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case nuove e case vuote, più metricubi edificati o più terre libere nel nostro futuro?
- Subject: case nuove e case vuote, più metricubi edificati o più terre libere nel nostro futuro?
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 18 Jan 2006 06:58:50 +0100
da Liberazione mercoledì 4 gennaio 2006
case nuove e case vuote, più metricubi edificati o
più terre libere nel nostro futuro?
di Fabrizio Giovenale Antefatto. Il 20 dicembre - prendendo spunto dalla sparata-a-vanvera berlusconiana sulle case per tutti - avevo parlato dei danni provocati dal costruire ancora riducendo le già scarse dotazioni di aree libere verdi del nostro paese, e della possibilità di far fronte al bisogno di abitazioni ricorrendo alla gran quantità di alloggi vuoti esistenti. Mi rendevo conto ovviamente del carattere provocatorio di questo discorso (nessuno può pensare che certi processi si possano invertire di segno da un giorno all’altro) e concludevo augurandomi che almeno se ne parlasse. Sono stato subito accontentato. Il 27 dicembre Vincenzo Simoni, segretario nazionale dell’Unione Inquilini ha risposto contestando - in termini cortesi - questa mia posizione. Anche se ne ha confermato la premessa, in sostanza, spiegando bene come e perché ai proprietari può convenire lasciar vuoti gli alloggi se non ne ricavano gli affitti che vogliono, e usarli come garanzie per ottenere prestiti in banca. Magari “per acquistare altre unità immobiliari”. Dice altre cose che mi trovano in tutto d’accordo. Sulle aree ex-industriali “dismesse” da destinare preferibilmente alla costruzione di alloggi. Sul bisogno di nuove leggi per l’equo canone e il divieto di sfratto “per finita locazione”. Sul triplicare le tasse sugli alloggi lasciati sfitti (provvedimenti che già di per sé risolverebbero in buona parte il problemacase senza bisogno di costruirne di nuove: proprio come dicevo)... Cose, comunque, che comporterebbero “una totale inversione politica”: che non c’è perché “il dominio della rendita immobiliare è assoluto”, perché “le leggi favoriscono il libero mercato”, perché d’altra parte “l’immiserimento di milioni di famiglie” (dovuto anche al caro-affitti e ai mutuicasa) “è sotto gli occhi di tutti”. Quindi il problema-casa rimane, così come restano gli obblighi di soccorso per gli sfrattati e di sostegno a chi non ce la fa a pagare l’affitto. Per ciò non possiamo permetterci di escludere il ricorso a nuove costruzioni. Sembra che non faccia una grinza. Se non fosse che... Lui vede nella mia impostazione «uno iato tra quel che sarebbe giusto in ogni tempo e quel che si deve fare in una determinata situazione ». Sarà anche vero. Sta di fatto però che queste cose io e lui le andiamo scrivendo sul foglio di Rifondazione Comunista: una forza che si è dato come obiettivo proprio di cambiare le cose. Se non proviamo a guardare lontano su queste pagine, quando mai lo faremo?... Io perdipiù ragiono da ambientalista. Come dire che penso soprattutto al futuro. E se nel presente le necessità di cui parla Simoni sono incontestabili, non è per ciò meno vero che ogni metro quadrato di terra occupato dalle costruzioni è sottratto alla vegetazione - all’agricoltura e alla natura - per sempre. Per sempre. Di questo aspetto del problema - del ruolo vitale delle terre libere da costruzioni - Simoni non parla. E non mi sta bene. Sta qui per me “lo iato della sua impostazione”. Sia chiaro: ha ragione nel senso che il bisogno di alloggi è attuale, concreto e quantificabile, mentre la necessità di salvare da edificazioni le aree libere è più diluita nel tempo e meno dimostrabile quantitativamente. Il che non toglie però che sia vera, e che sia destinata a pesare