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la decrescita è di destra o di sinistra?
- Subject: la decrescita è di destra o di sinistra?
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 19 Dec 2005 06:56:17 +0100
Crescita compatibile
e decrescita: il dibattito continua Ma la decrescita è di destra o di sinistra? di Serge Latouche - Liberazione, 9 ottobre 2005 Esiste, è vero, una critica di destra della modernità, come esiste un anti-utilitarismo di destra e un anti-capitalismo di destra. Non ci si deve stupire che esistano un anti-lavorismo e un anti-produttivismo di destra che si nutrono dei nostri argomenti. Bisogna anche riconoscere che, nonostante il bel libro del genero di Marx, Paul Lafargue, "Il diritto all'ozio" - che resta uno dei più forti attacchi al lavorismo e al produttivismo - nonostante una tradizione anarchica nel seno del marxismo, riattualizzata dalla scuola di Francoforte, il consiliarismo e il situazionismo, la critica radicale della modernità è stata più sostenuta a destra che a sinistra. Se questa critica ha conosciuto dei buoni sviluppi con Hannah Arendt o Castoriadis, che si sono serviti degli argomenti di pensatori contro-rivoluzionari come Burke, De Bonnald o De Maistre, questa critica è rimasta politicamente marginale. I maoismi, trotskismi e altre correnti di sinistra sono tanto produttivisti quanto i comunisti ortodossi. Non c'è ragione, ciò nonostante, di confondere l'antiproduttivismo di destra e l'antiproduttivismo di sinistra. Lo stesso vale per l'anti-capitalismo o l'anti-utilitarismo. La nostra concezione della società della decrescita non è né un impossibile ritorno al passato, né un accomodamento con il capitalismo, ma un "superamento" (se possibile pacifico) della modernità. Per me, la decrescita è necessariamente contro il capitalismo. Perché se in astratto è forse possibile concepire una economia eco-compatibile con persistenza di un capitalismo dell'immateriale, questa prospettiva è irrealistica per quel che riguarda le basi immaginarie della società di mercato, ovvero: la smisuratezza e il dominio senza limite. Il capitalismo generalizzato non può non distruggere il pianeta come distrugge la società. Tuttavia, non è sufficiente rimettere in causa il capitalismo, bisogna, ancora, prendere di mira ogni società della crescita. «Anche se una economia della crescita è figlia della dinamica di mercato - ha scritto giustamente Takis Fotopoulos - non bisogna confondere i due concetti: si può avere una economia della crescita che non è una economia di mercato, ed è questo in particolare il caso del "socialismo reale"» [1]. Così, rimettere in discussione la società della crescita implica rimettere in discussione il capitalismo, mentre l'inverso non va da sé. Che esista un immenso cantiere, in particolare a proposito del fatto che siamo tutti "tossicodipendenti" della crescita, non lo nego. Ragione di più per darsi da fare risolutamente. Quanto a pensare, come fanno molti responsabili sindacali o politici di sinistra, che i lavoratori sarebbero più intossicati dei loro rappresentanti e che sono chiusi alle idee di una rimessa in questione della crescita, vi è qui, mi sembra, una singolare diffidenza nei confronti di coloro di cui pretendiamo di difendere la causa. Il modo migliore di sapere se è così è ancora quello di chiederglielo. E' un fatto notevole che in Francia i responsabili politici di sinistra, come di destra, abbiano sempre rifiutato di organizzare un referendum sul nucleare, così come sono oggi ostili all'organizzazione di consultazioni popolari sugli Ogm. Perciò, mentre i gruppi dirigenti hanno mancato al loro dovere di trasparenza e di informazione, mentre la manipolazione da parte dei media è massiccia fino all'indecenza, il risultato è lontano dall'essere raggiunto. Anche se i governi di "sinistra" fanno politiche di destra, e lungi dall'osare la "decolonizzazione dell'immaginario" si condannano al social-liberalismo, gli obiettori della crescita, partigiani della costruzione di una società della decrescita conviviale, serena e sostenibile, sanno fare la distinzione tra Jospin e Chirac, Schroeder e Merkel, Prodi e Berlusconi, e anche tra Blair e Thatcher… Quando vanno a votare [ciò che consiglio loro di fare] sanno che, anche se nessun programma di governo della sinistra mette in conto la necessaria riduzione della nostra impronta ecologica, è comunque da quel lato che si trovano i valori di condivisione, di solidarietà, di eguaglianza e di fratellanza. Questi valori non si possono fondare sul massacro della altre specie e sul saccheggio della natura, e conviene estenderne il beneficio alle generazioni future, E' per questa ragione che la nostra lotta si colloca risolutamente a sinistra. [1] Takis Fotopoulos, "Per una democrazia globale", Eleuthera. |
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