consumi di risorse fossili (in dimensioni però diverse a seconda dei materiali e delle provenienze geografiche), caratteristica comune a tutti i processi di produzione di materie seconde; - la riduzione delle emissioni atmosferiche direttamente o indirettamente connesse ai cicli produttivi sostituiti (che deve però essere bilanciata con le specifiche emissioni dei cicli basati su materie seconde); - la riduzione dei consumi idrici e delle emissioni idriche direttamente o indirettamente connesse ai cicli produttivi sostituiti (che deve però essere bilanciata con le specifiche emissioni dei cicli basati su materie seconde). Una particolare attenzione dovrebbe essere posta ai benefici in termini energetici e di emissioni climalteranti. Lo studio condotto, utilizzando una pluralità di fonti, mostra la rilevanza dell’economia del riciclo per acquisire gli obiettivi di risparmio energetico e di riduzione dei gas di serra. I dati disponibili - pur non omogenei - concordano sui benefici derivanti dal riciclo, sia per ridurre gli impatti sull’intero ciclo di vita (riducendo consumi ed emissioni legati all’approvvigionamento e lavorazione delle materie prime) sia, in alcuni casi, per ridurre gli impatti nel ciclo produttivo diretto. |
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