sempre più sulla qualità delle nostre vite e sul futuro di tutto il paese. Per ciò non mi può star bene che non se ne tenga conto. Che vengano sottovalutate le possibilità (che ci sono, Simoni stesso ne dà conferma) di risolvere il problemacasa facendo ricorso in misura più vasta al patrimonio abitativo esistente. Che si continui e parlare alla vecchia maniera di “nuovi Piani di edilizia economica e popolare” senza tenerne conto, senza dare priorità sistematica a quest’altra possibilità. Non mi sta bene che sia liquidata sbrigativamente accennando a «francobolli urbanistici collegati a una estenuante sequela di modestissimi recuperi». Qui traspare, tra l’altro, una sorta di qualunquistica insofferenza per i “lacci e lacciòli”: la rassegnazione cioè all’incapacità comunale di amministrare la cosa pubblica in forme complesse con competenza e con cura. La paura di affrontare lo scabrosissimo tema del risanamento-rinnovamento dei modi di amministrare, essenziale per un paese che voglia dirsi civile. Certo, è più facile tirar su metricubi su terreni sgombri che seguire decine e decine di casi diversi di acquisizioni di immobili. D’altra parte però se si fa il paragone fra i costi delle nuove costruzioni e le acquisizioni comunali possibili con gli stessi soldi, e magari anche fra l’occupazione che può venire dai nuovi cantieri o dai ri-adattamenti di costruzioni esistenti... Ma perché nessuno ha il coraggio di farli, quei conti? In tutti i casi: parlarne non può che far bene. Spero proprio che “dopo” non capiti più a nessuno di sdottorare di ambiente in astratto ignorando i problemi concreti, né di imbarcarsi a fantasticare di maxiprogrammi edilizi senza un pensiero per i terreni sui quali dovrebbero sorgere. E che alle possibilità di risolvere i problemi abitativi all’interno delle zone già edificate si dedichi una attenzione molto ma molto maggiore. Ultimo punto. Al mio accenno al malanimo degli assegnatari Ina-Casa degli Anni 50 nell’accedere ad alloggi assegnati “a scatola chiusa” Simoni contrappone il ricordo felice della sua giovinezza in un complesso Ina-Casa a Firenze. Sarà che io ho vissuto parecchie di quelle esperienze nel Sud dove ancora si faceva la fame, sarà che ricordo scene selvagge di distruzione e degrado di spazi e attrezzature comuni... Un episodio (semiserio) però ve lo devo. La consegna dei primi alloggi Ina-Casa a Palermo. Il vescovo, gli onorevoli, la benedizione, i discorsi: poi tutti dentro nei nuovi alloggi. E subito sui balconi, pennelli e barattoli di vernice alla mano, i giovanotti a pittare in rosso sui muri falci-e-martelli... Ricordo le facce dei democristiani di allora: «ma come? Non ci sono grati?» (tradotto: non voteranno per noi? ma allora chi ce l’ha fatto fare?)... E di Firenze Ina- Casa- “Isolotto” (bel quartierino, coi giardinetti pieni di rose) ricordo una distinta signora tutta indaffarata a spiegare che lei “lì” c’era capitata per sbaglio: «si immagini, con questa gente» e arricciava il naso... Non so se ho reso l’idea di quel che intendevo. E quanto alle iniziative sociali e politiche che nascevano allora in quei complessi e che Simoni ricorda (penso al quartiere Ina-Casa Tuscolano di Roma, a Giuliano Prasca che riuscì a far fare un campo sportivo su un’area destinata in progetto a un edificio-torre) non rappresentavano anch’esse una forma di ribellione contro quel tipo di ghettizzazione coatta? Non dimostravano la voglia di quei cittadini di decidere in prima persona?... Ha ragione Simoni. Cose da discutere ancora ce ne sarebbero tante. di Fabrizio Giovenale ntefatto. Il 20 dicembre - prendendo spunto dalla sparata-a-vanvera berlusconiana sulle case per tutti - avevo parlato dei danni provocati dal costruire ancora riducendo le già scarse dotazioni di aree libere verdi del nostro paese, e della possibilità di far fronte al bisogno di abitazioni ricorrendo alla gran quantità di alloggi vuoti esistenti. Mi rendevo conto ovviamente del carattere provocatorio di questo discorso (nessuno può pensare che certi processi si possano invertire di segno da un giorno all’altro) e concludevo augurandomi che almeno se ne parlasse. Sono stato subito accontentato. Il 27 dicembre Vincenzo Simoni, segretario nazionale dell’Unione Inquilini ha risposto contestando - in termini cortesi - questa mia posizione. Anche se ne ha confermato la premessa, in sostanza, spiegando bene come e perché ai proprietari può convenire lasciar vuoti gli alloggi se non ne ricavano gli affitti che vogliono, e usarli come garanzie per ottenere prestiti in banca. Magari “per acquistare altre unità immobiliari”. Dice altre cose che mi trovano in tutto d’accordo. Sulle aree ex-industriali “dismesse” da destinare preferibilmente alla costruzione di alloggi. Sul bisogno di nuove leggi per l’equo canone e il divieto di sfratto “per finita locazione”. Sul triplicare le tasse sugli alloggi lasciati sfitti (provvedimenti che già di per sé risolverebbero in buona parte il problemacase senza bisogno di costruirne di nuove: proprio come dicevo)... Cose, comunque, che comporterebbero “una totale inversione politica”: che non c’è perché “il dominio della rendita immobiliare è assoluto”, perché “le leggi favoriscono il libero mercato”, perché d’altra parte “l’immiserimento di milioni di famiglie” (dovuto anche al caro-affitti e ai mutuicasa) “è sotto gli occhi di tutti”. Quindi il problema-casa rimane, così come restano gli obblighi di soccorso per gli sfrattati e di sostegno a chi non ce la fa a pagare l’affitto. Per ciò non possiamo permetterci di escludere il ricorso a nuove costruzioni. Sembra che non faccia una grinza. Se non fosse che... Lui vede nella mia impostazione «uno iato tra quel che sarebbe giusto in ogni tempo e quel che si deve fare in una determinata situazione ». Sarà anche vero. Sta di fatto però che queste cose io e lui le andiamo scrivendo sul foglio di Rifondazione Comunista: una forza che si è dato come obiettivo proprio di cambiare le cose. Se non proviamo a guardare lontano su queste pagine, quando mai lo faremo?... Io perdipiù ragiono da ambientalista. Come dire che penso soprattutto al futuro. E se nel presente le necessità di cui parla Simoni sono incontestabili, non è per ciò meno vero che ogni metro quadrato di terra occupato dalle costruzioni è sottratto alla vegetazione - all’agricoltura e alla natura - per sempre. Per sempre. Di questo aspetto del problema - del ruolo vitale delle terre libere da costruzioni - Simoni non parla. E non mi sta bene. Sta qui per me “lo iato della sua impostazione”. Sia chiaro: ha ragione nel senso che il bisogno di alloggi è attuale, concreto e quantificabile, mentre la necessità di salvare da edificazioni le aree libere è più diluita nel tempo e meno dimostrabile quantitativamente. Il che non toglie però che sia vera, e che sia destinata a pesare sempre più sulla qualità delle nostre vite e sul futuro di tutto il paese. Per ciò non mi può star bene che non se ne tenga conto. Che vengano sottovalutate le possibilità (che ci sono, Simoni stesso ne dà conferma) di risolvere il problemacasa facendo ricorso in misura più vasta al patrimonio abitativo esistente. Che si A l’editoriale Alla propaganda di Bush crede solo Ciampi Caro presidente, i veri eroi sono altri… Perché in carcere calpestano i miei diritti? Case nuove e case vuote. Più metricubi edificati o più terre libere nel nostro futuro? segue dalla prima |
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